Evagrio Pontico, Logos praktikos (2)
Evagrio Pontico, Logos praktikos (2)
Mar 26Brano precedente: Evagrio Pontico, Logos praktikos (1)
Sugli otto pensieri
6. Sono in tutto otto i pensieri [tentatori] generici nei quali è contenuto ogni pensiero [tentatore]:
primo è quello della ghiottoneria,
e con esso quello della lussuria;
terzo quello dell’avidità;
quarto quello della tristezza;
quinto quello dell’ira;
sesto quello dell’accidia;
settimo quello della vanagloria;
ottavo quello della superbia.
Che tutti loro molestino l’anima o non la molestino è tra le cose non obbedienti a noi; invece che essi durino o non durino, o che eccitino passioni o non le eccitino, è tra le cose obbedienti a noi.
7. Ebbene, il pensiero della ghiottoneria suggerisce al monaco scadimento rapido dell’ascesi descrivendo stomaco e fegato e milza e idrope e malattia lunga e penuria delle cose idonee e l’esser fuori portata dei medici. Gli offre inoltre spesso anche la memoria di qualche fratello che è caduto in questi patimenti. Ci sono inoltre delle volte in cui persuade perfidamente proprio coloro che han patito ad accostarsi a coloro che s’impegnano nell’autocontrollo e ad esporre le loro sofferenze e come tali sofferenze si sian generate dall’ascesi.
8. Il demone della lussuria costringe a desiderare differenti corpi e con alquanta forza ostacola coloro che s’impegnano nell’autocontrollo perché, come se non ottenessero niente, cessino; e, lordando l’anima, la curva intorno a queste operazioni: le fa dire alcune parole e di rimando udirle, come se la cosa fosse proprio guardabile, essendo presente.
9. L’avidità suggerisce: vecchiaia lunga ed incapacità di adoperare le mani, fame futura e malattie venture e le punture della povertà e, come se fosse vituperabile, questo: ricevere le cose di cui si ha bisogno da altri.
10. La tristezza qualche volta sopravviene con la privazione dei desiderata, qualche altra volta consegue anche all’ira. Con la privazione dei desiderata, dunque, sopravviene così: dei pensieri, avendo prima occupato l’anima, la inducono a rammemorare casa e genitori e la precedente attività. E quando osservano che essa non contrasta ma obbedisce e si dissipa nei piaceri dell’intelligenza, allora prendendola la battezzano nella tristezza siccome le precedenti cose non vigono e non potranno più vigere a causa della vita presentemente vissuta; e la misera anima tanto è dissipata dai precedenti pensieri quanto è stata costretta all’umiliazione dai seguenti.
11. L’ira è la passione più acuta: ecco, la si definisce ebollizione e movimento di animosità contro un ingiusto o un presunto ingiusto; essa esaspera selvaggiamente l’anima tutto il giorno, ma soprattutto nelle preghiere rapisce l’intelletto riflettendo l’immagine della persona addolorante.
È inoltre, qualche volta, duratura e mutante in rancore, procura turbamenti di notte, spappolamento del corpo e pallore ed assalti di fiere velenose. Comunque queste quattro passioni che vengono in concomitanza col rancore si posson trovare accompagnate a molti pensieri.
12. Il demone dell’accidia, che è chiamato anche demone del lunedì, è il più gravoso di tutti i demoni ed ostacola il monaco intorno all’ora quarta [10]; circonda dunque la sua anima sino all’ora ottava [14].
[1] Ebbene, in primis fa sembrare che il sole deceleri o non si muova, facendo giudicare che la giornata sia di cinquanta ore.
[2] Di seguito dunque forza a guardare continuamente alla finestra ed a balzare fuori dalla cella e tenere gli occhi fissi nel sole per vedere di quanto si sia distanziato dalle 3 e scrutare intorno qua e là, ché non ci sia qualcuno dei fratelli.
[3] E dunque immette in lui odio per il luogo e per il modo di vivere e per il lavoro manuale, anche perché l’amore è tralasciato da parte dei fratelli e non c’è chi lo chiami a sé.
[4] E se, dunque, c’è qualcuno che ha addolorato il monaco in quei giorni, il demone fa aggiunta anche di questo per aumentare l’odio.
[5] Lo induce dunque anche a desiderare altri luoghi nei quali è facile trovare le cose di cui ha bisogno e perseguire una tecnica più comoda e propizia; e dice che il compiacere il Signore non è associato ad un luogo: dappertutto, ecco, bisogna prostrarsi davanti al divino.
[6] Congiunge dunque a questi anche il rammemoramento dei famigliari e della precedente condotta; e suggerisce che il tempo da vivere è lungo, offrendo agli occhi le pene dell’ascesi.
E dunque mette in moto, come si dice, ogni macchinazione affinché il monaco, lasciata la cella, fugga dalla gara.
Nessuno altro demone segue subito a questo demone; dunque l’anima riceve uno stato pacifico e gioia indicibile dopo la lotta.
13. Il pensiero della vanagloria è uno di sottilissimo e sosta facilmente presso i corretti
[A] volendo divulgare le loro lotte
[B] e braccando le glorie presso gli uomini,
[1] plasma demoni urlanti
[2] e guarigioni di donne
[3] ed una folla che tocca le vesti;
[4] profetizza dunque per lui anche il sacerdozio in futuro e mette in scena i postulanti alla sua porta; ed anche se non volesse sarebbe condotto coattamente via legato.
E così, avendolo fatto levare in aria con le vuote speranze, se ne va lasciando che egli sia tentato o col demone della superbia o con quello della tristezza, il quale conduce a lui anche pensieri contrari alle speranze.
Ci sono dunque anche alcune volte in cui è dato al demone della lussuria colui che, poco prima, era stato vincolato forzatamente ad essere un santo sacerdote.
14. Il demone della superbia diviene patrono della peggior caduta per l’anima:
[1] la persuade, ecco, a non acconsentire al soccorso di Dio,
[2] a ritenere, inoltre, che essa stessa sia causa delle condotte corrette
[3] ed a gonfiarsi contro i fratelli come se fosser mentecatti perché non sanno questo su di essa.
Si accompagnano dunque a questa:
[1] ira e
[2] tristezza e il male finale,
[3] delirio dei nervi e follia e visione di una moltitudine di demoni nell’aria.
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