Temi e protagonisti della filosofia

Diogene Laerzio su Eschine (II, 60-64)

Diogene Laerzio su Eschine (II, 60-64)

Lug 24


60 Eschine, figlio del salsicciaio Carino (per altri, invece, di Lisania), era ateniese. Sin da giovane stimò la fatica; anche per questo non si distanziò da Socrate. Perciò quest’ultimo asserì: «Sa onorarci soltanto il figlio del salsicciaio». Idomeneo afferma che fu costui, non già Critone, a consigliato a Socrate, in carcere, di perseguire la fuga; Platone, da parte sua, per il fatto che egli era più amico di Aristippo, attribuì questi discorsi a Critone. Eschine, dunque, era diffamato, e soprattutto da Menedemo di Eretria, giacché, presili da Santippe, avrebbe sottratto la paternità della più parte dei dialoghi ch’erano di Socrate; di questi, quelli chiamati acefali sono assolutamente scialbi e non ostensivi della tensione presente in Socrate; anche Pisistrato l’efesino delegittimava l’attribuzione di questi a Eschine. 61 Perseo, dunque, professa che la più parte di questi sette è di Pasifonte eretriaco; costui, dunque, li avrebbe integrati nell’insieme di quelli di Eschine. Comunque ha altresì sottratto, tra quelli di Antistene, il Piccolo Ciro, l’Eracle minore e l’Alcibiade, così come quelli di altri. Or dunque, quelli, tra i dialoghi di Eschine, modellati dall’ethos socratico, sono sette: primo, Milziade – per questo si presenta come più debole –, Callia, Assioco, Aspasia, Alcibiade, Telauge, Rinone.

Dicono, inoltre, che costui per indigenza si sarebbe portato in Sicilia presso Dionisio, e che, mentre veniva disprezzato da Platone, sarebbe stato presentato da Aristippo; poi, dacché dava alcuni di questi dialoghi, ricevette doni. 62 Dunque, dopo questi occorrimenti, arrivato ad Atene, non osò optare per la sofistica, dacché allora erano molto considerati i discepoli di Platone e di Aristippo. D’altronde, impartiva lezioni remunerate, e insieme scriveva discorsi giudiziari per gli oppressi da ingiustizia; per questo anche Timone lo evocò osservando su costui:

dunque la vis di Eschine inconvincibile
a scrivere.

Affermano inoltre che, siccome era oppresso dalla povertà, Socrate gli abbia somministrato questa lezione: prendere prestiti a frutto da sé stesso, sottraendosi i cibi. Anche Aristippo guardava con sospetto i dialoghi di costui. Per esempio, ecco, narrano che egli l’abbia corbellato mentre stava tenendo una lettura a Megara, provocandolo così: «Donde ti vengono queste parole, ladrone?».

63 Policlito di Mende afferma, dunque, nel primo dei libri Su Dionisio, che costui visse insieme al tiranno sino alla sua caduta e fino al ritorno di Dione a Siracusa, asserendo che insieme a lui v’era anche Carcino il poeta comico. Si tramanda anche un’epistola di Eschine a Dionisio. Era perfettamente esercitato anche nella retorica, come evidenzia tanto nell’apologia del padre dello stratego Feace quanto nei discorsi in cui imita soprattutto Gorgia da Leontini. Anche Lisia scrisse un discorso contro di lui, intitolandolo Sull’occupazione del sicofante; queste osservazioni evidenziano che era competente in retorica. Si riferisce, dunque, la notizia di un singolo suo discepolo, Aristotele chiamato il Mito.

64 Comunque, di tutti i dialoghi socratici, Panezio ritiene siano documenti veritieri quelli di Platone, Senofonte, Antistene, Eschine, Aristippo; resta nel dubbio per quanto concerne l’autenticità dei discorsi di Fedone ed Euclide, mentre rifiuta tutti gli altri.

Son nati, dunque, otto Eschine: primo, questo stesso; secondo, quello che ha scritto lezioni di tecnica retorica; terzo, il retore contemporaneo di Demostene; quarto, un arcade, discepolo di Isocrate; quinto, un mitilenese, che chiamavano anche Fustiga-retori; sesto, un napoletano, filosofo accademico, discepolo e ragazzo di Melanzio rodio; settimo, un milesio, scrittore politico; ottavo, uno scultore.

La traduzione è condotta sul testo dell’edizione critica di Marcovich:
Diogenes Laertius, Vitae philosophorum, ed. D. Marcovich, Lipsiae 1999.


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