Diogene Laerzio, Proemio (quarta parte: I, 18-21)
Diogene Laerzio, Proemio (quarta parte: I, 18-21)
Dic 04Brano precedente: Diogene Laerzio, Proemio (terza parte: I, 12-17)
18 Le parti della filosofia, dunque, sono tre: fisica, etica, dialettica; in merito alla fisica, essa è quella che perlustra il cosmo e gli enti presenti in esso; l’etica, dunque, è quella che perlustra la vita e i problemi che ci prospetta; la dialettica, da parte sua, è quella cui competono i procedimenti logici di entrambe. Sino ad Archelao, comunque, s’interessò al punto di vista fisico; a partire da Socrate, dunque, come è stato verbalizzato prima, si misurò anche con l’etica; da Zenone l’eleate in poi si concentrò anche sulla dialettica. Vi sono state dieci tendenze inseribili nel genere etico: accademica, cirenaica, eliaca, megarica, cinica, eretriaca, dialettica, peripatetica, stoica ed epicurea.
19 Dell’Accademia antica è stato principe Platone, di quella di mezzo Arcesilao, di quella nuova Lacide; della scuola cirenaica fu capo Aristippo il cireneo, dell’eliaca Fedone di Elide, della megarica Euclide megarico, della cinica Antistene ateniese, dell’eretriaca Menedemo di Eretria, della dialettica Clinomaco di Turii o Dionisio cartaginese, della peripatetica Aristotele stagirita, della stoica Zenone di Cizio; l’epicurea, infine, si chiama così dal nome dello stesso Epicuro.
Ippodoto, da parte sua, nel trattato Sulle scuole di pensiero, asserisce che sono nove le scuole o indirizzi d’indagine: prima la megarica, seconda l’eretriaca, terza la cirenaica, quarta l’epicurea, quinta l’annicerica, sesta la teodorea, settima la zenoniana oppure stoica, ottava l’accademica antica, nona la peripatetica; 20 comunque non proferisce verbo né sulla cinica né sull’eliaca né sulla dialettica. Quanto alla pirroniana, difatti, i più neanche se ne occupano, per la ragione che articola il discorso in maniera non chiara; alcuni, poi, asseriscono che questa in qualcosa è una scuola di pensiero, in qualcos’altro invece no. Il suo essere una scuola di pensiero, comunque, sembra documentabile, siccome leggiamo come scuola di pensiero – dicono – un indirizzo disciplinare che indaga nel solco, o sembra indagare nel solco, d’una qualche logica coerentemente col fenomeno: conformandoci a questa definizione saremmo legittimati a chiamare scuola di pensiero quella scettica. Se, d’altra parte, intendiamo per scuola di pensiero una presa di posizione incline ad accogliere dogmi aggregantisi nel solco della consequenzialità, allora non si potrebbe più proclamarla scuola di pensiero, siccome non ha dogmi saldi. Queste dunque sono le origini della filosofia e le discendenze di magistero, tante sono le sue parti e tante le scuole di pensiero.
21 D’altra parte, da poco tempo è stata introdotta nell’indagine una scuola di pensiero qualificata come eclettica, suscitata da Potamone l’alessandrino, che si scelse le opinioni estrapolandole da ciascuna di queste scuole di pensiero. A parere di costui dunque – queste sono le opinioni che professa nella sua esposizione elementare – criteri di verità sono, da un lato, il sostrato sulla cui base si genera il giudizio discriminante, cioè l’egemonico, e, dall’altro lato, ciò grazie a cui si genera, ossia la rappresentazione che dispone della maggiore acribia. Principi di tutte le cose dell’universo, dunque, sarebbero la materia, la causa efficiente, la qualità ed il luogo, siccome sono rispettivamente l’esistenza a partire dalla quale, il soggetto per opera del quale, il come e l’in cui. Fine, dunque, sarebbe ciò a cui tutte le cose fan riferimento come obiettivo: una vita perfetta conformemente a tutte le virtù, non priva dei beni del corpo secondo natura e di quelli esteriori.
Or dunque, bisogna parlare di questi uomini, e per primo, ecco, di Talete.
La traduzione è condotta sul testo dell’edizione critica di Marcovich:
Diogenes Laertius, Vitae philosophorum, ed. D. Marcovich, Lipsiae 1999.
Brano seguente: Diogene Laerzio su Talete (prima parte: I, 22-27)