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Il genere femminile e la morale (1)

Il genere femminile e la morale (1)

Feb 09

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Articolo precedente: La condizione femminile: un’introduzione

Le rivendicazioni dei diritti femminili hanno avuto storicamente vari approcci, alcuni dei quali assolutamente antitetici.

Un’impostazione, che accomuna il femminismo liberale a quello socialista, ha teso a negare le differenze di genere, o comunque a considerarle irrilevanti. Le differenze fra uomo e donna sono per lo più culturali, ed esse sono state usate strumentalmente per porre in una condizione di inferiorità il genere femminile. Caratteri come un’inclinazione materna, una maggiore instabilità emotiva, una tendenza alla remissività fanno parte di un’ideologia maschilista e vanno rifiutati.

Per il piano che ci interessa in questa analisi, cioè quello morale, abbiamo un soggetto morale astratto, universale: le caratteristiche femminili sono considerate unicamente in termini di discriminazione, di mistificazioni volte a negare certi diritti; difatti, questa impostazione tende generalmente a richieste di giustizia distributiva: vi sono dei diritti, che sono stati negati alle donne sulla base di credenze false, ed essi vanno pretesi.

Storicamente, questa impostazione è stata adoperata da autori liberali come John Stuart Mill, pur se con qualche ambiguità, e da autori quali Marx ed Engels.

Si comprende facilmente quali siano i rischi di questa impostazione: non solo quello di negare caratteristiche tipicamente femminili, ma addirittura di celare, dietro un astratto “soggetto morale”, quello che in effetti è un soggetto maschile.

E’ questa la tesi della Gilligan, che nella sua teoria dello sviluppo morale individua, a causa dei diversi rapporti con la figura materna,  di somiglianza in un caso, di dissomiglianza nell’altro, due diversi modi di intendere la morale a seconda del sesso. Nelle femmine, la relazione riveste un ruolo essenziale, e il saperla mantenere, ricucendo le interazioni e mostrandosi disponibili verso le esigenze del proprio interlocutore, diviene essenziale. E’ questa l’etica della cura, dove l’attenzione è rivolta, più che a norme generali, alle persone concrete e alle loro esigenze.
Nei maschi, l’attenzione è rivolta principalmente ai diritti, al far valere i propri, rispettando al contempo quegli degli altri.

Naturalmente sostenere la tesi che si diano due morali diverse, a seconda del sesso di appartenenza, è una tesi molto forte: possiamo pensare a quando, dalle morali di tipo universale, che tendono a presupporre astratti soggetti morali, ciascuno dotato di uguali diritti, come nell’utilitarismo o nel kantianesimo, si passò a morali più attente alla concretezza del singolo individuo, come quella di Fichte o il personalismo.

Note

[1] Cfr. Caterina Botti, “Il pensiero femminista e la riflessione filosofica sulla morale”, Rivista di Filosofia 1\2011,  il Mulino


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