Temi e protagonisti della filosofia

Selezione naturale della capacità morale e ontogenesi della condotta (1)

Selezione naturale della capacità morale e ontogenesi della condotta (1)

Ott 16

 

1. Introduzione

La ricerca della genesi della moralità non può evitare di indagare come cambia l’idea stessa della moralità vista dal punto di osservazione della storia naturale. Non quindi la filogenesi della morale ma quali siano le conseguenze filosofiche del concetto di morale se si accetta che il senso morale sia frutto della selezione, cioè che sia naturale come il linguaggio o il camminare, mutevole, non fisso e inalterabile, e che alcuni suoi antecedenti siano presenti negli animali non umani. Infine che la moralità non sia una competenza intrinseca dell’individuo ma una conseguenza contingente di capacità che appartengono alla specie.

La posizione di Darwin e Hume è che il senso morale sia il risultato di un lento e graduale processo di adattamento al mondo e di numerosi eventi selettivi depositati in istinti sociali favorevoli alla specie. Il senso morale sarebbe una capacità, formata da istinti che non hanno nulla di intrinsecamente morale che per realizzarsi devono estrinsecarsi in un contesto adeguato e del tutto contingente. Tale capacità non sarebbe relativa al soggetto isolato al pari delle altre capacità come il linguaggio e il camminare.

La capacità si distingue dalla facoltà morale che poggia su un principio di moralità universale che la ragione umana conosce ‘da sempre’; una moralità astorica che, come ricorda Kant, non ha nulla a che fare con la sensibilità.

Anche le teorie più recenti sulla genesi della capacità seguono, sostanzialmente, questa corrente di pensiero. Il ‘darwinismo neurale’ di G. Edelman parla di sedimentazioni di istinti di natura sociale, ’valori annidati’ premiati dalla selezione in cui l’emergere della coscienza è vincolato alla acquisizione di uno ‘sfondo non cosciente’; sedimentazioni di natura sociale inconsce, anteriori all’esperienza del singolo individuo, analoghe alla ‘conoscenza ereditaria’ di Darwin.

Esisterebbe quindi un primato dell’inconscio sulla storia della coscienza; sarebbero gli istinti sociali che gettano le basi che porteranno alla comparsa di una coscienza e costituiscono il tessuto in cui si sviluppa la morale umana, mentre la razionalità cosciente interverrebbe soltanto, non in opposizione agli istinti, come ulteriore capacità, selezionata essa stessa, in grado di incorporare gli istinti nell’atto morale cosciente.

L’esistenza di capacità morale implica l’esistenza dell’azione morale che tuttavia non descrive, anzi solleva alcuni problemi: il primo è quello del rapporto tra libero arbitrio e determinismo; un altro è il problema dell’altruismo, cioè di quel tipo di azione, apparentemente gratuita, che, secondo l’etologia, si può osservare nell’animale, il cui complesso meccanismo è stato magistralmente descritto dalla teoria di Konrad Lorenz [1], la cui possibile estensione alla interpretazione delle manifestazioni di altruismo che si osservano nella specie umana condurrebbe a modificare notevolmente il significato corrente di questi atti; e tuttavia una possibile estensione in questo senso dovrebbe essere tutt’altro che fuori luogo se si ammette che il deposito di istinti sociali favorevoli alle specie, e in questo senso morali, abbia inizio ben prima della comparsa di Homo Sapiens.

Un terzo interrogativo riguarda la definizione stessa di capacità morale. Come già detto, la capacità morale non sarebbe relativa al soggetto isolato; analogamente alle altre capacità della specie è contingente perché per realizzarsi deve estrinsecarsi in un contesto adeguato che non è necessariamente lo stesso per tutti i soggetti. Quindi il fatto che appartenga alla specie non implica che debba essere identica per ogni soggetto. Affermare che la moralità non è una competenza intrinseca dell’individuo ma è una conseguenza contingente delle sue capacità sarebbe vero ma solo in parte: gli istinti sociali ci indicano quale è il ‘bene sociale’, tuttavia non tutti gli individui sono in grado di ‘intuirne’ il messaggio. Il libero arbitrio è la risposta alla norma selezionata ma non tutti sono in grado di ‘intuirla’; appartiene sì alla capacità della specie ma può essere fatta propria solo da quei soggetti che, avendo raggiunto un grado di sviluppo sufficiente dell’autocoscienza, una ‘individuazione’ adeguata, sono in grado di interpretarla e di farne propria la universalità e la necessità, soggetti che, in senso kantiano, sono liberi avendo assunto il messaggio della specie nella propria massima.

 

Note

[1] Konrad Lorenz, Das sogenannte Bose: zur Naturgeschichte der Agression, Dr. G. Borotha-Schoeler Verlag, Wien, 1963, trad. it. L’aggressività (a cura di Elisabetta Bolla), Il Saggiatore, Milano 1994, pp. 226-277.

 

Articolo seguente: Selezione naturale della capacità morale e ontogenesi della condotta (2)

 

 


Ti è piaciuto il post? Dona a Filosofia Blog!

Cliccando sul pulsante qui sotto puoi donare a Filosofia Blog una piccola cifra, anche solo 2 euro, pagando in modo sicuro e senza commissioni. Così facendo contribuirai a mantenere i costi vivi di Filosofia Blog. Il servizio di donazioni si appoggia sul circuito il più diffuso e sicuro metodo di pagamento online, usato da più di 150 milioni di persone. Per poter effettuare la donazione non è necessario avere un account Paypal, basta avere una qualsiasi carta di credito o Postepay. Grazie!

Leave a Reply