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Filosofia della sessualità. Intervista a Vera Tripodi (3)

Filosofia della sessualità. Intervista a Vera Tripodi (3)

Mar 12

Articolo precedente: Filosofia della sessualità. Intervista a Vera Tripodi (2)

 

Nell’ultimo capitolo, dedicato allo studio della pornografia, si presenta un’interessante impostazione: applicare ai film pornografici la teoria degli atti linguistici di Austin*. In quest’ottica, tali film conterrebbero una serie di atti illocutivi volti a rimarcare l’inferiorità della donna e la sua oggettificazione. Ritieni valido questo approccio? Secondo te vi è il rischio di un’arbitrarietà nel riconoscere un certo tipo di atti illocutivi, magari anche a produzioni che, seppur con contenuti sessualmente espliciti, hanno finalità artistiche o di denuncia sociale?

Di recente, è stata avanzata la proposta di esaminare la pornografia alla luce della teoria degli atti linguistici (Langton, 1993). Questa proposta mira a difendere l’idea che la pornografia sia un fatto pubblico e non privato, sia la subordinazione della donna e la negazione del suo diritto alla libertà di espressione [MacKinnon, 1987]. Più precisamente, secondo questa lettura, la pornografia è un atto illocutorio di subordinazione che ha come scopo ridurre al silenzio le donne e come effetto perlocutivo alimentare atteggiamenti misogini, oggettivazione e sfruttamento femminile. Vale a dire, chi consuma o produce materiale pornografico conferisce uno stato d’inferiorità alle donne, è di norma più tollerante verso la violenza contro le donne o lo stupro, ed è portato a pensare che alle donne piaccia il sesso violento. Personalmente credo che questa proposta sia troppo radicale. Non credo sia corretto affermare che in tutti i casi chi produce o guarda un film pornografico vuole discriminare le donne e negare loro il diritto a esprimersi liberamente. Come da te osservato, alcune produzioni pornografiche potrebbero avere altre finalità (artistiche o di denuncia sociale per esempio) o – come altri affermano ¬– alcuni registi o produttori potrebbero dedicarsi al cinema hard semplicemente per arricchirsi e non per lo scopo di mettere a tacere le donne. Inoltre tra i consumatoti di materiale pornografico il numero delle donne è in aumento. C’è chi sostiene poi che la pornografia abbia giocato anche un ruolo importante nella emancipazione e rivoluzione sessuale femminile. Pertanto, sembra più corretto dire che alcune (o forse la maggior parte delle, ma non tutte) le rappresentazioni pornografiche siano atti illocutori di subordinazione e di riduzione al silenzio delle donne.

Ora, non c’è dubbio che un certo tipo di pornografia (specie quella più diffusa e rivolta ad un pubblico eterosessuale) sia dannosa: è strumento di oggettificazione sessuale e riduce il corpo della donna a feticcio da guardare e usare. È altresì vero che molte donne sono vittime di oggettificazione sessuale anche quando acconsentono a essere usate (o pagate) per soddisfare certe fantasie sessuali e che spesso fanno proprio un modello stereotipato di sessualità maschilista. Inoltre, molte attrici di film hard denunciano di essere sfruttate o sottoposte a violenze durante le riprese dei film e per molti uomini la propria educazione sessuale passa ancora attraverso la fruizione di film pornografici che offrono una visione stereotipata della donna e del piacere femminile. Tuttavia, a mio avviso, questo non vuol dire che tutta la produzione pornografica debba essere necessariamente considerata come lesiva della dignità della donna. In molti paesi del nord Europa, per contrastare gli aspetti nocivi di un certo tipo di pornografia, si è pensato di offrire modelli pornografici diversi. Piuttosto che censurare, si alimenta la diffusione di film hard prodotti e girati da donne in cui l’attenzione è posta anche sul piacere femminile e non più solo su quello maschile. Personalmente, sono contraria alla censura e l’esperimento che si sta tentando in alcuni paesi europei mi sembra il miglior modo per ostacolare la diffusa omologazione alla sessualità maschilista. Inoltre, la censura pone molte questioni non facili da risolvere: come stabilire che cosa è di fatto pornografico e lesivo della dignità delle donne e cosa non lo è? Molte pubblicità televisive o manifesti pubblicitari che tappezzano le nostre città, il cui contenuto non è sessualmente esplicito, non sono meno offensive della dignità della donna!

 

* Ricordo che la teoria degli atti linguistici distingue fra la funzione prettamente denotativa del linguaggio, e quelle esortative ed imperative (ad esempio la richiesta: “chiudi la porta”). In sintesi, il discorso di Austin è che il linguaggio non serve solo a descrivere stati di cose, ma anche a tentare di modificare il comportamento altrui (i così detti: “atti illocutivi”) e, più in generale, a compiere azioni linguistiche.

 

Bibliografia

FAUSTO-STERLING A.  (1993). The Five Sexes: Why Male and Female Are not Enough, «The Sciences», 33, pp. 20-4; The Five Sexes: Revisited, «The Sciences» July/August, 2000, pp. 18-23.

LANGTON R. (1993). Speech Acts and Unspeakable Acts, in “Philosophy and Public Affairs”, 22 (4), pp. 293-330.

MACKINNON C. (1987). Pornography Left and Right, in M. Nussbaum (ed.), Sex, Preference, and Family: Essays on Law and Nature, Oxford University Press, Oxford, pp. 102-25.


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