Damone e Finzia
Damone e Finzia
Ago 22
Diod., X, 4, 3: Quando Dionisio era tiranno, tal Finzia Pitagorico, che aveva voluto uccidere il tiranno, dovendo dunque scontare la condanna, chiese a Dionisio del tempo per questo: disporre prima come voleva delle cose sue private; professò dunque che avrebbe dato come garante della sua morte uno dei suoi amici. Meravigliandosi dunque il dinasta che potesse esservi questo tale amico, il quale avrebbe dato se stesso al carcere anziché lui, mandò a chiamare Finzia uno dei conoscenti, di nome Damone, filosofo pitagorico, il quale senza nessun dubbio direttamente divenne garante della morte per lui. Alcuni quindi lodavano la sublimità di questa benevolenza offerta agli amici, mentre alcuni snobbavano la precipitazione e demenza del garante. Approssimandosi, dunque, l’ora fissata, l’insieme di tutto quanto il popolo concorse, anelante a documentarsi se avrebbe serbato fede all’impegno colui che l’aveva stabilito. Quando dunque il tempo era ormai concluso, tutti quanti si riconoscevano scorati, quand’ecco che Finzia insperatamente in extremis, occorrendo lo scadere del tempo, arrivò di corsa, nell’attuarsi della conduzione di Damone verso il supplizio. Mirabile, dunque, essendo parsa a tutti quanti una simile amicizia, Dionisio prosciolse dalla condanna l’imputato e richiese questi uomini d’esser egli stesso ammesso a quest’amicizia.
La testimonianza è tratta dall’edizione di M. Timpanaro Cardini, Pitagorici. Testimonianze e frammenti, fasc. II: Ippocrate di Chio, Filolao, Archita e Pitagorici minori, Firenze 1962.