Temi e protagonisti della filosofia

I caratteri delle regole

I caratteri delle regole

Mar 22

[ad#Ret Big]

In questo articolo vorrei brevemente analizzare le regole e la loro costituzione. Una chiarificazione in tal senso non è richiesta solo dalla filosofia morale o da quella del diritto, giacché pressoché qualsiasi azione umana, dalla più banale della vita quotidiana fino alla più sofisticata strategia geopolitica, è permeata da regole.

Le regole possono essere, fondamentalmente, di due tipi: descrittive e prescrittive. Le prime descrivono uno stato di cose del mondo. “D’inverno fa più freddo che d’estate”, “A parità di ogni altra condizione, la resistenza R di un conduttore è direttamente proporzionale alla sua lunghezza e inversamente proporzionale alla sua sezione”, “Andrea viene sempre qui a fare la spesa”, sono tutti enunciati che descrivono regolarità presenti nel mondo, ed è irrilevante, ai fini della nostra analisi, se essi derivino da generalizzazioni empiriche o da deduzioni matematiche.

Gli enunciati prescrittivi, di contro, non intendono descrivere uno stato di cose, ma vengono istituiti per esercitare una pressione normativa affinché un certo stato di cose sussista.Non si deve uccidere”,  “E’ vietato parcheggiare dalle 17:00 alle 19:00” o “Rimetti a posto la tua cameretta” sono degli esempi di regole prescrittive. E’ una questione discussa (che qui non tratteremo) quanta parte del diritto sia coperto dalle regole prescrittive. Quel che è certo e che esse dominano tutta la nostra vita quotidiana, dal regolamento del nostro condominio fino alle più informali convenzioni sociali.

Una distinzione, molto cara ai filosofi, è quella fra le regole inderogabili e quelle tecniche. Le prime esprimono una prescrizione che è dotata di valore intrinseco, le seconde una regola che va adottata al fine di raggiungere un qualche obbiettivo. L’imperativo categorico kantiano e i dieci comandamenti appartengono alla prima categoria, le istruzioni per accendere un macchinario e i consigli per scrivere un buon romanzo, alla seconda.

Al di là del dibattito più squisitamente filosofico sulla “purezza” delle regole inderogabili, ovvero se esse non siano in qualche modo riconducibili a una qualche forma ipotetica molto vasta (ad esempio “se vuoi agire moralmente, agisci in modo che tu possa volere che la massima delle tue azioni divenga universale”, oppure “se vuoi evitare la dannazione eterna, rispetta i dieci comandamenti”), quello che mi interessa evidenziare è come le regole inderogabili esercitino di per sé una pressione normativa, per il semplice fatto di essere delle regole, a differenza delle regole tecniche (se io so che, per motivazioni particolari, un certo macchinario vada acceso in una maniera diversa da quella che solitamente prescrive la prassi, non ricevo alcuna pressione normativa dal fatto che ci sia una regola che chiede di eseguire una diversa procedura).

Nelle regole, sussistono tre grossi “modali”: l’obbligo, il divieto e il permesso (anche se non è chiaro se quest’ultimo eserciti una pressione normativa (1) ). La “logica delle regole” non è binaria, giacché l’assenza di divieto costituisce non un obbligo ma un permesso, naturalmente.

Per quanto concerne queste categorie, quello che mi preme osservare è che “obbligo” e “divieto” vanno visti come i due poli estremi di un continuum. Se e quanto un soggetto percepisca un divieto come tale dipende, nei fatti, dai premi e dalle sanzioni ad esso connessi, e dal rapporto che egli ha con quel tipo di leggi. Se per esempio io alla mancata osservazione di una stessa prescrizione legassi tre sanzioni diverse I) una sgridata II) 200 euro di multa III) la pena di morte, è chiaro che il soggetto percepirebbe l’obbligo connesso a quella data prescrizione.

Note:

(1) Che il semplice permesso fornisca una pressione normativa, potrebbe sembrare un’affermazione contraddittoria. Ma si pensi ad esempio a un’azione (né immorale né impegnativa) per la quale venga offerto come premio per l’esecuzione un milione di euro.


Ti è piaciuto il post? Dona a Filosofia Blog!

Cliccando sul pulsante qui sotto puoi donare a Filosofia Blog una piccola cifra, anche solo 2 euro, pagando in modo sicuro e senza commissioni. Così facendo contribuirai a mantenere i costi vivi di Filosofia Blog. Il servizio di donazioni si appoggia sul circuito il più diffuso e sicuro metodo di pagamento online, usato da più di 150 milioni di persone. Per poter effettuare la donazione non è necessario avere un account Paypal, basta avere una qualsiasi carta di credito o Postepay. Grazie!

3 comments

  1. Davide Quattrocchi

    Caro Giole,

    ho notato che vorresti soprassedere sulla natura ipotetica o meno delle regole inderogabili, ma credo sia necessario precisare che la tua affermazione secondo cui:

    le regole inderogabili esercitino di per sé una pressione normativa, per il semplice fatto di essere delle regole

    è valida solo se si suppone che tali regole non siano di natura ipotetica.

    Questa è la prima pignoleria.

    La seconda riguarda la differenza tra regole descrittive e prescrittive. Mi suona strano chiamare ‘regola’ una proposizione come: “D’inverno fa più freddo che d’estate”. Sicuramente l’enunciato descrive una regolarità della natura, ma un’implicazione dell’uso del termine ‘regola’ è che essa possa essere seguita, disattesa, etc. Invece solo in un senso molto figurato l’inverno (quest’inverno, per esempio) ‘segue’ la regola di essere più freddo dell’estate, etc. Forse è una precisazione inessanziale, ma non so se chiamerei ‘regole’ le generalizzazioni empiriche.

    Sono, invece, sicuro che le deduzioni matematiche non sono pacificamente delle regole ‘descrittive’. Lo sono solo per un platonismo matematico estremo. Altrimenti le metterei tra le regole prescrittive.

    Ad ogni modo, a parte le pignolerie: un gran bel post!
    Grazie,
    Davide.

  2. Gio

    Caro Davide,

    Anzitutto, lasciami dire che le tue non mi paiono affatto “pignolerie”, ma osservazioni assolutamente fondate.

    Sul carattere delle regole, è come dici tu, se interpreto correttamente la tua osservazione. Non è necessario che il legislatore abbia deliberato una norma unicamente per il suo valore intrinseco, perché sia intrinseca. Ma, in qualche maniera, deve venire letta come dotata di valore intrinseco dall’agente (si potrebbe citare il “trinceramento” di Schauer, ad esempio).

    Devo confessare invece di non trovare, personalmente, problematico, inserire le generalizzazioni empiriche. Nella mia visione, nelle categorie empiriche rientrano i concetti empirici, siano “leopardo” o “automobile” (questa senza entrare nel dibattito nominalismo\ realismo: esistano o meno categorie ultime, nei fatti la maggior parte delle categorie che usiamo mutano e sono provvisorie)

    Infine, credo di essermi spiegato male distinguendo le “deduzioni matematiche” dalle generalizzazioni empiriche. Non intendevo tanto entrare sullo statuto delle proposizioni matematiche (non sapendo io molto di filosofia della matematica). Volevo iniziare a introdurre una distinzione, che vorrei sviluppare meglio in futuri post, fra regole descrittive come generalizzazioni, con valore probabilistico, e regole descrittive come universalizzazioni, con valore di certezza.

    Un caro saluto e… alla prossima!

    ciao,

    Gioele

  3. Davide Puricelli

    Caro Gioele,

    ti faccio i complimenti per l’articolo.
    Concordo solo parzialmente quando affermi che sia una regola “D’inverno fa più freddo che d’estate”, per il semplice fatto che il termine “regola” descriva più uno stato di cose obbligato che una tendenza statistica.
    Mi trovo d’accordo, viceversa (pur in mancanza di competenza matematica), quando sostieni che fra le regole descrittive figurino anche quelle fisiche: giustamente esemplifichi “A parità di ogni altra condizione, la resistenza R di un conduttore è direttamente proporzionale alla sua lunghezza e inversamente proporzionale alla sua sezione”, “Andrea viene sempre qui a fare la spesa”.
    Questo perchè, a mio parere, recando la regola -creata a sua volta da un agente- una certa obbligatorietà, impone essa stessa uno stato di cose da realizzare.
    Questo in fisica non si verifica: non è un agente a stabilire il criterio in base al quale un fenomeno va svolgendosi nel mondo, il fenomeno si fa da sè; il soggetto può prendere solo atto di ciò che obbligatoriamente è, studiarne le caratteristiche e svelare la “regola” in base alla quale esso avviene e diviene.
    Ho utilizzato sia per regole descrittive che per le regole prescrittive l’appellativo di “regola”, tuttavia, a mio parere, il concetto cui rimandano R.P. ed R.D. è sostanzialmente differente.

    Banalizzando (e scusandomi per la “lungaggine”):
    Da una parte è l’uomo a imporre ad altri un comportamento da tenere (RP), dall’altra non può essere l’uomo a imporre alla natura in base a quale principio divenire (RD).

    Sperando di essere stato chiaro, vi saluto e vi ringrazio

    Davide

Leave a Reply to Davide Puricelli