Temi e protagonisti della filosofia

Frammenti di Anassagora (2)

Frammenti di Anassagora (2)

Ago 19

 

 

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Diels-Kranz 59 B 5

Simpl. Phys. 156, 9: Che dunque né si genera [ginetai] né si corrompe alcuno [phtheiretai ti] degli omeomeri, ma sono sempre gli stessi [aei ta auta], lo mostra argomentando:

toutōn de houtō diakekrimenōn ginōskein khrē hoti panta ouden elassō estin oude pleiō (ou gar anuston pantōn pleiō einai) alla panta isa aei.

«Discriminatesi dunque così queste cose, bisogna riconoscere che nella lor totalità non sono per nulla meno né più (non è infatti realizzabile essere più di tutte le cose), ma tutte uguali sempre».

Questi argomenti quindi per quanto riguarda il miscuglio e le omeomerie [homoiomereiōn].

Diels-Kranz 59 B 6

Simpl. Phys. 164, 25: Ed altrove, dunque, così s’esprime:

kai hote de isa moirai eisi tou te megalou kai tou smikrou plēthos, kai houtōs an eiē en panti panta; oude khōris estin einai, alla panta pantos moiran metekhei. hote toulakhiston mē estin einai, ouk an dunaito khōristhēnai, oud’ an eph’eautou genesthai, all’hopōsper arkhēn einai kai nun panta homou. en pasi de polla enesti kai tōn apokrinomenōn isa plēthos en tois meizosi te kai elassosi.

«E se dunque parti uguali sono del grande e del piccolo per quantità, allora anche così tutte le cose sono in ognuna; neppure è possibile che siano separatamente, ma tutte partecipano di ognuna. Giacché non è possibile che il minimo sia, non è possibile separarsi, e neppure venire generato in sé, ma, com’era in principio, sono anche adesso tutte insieme. In tutte le cose dunque sono insite molte cose ed uguali per quantità sia nelle maggiori sia nelle minori di quelle che si vengon secernendo»

Diels-Kranz 59 B 7

Simplicius, In Aristotelis de caelo, 603, 28: Forse [mēpote] dice [legei] che [hōs] l’infinito [to apeiron] è per noi inconcepibile ed inconoscibile [hēmin aperilēpton kai agnōston]: questo infatti è indicato [endeiknutai] mediante il dire:

hōste tōn apokrinomenōn mē eidenai to plēthos mēte logō(i) mēte ergō(i)

«Sicché delle cose che si vengon secernendo non si sa la quantità né a priori né a posteriori».

Poiché che le credesse limitate rispetto alla forma lo mostra dicendo che il nous le conosce tutte [epei hoti tō(i) eidei peperasmena ō(i)eto, dēloi legōn panta gnōskein ton noun]; eppure se fossero ontologicamente infinite sarebbero totalmente inconoscibili [kaitoi, ei apeira ontōs ēn, pantelōs ēn agnōsta]: la conoscenza [gnōsis] infatti definisce [horatoi] e limita il conosciuto [peratoi to gnōsthen].

Diels-Kranz 59 B 8

Simpl. Phys. 175, 11: Avendo detto Anassagora «né si discriminano l’una dall’altra» [DK 59 B 12] per l’essere tutte le cose in ognuna [dia to panta en panti einai], e altrove «né son troncate… caldo».

Ibid. 176, 28: E che «non son separate… colla scure», come in altri luoghi professa.

ou kekhōristai allēlōn ta en tō(i) heni kosmō(i) oude apokekoptai pelekei oute to thermon apo tou psukrou oute to psukhron apo tou thermou.

Non son separate le une dalle altre le cose nell’unico cosmo, né son troncate colla scure, né il caldo dal freddo né il freddo dal caldo.

Diels-Kranz 59 B 9

Simpl. Phys. 35, 13: Odi dunque anche quali cose poco dopo professa rifacendosi alla composizione di entrambi [tēn amphoin poioumenos sunkrisin]:

… houtō toutōn perikhorountōn te kai apokrinomenōn hupo biēs te kai takhutētos. biēn de hē takhutēs poiei. hē de takhutēs autōn oudeni eoike khrēmati tēn takhutēta tōn nun eontōn khrēmatōn en anthrōpois, alla pantōs pollaplasiōs takhu esti.

«… così queste cose percorrendo un giro e secernendosi sotto l’azione della forza e della velocità. La forza, dunque, la produce la velocità. Ordunque, la velocità di esse non assomiglia a nessuna cosa, quanto alla velocità delle cose adesso presenti in mezzo agli uomini, ma è veloce molte volte tanto».

Diels-Kranz 59 B 10

Scholia in Gregorium, XXXVI 911 Migne: Anassagora, essendosi ritrovato nell’antica dottrina che nulla si genera dal niente, elimina la genesi, dunque introduce la discriminazione anziché la genesi [palaion eurōn dogma hoti ouden ek tou mēdamē(i) ginetai, genesin men anē(i)rei, diakrisin de eisēgen anti geneseōs]. Diceva infatti che tutte le cose son mescolate le une alle altre, mentre si discriminano crescendo [allēlois men memikhtai panta, diakrinesthai de auxanomena]. E infatti anche nello stesso seme [en tē(i) autē(i) gunē(i)] vi sono capelli e unghie e vene e arterie e nervi e ossa e si dà il caso che sian inapparenti per la piccolezza delle parti, mentre, cresciuti, a poco a poco si discriminano [tunkhanein men aphanē dia mikromereian, auxanomena de kata mikron diakrinesthai]. Dice:

pōs gar an ek mē trikhos genoito thrix kai sarx ek mē sarkos?

«Come infatti potrebbe generarsi un capello da quel che non è capello e carne da quel che non è carne?».

Dunque afferma queste cose [tauta katēgorei] non solo dei corpi [tōn sōmatōn] ma anche dei colori. E infatti v’è nel bianco il nero ed il bianco nel nero, e lo stesso sui pesi [epi tōn ropōn], opinando che col grave [tō(i) barei] è commisto il leggero [to kouphon summigton] e questo a sua volta con quello.

 

Articolo seguente: Frammenti di Anassagora (3)

 

 


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