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Diogene Laerzio su Archita (VIII, 79-83)

Diogene Laerzio su Archita (VIII, 79-83)

Nov 07

 

 

79 Archita di Mnesagora o, secondo Aristosseno, di Estieo, tarantino; anche questi era pitagorico. Questi è colui che salvò Platone mediante un’epistola quando stava per essere ucciso da Dionisio. Fu ammirato, dunque, dai più in quanto ottimo in ogni virtù; tant’è che sette volte fu stratego dei suoi cittadini, mentre gli altri non furono strateghi per più d’un singolo anno perché lo vietava la legge. A costui anche Platone scrisse due epistole, perché lui per primo gli aveva scritto un’epistola di questo tenore:

«Archita a Platone, salute.

80 È un bene che sia sfuggito all’infermità; in effetti tu stesso hai già comunicato epistolarmente queste informazioni e sono state annunciate per opera dei tuoi conoscenti vicini a Lamisco. Dunque, per quanto concerne le Memorie, ce ne siamo occupati; siamo eziandio andati presso i Lucani e abbiamo incontrato i discendenti di Occelo. Inoltre, per quanto concerne le perlustrazioni Sulla legge, Sulla regalità, Sulla santità e Sulla genesi dell’universo, noi stessi le abbiamo e te le abbiamo mandate; le restanti, invece, adesso non riusciamo assolutamente a trovarle; comunque, se dovessero esser trovate, te le invieremo».

In questo modo dunque Archita; Platone, più avanti, rispose con un’epistola di questo genere:

«Platone ad Archita, che ti succedano cose buone.

81 Dunque, abbiamo ricevuto con grande piacere le Memorie sottoposteci da te e abbiamo ammirato moltissimo colui che ha scritto queste dottrine, e ci è sembrato uomo degno di quegli antichi progenitori. Ecco, nella leggenda dicono infatti che questi erano di Mira: questi erano tra quelli che, ai tempi di Laomedonte, emigrarono da Troia, uomini ottimi, come illustra il mito ch’è stato tramandato. Per quanto riguarda, invece, le mie memorie, sulle quali hai scritto in quest’ultima epistola, non hanno ancora veste definitiva; comunque anche così, nella versione che esibiscono adesso, te le ho mandate. Per quanto concerne la loro custodia, comunque, entrambi concordiamo, dunque non vi è bisogno di raccomandare alcunché. Forza!».

Dunque le epistole inviate l’uno all’altro da costoro hanno questo tenore.

82 Vi sono stati, orbene, quattro Archita: il primo di loro è questo; due: uno di Mitilene, musico; terzo, uno che ha scritto una Perlustrazione dell’agricoltura; quarto, un poeta d’epigrammi. Alcuni diffondono eziandio la fama d’un quinto, architetto, del quale ci perviene un libro Sulla macchina, avente quest’inizio: «Queste cose udii da Teucro cartaginese». Per quanto concerne il musico, inoltre, si riferiscono anche queste cose: biasimato giacché non riusciva a far udire la sua voce, avrebbe obiettato: «Ecco, parla questo strumento, sopraggiungendo nell’agone per me».

Aristosseno, poi, professa che questo pitagorico, quando fu stratego, non fu mai vinto; una singola volta, giacché invidiato, si ritirò dall’esercizio del comando, e quelli subito furono catturati.

83 Questi per primo procedette metodicamente nelle meccaniche utilizzando i principi matematici e per primo indagò lo schema geometrico suscitando il movimento organico, tentando di selezionare due medie proporzionali mediante la sezione del semicilindro, in vista della duplicazione del cubo. In geometria per primo trovò eziandio il cubo, come professa Platone nella Repubblica.

 

La traduzione è condotta sul testo dell’edizione critica di Marcovich:
Diogenes Laertius, Vitae philosophorum, ed. D. Marcovich, Lipsiae 1999.

 

 


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