Temi e protagonisti della filosofia

Diogene Laerzio su Democrito (seconda parte: IX, 40-45)

Diogene Laerzio su Democrito (seconda parte: IX, 40-45)

Ott 02

Brano precedente: Diogene Laerzio su Democrito (prima parte: IX, 34-40)

Aristosseno dunque, nei Commentari storici, afferma che Platone avrebbe desiderato dare alle fiamme gli scritti di Democrito, quanti avesse potuto mettere insieme, ma che i pitagorici Amicla e Clinia glielo impedirono per la ragione che quest’azione era completamente inutile: ecco, questi libri erano già stati presi da molti. E diventa chiaro perché: Platone menziona pressoché tutti gli altri antichi, ma non menziona Democrito in nessun dialogo, neanche laddove avrebbe dovuto revocare in dubbio qualcosa di suo, evidentemente per la ragione che sapeva che nell’agone gli si sarebbe presentato contro il migliore dei filosofi; anche Timone loda costui, in questo modo:

Tale dunque è Democrito, ingegno perspicace, pastor di verbi,
accorto oratore, che tra i primi lessi.

41 Ebbene, era giovane, come afferma egli stesso nel Piccolo discorso cosmologico, contemporaneamente alla vecchiaia di Anassagora, avendo quarant’anni meno di quest’ultimo. Afferma che il Piccolo discorso cosmologico fu composto settecentotrent’anni dopo la presa di Ilio. Sarebbe dunque nato, come annota Apollodoro nella Cronologia, durante l’ottantesima Olimpiade; gli si oppone Trasillo che, nel libro intitolato Prolegomeni alla lettura dei libri di Democrito, annota che nacque nel terzo anno della settantaseiesima Olimpiade, perché – afferma – era più vecchio di Socrate di un singolo anno. Sarebbe quindi contemporaneo di Archelao, il discepolo di Anassagora, e dei proseliti di Enopide: menziona, infatti, anche quest’ultimo. 42 Menziona anche la dottrina dell’Uno propugnata da Parmenide e Zenone, come i suoi contemporanei più noti, ed anche Protagora di Abdera (si riconosce concordemente che la nascita di quest’ultimo è stata simultanea a quella di Socrate).

Dunque, Atenodoro nell’ottavo libro delle Passeggiate narra che, quando Ippocrate si recò presso di lui, Democrito ordinò di portare del latte; e, dopo aver contemplato il latte, sentenziò: «Questo è d’una capra primipara col pelo nero»; per questo Ippocrate si meravigliò della sua acribia. Siccome v’era anche una fanciulla che accompagnava Ippocrate, il primo giorno la salutò in questo modo: «Salve, fanciulla», mentre il giorno successivo: «Salve, donna», giacché quella notte questa fanciulla era stata disonorata.

43 Narra dunque Ermippo che Democrito perì in questo modo. Essendo ormai molto vecchio, era prossimo al trapassare. Insomma, sua sorella si tormentava giacché avrebbe finito per morire in concomitanza con la celebrazione della festa delle Tesmoforie, così costei non avrebbe potuto compiere il proprio dovere verso la dea; ma egli le rispose di star su col morale e le ordinò di portargli dei pani appena sfornati tutti i giorni. Portando dunque questi pani alle narici, egli riuscì a sopravvivere durante la celebrazione della festa; dopo che questi giorni furono trascorsi – erano dunque tre –, si proiettò in modo perfettamente indolore fuori dalla vita. Noi dunque, nel Pammetro, l’abbiamo evocato poeticamente in questo modo:

E chi fu di natura tanto sofo? Chi creò un’opera grande tanto
quanto quella che riuscì a realizzare Democrito, dotto su tutto?
Costui si tenne tre giorni il thanatos ormai presente in casa sua
e con i caldi effluvi dei pani l’ospitò.

Ebbene, tale fu la vita di quest’uomo.

44 Le sue dottrine, dunque, son queste. Principi dell’intero universo sono atomi e vuoto, mentre tutte le altre questioni sono oggetto di opinione. I cosmi, dunque, sono infiniti, generati e distruttibili; nulla, comunque, può generarsi all’essere uscendo dal non-essere né distruggersi nel non-essere. Ed anche gli atomi sono infiniti per magnitudine e pluralità, inoltre si trasferiscono all’interno dell’intero universo con moto vorticoso. E in questo modo generano tutti gli assemblaggi di discreti: fuoco, acqua, aria, terra, siccome pure questi sono assemblaggi costituiti da alcuni atomi coefficienti; questi sono impassibili e inalterabili per la loro saldezza. Dunque, per quanto concerne il sole e la luna, essi derivano dall’assemblaggio di moli di coefficienti lisci e sferici, e similmente avviene con riferimento alla psiche; quest’ultima è anche identica al nous. Noi vediamo, dunque, cogliendo i simulacri impattanti sullo sguardo.

45 Tutto dunque si genera con necessità, giacché causa della genesi di tutto è il vortice, che definisce necessità. Fine, poi, è l’eutimia, che non s’identifica coll’edonismo, come hanno interpretato alcuni, equivocando, tutt’altro: è una disposizione che agevola con continuità uno stato di serenità ed equilibrio nella psiche, non tormentata da nessuna paura o dannosa superstizione o da alcun’altra passione. Chiama dunque questa condizione sia benessere sia con molti altri nomi. Le qualità, poi, sono convenzionali, mentre realtà fisiche sono atomi e vuoto. E così queste son le sue dottrine.

La traduzione è condotta sul testo dell’edizione critica di Marcovich:
Diogenes Laertius, Vitae philosophorum, ed. D. Marcovich, Lipsiae 1999.

Brano seguente: Diogene Laerzio su Democrito (terza parte: IX, 45-49)


Ti è piaciuto il post? Dona a Filosofia Blog!

Cliccando sul pulsante qui sotto puoi donare a Filosofia Blog una piccola cifra, anche solo 2 euro, pagando in modo sicuro e senza commissioni. Così facendo contribuirai a mantenere i costi vivi di Filosofia Blog. Il servizio di donazioni si appoggia sul circuito il più diffuso e sicuro metodo di pagamento online, usato da più di 150 milioni di persone. Per poter effettuare la donazione non è necessario avere un account Paypal, basta avere una qualsiasi carta di credito o Postepay. Grazie!

Leave a Reply