L’etica di John Rawls: analisi di “Una teoria della giustizia” (10)
L’etica di John Rawls: analisi di “Una teoria della giustizia” (10)
Gen 03
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4.2. Il senso di giustizia
Una concezione di giustizia ha come criterio fondamentale la stabilità. Essa però non implica che le istituzioni e il modo di agire di una società bene ordinata non debbano cambiare, bensì significa che le istituzioni devono continuare a rimanere giuste comunque esse mutino. Il senso di giustizia s’inserisce all’interno di questo contesto in quanto componente fondamentale per assicurare che la struttura della società rimanga stabile per quanto concerne la giustizia [91]. Il senso della giustizia va educato, perché si va formando attraverso fasi.
La prima viene da Rawls chiamata “moralità autoritaria” [92]. In questa fase al bambino manca ogni comprensione e conoscenza delle massime dei genitori e perciò non può dubitare della loro ragione. Mano a mano che cresce diventa consapevole dell’amore che gli portano i suoi genitori e acquisisce autostima. Riponendo fiducia in loro, accetta le loro massime. È, questa, una fase primitiva e, soprattutto, temporanea. Di seguito, il bambino entra nella fase di “moralità associativa” [93]. Crescendo, apprende standard di comportamento appropriati per ogni ambiente, in base al ruolo che si trova ad avere in famiglia, a scuola, nelle associazioni, ecc., cominciando a capire che le persone hanno fini diversi da realizzare in base alla loro prospettiva e che, uniti assieme, costituiscono le sfaccettature di un unico sistema di cooperazione. Si creano vincoli di amicizia, fiducia, cooperazione che vanno armonizzati e tesi al raggiungimento di un equilibrio dell’individuo. Dice Rawls:
Una persona che pervenga alle forme più complesse della moralità associativa, come quelle espresse, ad esempio, dall’ideale di eguale cittadinanza, ha senza dubbio accesso ai princìpi di giustizia. [94]
Il senso di giustizia, che come abbiamo visto va via via sviluppandosi, si manifesta compiutamente quando induce l’individuo ad accettare le istituzioni giuste con consapevolezza, e determina una predisposizione a spendersi per riformare quelle esistenti se la giustizia lo chiede [95]. Ora, lo sviluppo della moralità si può dire completo, e giungere a coinvolgere gli affetti. C’è da distinguere, però, tra senso della giustizia e un generico amore per l’umanità. Quest’ultimo, infatti, va oltre le necessità morali e, tra essi, è il senso di giustizia a mirare direttamente al benessere degli uomini, nella loro natura di essere liberi ed eguali [96]. Chi sostiene che “si fa ciò che è giusto perché è giusto”, togliendo all’agire con giustizia qualsivoglia ragione, è come se preferisse il tè al caffè [97]: potrebbe anche essere, ma farne una regola fondamentale sarebbe solo un capriccio. Invece,
il sentimento di giustizia non è un desiderio diverso da quello di agire in base a princìpi che individui razionali sceglierebbero in una situazione iniziale che offre a ciascuno eguale rappresentanza come persona morale. [98]
E in questa luce “vivere moralmente” viene a significare vivere con gli altri a condizioni che essi riconoscerebbero eque, in una prospettiva ragionevole e condivisibile da tutti nel suo complesso, ossia una prospettiva di collaborazione. La moralità dell’amore per l’umanità non va bene per le persone comuni, ma per santi ed eroi, dato che si estende oltre gli obiettivi di giusto e giustizia che si può porre una società [99]. C’è di più. Le “moralità di supererogazione”, come le chiama Rawls, cioè quelle moralità che afferiscono all’amore per l’umanità, danno il “la” alla vergogna, poiché consistono nelle forme più elevate di perfezione morale e per questo motivo
scegliendole si rischia l’insuccesso a causa della loro stessa natura. [100]
L’equilibrio, in queste moralità, è spostato tutto da una parte sola, mandando in tilt quella reciprocità tanto cara al filosofo americano. Il senso di giustizia porta insomma necessariamente con sé atteggiamenti e sentimenti morali. Necessariamente in quanto è come se trascinasse con sé capacità e qualità fondamentali comprese nella nozione di umanità [101]. Dunque, una teoria sociale, e in particolare una teoria sociale che vuole ammantarsi del concetto di giusto, non può prescindere da nozioni morali anche se – stilettata a latere del filosofo – buona parte della teoria sociale in generale, e lampante esempio è l’economia, ne fa volentieri a meno. Amartya Sen forse non sarebbe molto d’accordo, avendo dimostrato che l’etica è necessaria all’economia come l’economia lo è per l’etica. Ma allora la teoria della giustizia come equità diventa la forma sociale più stabile che possa darsi? Rawls, prudentemente, risponde:
Non affermo che la giustizia come equità (sia) la concezione di giustizia più stabile. […] La concezione riconosciuta come valida deve soltanto essere sufficientemente stabile. [102]
A questo punto, il filosofo passa a esaminare le basi dell’uguaglianza, concetto fondamentale applicabile a tre livelli: istituzioni in quanto sistemi pubblici di regole, reale struttura delle istituzioni, gli esseri ai quali spettano le garanzie a una giustizia eguale. Il problema sorge a quest’ultimo livello. Forse che non a tutti spettano le garanzie per una giustizia eguale?
La capacità di personalità morale è una condizione sufficiente per avere diritto alla giustizia eguale. [103]
“Condizione sufficiente”, dice Rawls, e rimanda la discussione se sia anche “condizione necessaria”, sviando il discorso e saltando l’ostacolo a piè pari. Di fatto, resta assodato che le basi dell’uguaglianza si fondano su capacità naturali, cioè quella “personalità morale” che riguarda tutti coloro che posseggono una concezione del proprio bene e un senso di giustizia. Questa operazione non sembrerebbe a prima vista molto equa. Eppure, dice Rawls,
non è incompatibile con una posizione egualitaria. Tutto quello che dobbiamo fare è scegliere una proprietà di campo e concedere eguale giustizia a coloro che soddisfano le sue condizioni. [104]
La descrizione della posizione originaria soddisferebbe e individuerebbe, in potenza, tale proprietà. Inoltre,
allorché viene dato il peso appropriato al principio di fraternità e a quello di riparazione, la distribuzione delle qualità e i fattori contingenti delle circostanze sociali possono essere accettati con maggiore facilità. [105]
Note
[91] Cfr. ivi, pp. 372-375.
[92] Ivi, p. 379.
[93] Ivi, p. 383.
[94] Ivi, p. 387.
[95] Cfr. ivi, p. 388.
[96] Cfr. ivi, p. 390.
[97] Cfr. ivi, p. 391.
[98] Ivi, p. 391.
[99] Cfr. ivi, p. 392.
[100] Ivi, p. 396.
[101] Cfr. ivi, pp. 399-400.
[102] Ivi, p. 412.
[103] Ivi, p. 413.
[104] Ivi, p. 414.
[105] Ivi, p. 417.
Per approfondire
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