L’etica di John Rawls: analisi di “Una teoria della giustizia” (9)
L’etica di John Rawls: analisi di “Una teoria della giustizia” (9)
Dic 23
Articolo precedente: L’etica di John Rawls: analisi di «Una teoria della giustizia» (8)
4. Una teoria della giustizia, parte terza: Fini
4.1. Bontà come razionalità
Nella teoria della giustizia come equità il concetto di giusto è prioritario rispetto a quello di bene. Inoltre, gli stessi giudizi di valore fondamentali sono
formulati dal punto di vista delle persone, dati i loro interessi, capacità e circostanze. [82]
Il bene è una definizione moralmente neutra e non può essere ricavata neanche dal concetto di razionalità, che non è una base adeguata nemmeno per il concetto di giusto. Dunque, di modo che la bontà come razionalità valga per il concetto di valore morale,
le virtù devono rivelarsi proprietà che è razionale che le persone vogliano l’una nell’altra. [83]
Per quanto riguarda il conseguimento della felicità, sembra che Rawls presupponga sempre una dose di buona fortuna. Ciò, però, è strettamente connesso al tema dell’accettazione dei princìpi di giustizia, che implicano l’idea di che persona davvero si vuol essere. Forse, e spesso, non sappiamo quale sia il piano di vita migliore e ideale per noi, cioè il nostro “piano razionale”, ma possiamo avere una “ragionevole credenza” [84] su quale sia il nostro bene. Come agire allora? Perseguire il proprio bene? Riprendendo e sviluppando gli imperativi formali di Kant, Rawls afferma:
Un individuo razionale deve sempre agire in modo da non doversi mai biasimare indipendentemente da come vanno a finire le cose. [85]
Da questa affermazione potremmo dedurre che l’etica rawlsiana sia un’etica dell’intenzione. In realtà, come abbiamo anche già visto, la sua è pure un’etica della responsabilità. Mi si passi il termine, la chiamerei un’etica dell’“intenzione responsabile” o un’etica della “responsabilità intenzionale”. Quando agiamo in base a una scelta razionale, infatti, agiamo secondo quanto conosciamo in quel momento, e scegliamo quanto, in base alla conoscenza che abbiamo, sembra più razionale.
Eppure, nulla ci protegge dalle ambiguità e dai limiti della nostra conoscenza, e nulla ci assicura che quella che sceglieremo sia l’alternativa migliore possibile dataci. L’unico criterio per poter ben scegliere sarà allora agire con una razionalità che ci garantisce che, in quel momento di scelta, l’intenzione che abbiamo e perciò la scelta che facciamo, e in ultima istanza il comportamento che ne deriverà, non meritano biasimo, dato che la responsabilità che abbiamo è principalmente e in primo luogo quella verso noi stessi [86]. Dice Rawls:
Il principio di responsabilità verso se stessi somiglia a un principio del giusto [87]
e
la definizione del bene è puramente formale. [88]
Quest’ultima affermazione mi ricorda una frase di J.F. Malherbe (docente di Etica e Filosofia morale all’Università di Trento) il quale a una lezione di Etica ha asserito: «L’idea di Bene è vuota. Sta a noi riempirla». È esattamente questo il significato della frase rawlsiana, che è poi un altro modo di intendere la massima etica kantiana. Ma che cos’è nello specifico il “bene” di qualcuno? La definizione che ne dà il filosofo è la seguente:
la riuscita realizzazione di un piano razionale di vita. [89]
Quella che si definisce “persona buona” è
qualcuno che possiede in grado superiore al normale i tratti distintivi a base generale del carattere morale che è razionale che le persone nella posizione originaria vogliano l’una dell’altra. [90]
Un’azione buona diventa allora un’azione che promuove il bene di un altro. Il bene principale e maggiore, tuttavia, rimane il rispetto di sé, il cui fondamento è la democraticità nel giudicare gli obiettivi reciproci.
Per approfondire
Note
[82] Rawls, cit., p. 331.
[83] Ivi, p. 334.
[84] Ivi, p. 344.
[85] Ivi, p. 348.
[86] Cfr. ivi, p. 348.
[87] Ivi, p. 348.
[88] Ivi, p. 349.
[89] Ivi, p. 356.
[90] Ivi, pp. 359-360.
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