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L’etica di John Rawls: analisi di “Una teoria della giustizia” (8)

L’etica di John Rawls: analisi di “Una teoria della giustizia” (8)

Dic 16

 
Articolo precedente: L’etica di John Rawls: analisi di «Una teoria della giustizia» (7)

 

3.3. Dovere e obbligo

Nella prospettiva della teoria della giustizia, il dovere naturale più importante è quello di sostenere e promuovere le istituzioni giuste. [66]

Esistono poi altri generi di doveri: il dovere del rispetto reciproco, il dovere dell’aiuto reciproco (concezione ripresa da Kant), nell’interesse di tutti dato che il guadagno di chi ha bisogno di aiuto supera la perdita di chi aiuta, e perché ha un grande effetto sulla qualità della vita quotidiana [67]. D’altra parte, invece,

tutti gli obblighi nascono dal principio di equità. [68]

La sola esistenza delle istituzioni, tuttavia, non dà adito ad alcun impegno morale, né la norma del promettere. Il problema sorge quando siamo tenuti a rispettare leggi ingiuste, eppure

l’ingiustizia di una legge […] non è una ragione sufficiente per non osservarla. [69]

Bisogna infatti analizzare il grado di ingiustizia di una legge ingiusta: le leggi ingiuste non sono tutte sullo stesso piano. E in ogni caso il dovere di sostenere istituzioni giuste ci vincola a rispettare leggi ingiuste [70] a condizione però che esse non superino certi livelli di ingiustizia. Comunque, Rawls elabora anche una “teoria della disobbedienza civile”, nel caso di una società quasi-giusta, nella quale accadono gravi violazioni della giustizia, anche se talvolta vi sono valide ragioni per non violare la legge che si ritiene ingiusta. [71]

La disobbedienza civile è un atto politico […] perché […] guidato e giustificato da princìpi politici [72]

ed è anche

un atto pubblico. [73]

Per tutte queste ragioni, secondo il filosofo di Harvard la disobbedienza civile dev’essere nonviolenta. Infatti, in quanto “appello politico” si contraddirebbe se usasse forme di violenza e in quanto esprime il dissenso a una legge, rispettandone comunque l’assetto legislativo. La disobbedienza civile si distingue dall’obiezione di coscienza, che è invece, più specificatamente, la mancata osservanza a un’ingiunzione giudiziaria (es. primi cristiani) e non un appello rivolto alla maggioranza, né un atto che debba giocoforza risolversi in pubblico, né essere basata necessariamente su princìpi politici. Di questa distinzione, il punto che maggiormente interessa a una teoria della giustizia è

decidere il modo in cui verranno trattati coloro che dissentono da essa. [74]

C’è da dire però che nelle situazioni reali non c’è distinzione netta tra disobbedienza civile e obiezione di coscienza. A questo punto dell’esposizione, Rawls prende in considerazione le circostanze in cui la disobbedienza civile è giustificata, nei casi cioè in cui ci siano esempi di ingiustizia sostanziale ed evidente e nel caso in cui i normali appelli alla maggioranza politica siano falliti. Spesso però, nonostante queste considerazioni, non è ancora giustificata la disobbedienza civile, poiché esiste un limite oltre il quale l’efficacia di tale forma di dissenso tende a decrescere [75]. Quando l’obiezione di coscienza è giustificata?

Una persona può rifiutare in coscienza di attenersi al dovere di entrare nelle forze armate di una certa guerra, a causa del fatto che gli scopi del conflitto sono ingiusti. [76]

e a questo riguardo dice ancora:

«non esiste una causa giusta di guerra. [77]

Non è dunque il pacifismo a essere una probabile soluzione alle guerre, bensì l’obiezione di coscienza, basata su princìpi di giustizia dei popoli.

Un rifiuto simile, infatti, è una sfida alle pretese del governo e, nel caso essa divenga generalizzata, il proseguimento di una guerra ingiusta può risultare impossibile. [78]

Il ruolo della disobbedienza civile diventa, quasi paradossalmente, quello di fornire aiuto e rafforzare le istituzioni giuste, poiché anche se illegale è un metodo moralmente corretto per dare sostegno a un regime costituzionale [79]. Ciò viene da Rawls spiegato anche in questo asserto, che a primo acchito può apparire sconcertante:

Se […] la disobbedienza civile giustificata sembra minacciare la concordia civile, la responsabilità non ricade su coloro che protestano, ma su coloro il cui abuso dell’autorità e del potere giustifica una simile opposizione. [80]

È però comprensibile se si pensa che Rawls riteneva che le guerre fossero non solo un male in sé, ma anche sintomo di profonde ingiustizie, esemplarmente riguardanti la distribuzione delle ricchezze e la ripartizione degli oneri e benefici nella comunità politica. Le riflessioni rawlsiane appena analizzate sono appunto volte a rivelare questi aspetti, e sono perciò centrali nella sua teoria e indispensabili per il suo sviluppo logico [81].

Per approfondire


Note

[66] Rawls, cit., p. 279.

[67] Cfr. ivi, p. 283.

[68] Ivi, p. 286.

[69] Ivi, p. 292.

[70] Cfr. ivi, p. 295.

[71] Cfr. ivi, pp. 302-303.

[72] Ivi, p. 304.

[73] Ibidem.

[74] Ivi, p. 307.

[75] Ivi, pp. 309-311.

[76] Ivi, p. 316.

[77] Ibidem.

[78] Ivi, p. 317.

[79] Cfr. ivi, p. 318.

[80] Ivi, p. 323.

[81] Cfr. Ottonelli, cit., p. 229.

 

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