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Martha Nussbaum: l’idea della “cittadinanza del mondo” nell’antichità greca

Martha Nussbaum: l’idea della “cittadinanza del mondo” nell’antichità greca

Set 20

Quando qualcuno gli chiedeva da dove venisse, egli

rispondeva: ‹‹Io sono cittadino del mondo››.

Diogene Laerzio, Vita di Diogene il Cinico

 

Martha Nussbaum, docente di Diritto ed Etica all’Università di Chicago, è famosa in ambito internazionale per aver condotto numerosi studi sul mondo antico. In questa sede, è mia intenzione riflettere sul concetto di “cittadinanza del mondo”, concetto che Nussbaum approfondisce nel contesto dell’indagine sul ruolo che l’educazione può rivestire all’interno di un mondo sempre più “globalizzato”. Il fulcro del suo discorso è rappresentato dall’idea che, per dare vita ad un’educazione adeguata alla nostra modernità, sia imprescindibile il modello offerto dalla cultura classica.

Nello scenario internazionale, si tende a promuovere dei programmi pedagogici improntati al cosiddetto “multiculturalismo”. Quest’ultima nozione non è figlia di una qualche tendenza moderna, ma, al contrario, le sue radici affondano nella temperie culturale dell’Atene del V secolo a. C.: i filosofi e gli scrittori di allora erano animati da un interesse deciso nei confronti degli usi e dei costumi appartenenti ad altri popoli.

Si pensi agli scritti di Erodoto, i quali costituiscono una rassegna dei modi di vita delle popolazioni lontane; ma si pensi, in special modo, al pensiero socratico, il quale nasce proprio dalla consapevolezza delle differenze culturali sussistenti tra le genti. L’intero insegnamento socratico si estrinseca nell’ottica della diversità, in virtù della quale i valori morali e politici, tipici della cultura ateniese, acquistano un carattere “relativo”, perdendo, così, quella natura universale fino ad allora riconosciuta.

Tale sensibilità verso tutto ciò che è altro o “diverso” emerge anche nella riflessione di Platone. Tanto per fare un esempio, nel quinto libro della Repubblica è presente un’argomentazione, condotta dal personaggio di Socrate, a favore dell’educazione delle donne: a tal proposito, Socrate fa notare a Glaucone come il costume di permettere alle donne di acquisire una formazione fisica ed intellettuale pari a quella degli uomini potrebbe entrare a far parte anche della cultura ateniese, arricchendola. Tutto ciò facendo capo al confronto con Sparta, il cui regime educativo già comprende un’iniziativa del genere.

Tuttavia, il termine “cittadino del mondo” è stato introdotto da Diogene il Cinico (404 – 323 a. C.). Questi conduce una vita scevra di convenzioni e di agi, rifiutando la protezione dei ricchi, credendo, in tal modo, di dare prova della sua libertà di pensiero e di parola. Un individuo bizzarro, stravagante, capace di avere anche comportamenti estremi. La sua vita, all’insegna della semplicità, ha un solo scopo, cioè la ricerca di un essere umano “onesto” e “virtuoso” attraverso il rifiuto dei pregiudizi. Per l’importanza attribuita alla virtù ed al pensiero, si può sostenere che Diogene sia stato un convinto seguace degli insegnamenti socratici, anche se non esistono opere scritte che possano dare conferma di ciò. Nella Vita di Diogene vengono descritte alcune abitudini che il Nostro solitamente teneva in pubblico, senza alcun timore di essere giudicato. Molto nota è l’abitudine di mangiare in piazza tra la gente, meritandosi, per questo, l’appellativo di “cane”, kuon, da cui deriva “cinico”. Al contrario, nella biografia di Diogene non vi è menzione di altri episodi, connessi alla minzione o alla defecazione, pratiche che, evidentemente, gli Ateniesi non ritenevano condannabili. Dunque, il messaggio che Diogene sembra volerci recapitare è quello di interpretare sempre con distacco e forte “senso critico” tutte le convenzioni e i costumi che costituiscono la società in cui viviamo. La “ragione” ha il compito di esaminare le convenzioni e le opinioni particolari, cercando di trarne un significato che tenda all’universalità, a riprova della consapevolezza di essere “cittadini del mondo”. L’atteggiamento assunto da Diogene nei riguardi della realtà sociale, nonostante tutte le mancanze, è stato esemplare nell’ottica dello sviluppo del pensiero greco.

Sono stati gli stoici a fare proprio il pensiero di Diogene, cercando di dargli una collocazione precisa nel contesto culturale. Dunque, dal punto di vista stoico, un buon cittadino è innanzitutto “cittadino del mondo”, intendendo, con tale espressione, la possibilità concessa ad ogni individuo di aprirsi a tutte le manifestazioni umane. Questa apertura è essenziale per la conoscenza di se stessi, ma garantisce anche ad ognuno la possibilità di trovare la soluzione ottimale ad eventuali problemi. A prescindere da alcune differenze intercorrenti tra l’impostazione degli stoici greci e quella degli stoici romani, vi è un punto di contatto forte tra le due correnti: la posizione rivestita dal kosmou polites detiene un valore intrinseco, essendo egli capace di cogliere il buono che è presente nelle persone, ossia la loro aspirazione al bene e alla giustizia, nonché la loro ricerca imperterrita dei mezzi adeguati per raggiungere tali scopi. La prospettiva propinata dagli stoici si focalizza sull’educazione del kosmou polites, il quale ambisce ad entrare a far parte della “comunità umana”, che racchiude tutte le comunità particolari, partendo dall’individuo. Questo obiettivo si può raggiungere solo mediante lo scambio culturale e la disponibilità a mettere in discussione le proprie opinioni e le proprie convinzioni, nell’ottica del confronto con le altre culture.


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