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METAFISICA, LIBRO IV, capitolo 2: l’ente e i suoi contrari

METAFISICA, LIBRO IV, capitolo 2: l’ente e i suoi contrari

Ott 01

Riprendiamo il libro Gamma della Metafisica di Aristotele da dove eravamo arrivati nei post precedenti. Vi è unica scienza che studia l’essere e l’uno ma anche i contrari e gli opposti dell’ente, Aristotele scrive:

E poiché è compito di un’unica <scienza> studiare gli opposti, e il molteplice si oppone all’uno, ed è compito di un’unica <scienza> studiare la negazione e la privazione per il fatto che in entrambi i sensi viene studiata l’unica cosa cui attengono la negazione e la privazione (infatti, o semplicemente diciamo che quella cosa non sussiste, o che non appartiene a quel genere. Sebbene, all’uno si aggiunge la differenza oltre a ciò che è nella negazione. Infatti la negazione è assenza della cosa, mentre nella privazione si ha anche una certa natura fungente da sostrato della quale la privazione è detta), ne consegue che è compito della scienza summenzionata [la filosofia] rendere noti anche gli opposti delle predette <determinazioni>, ossia il diverso, il dissimile, il disuguale e tutte quelle <determinazioni> che si dicono secondo queste, o secondo il molteplice e l’uno. E di esse fa parte anche la contrarietà, giacché la contrarietà è una specie di differenza, e la differenza è una diversità.
Di conseguenza, poiché l’uno si dice in molti sensi, anche queste <determinazioni> si diranno in molti sensi, e tuttavia è compito di un’unica <scienza> renderle note tutte.

La materia è più complessa di quanto sembri, riassumendo alcuni punti chiave: l’Essere e l’Uno sono concetti coestensivi ma non hanno la stessa nozione; l’Ente si dice in molti modi, innanzitutto secondo le categorie che sono dieci, quindi anche l’Uno assumerà una declinazione secondo le dieci categorie; di ogni modo dell’Essere vi sarà anche la sua mancanza e il suo opposto secondo una gradualità. Il fatto che da un concetto derivi anche il suo opposto è un concetto antico, che viene dai Presocratici, poi anche Platonico: “non si cerca ciò che non si conosce” e così la mancanza di qualcosa deriva dalla conoscenza del qualcosa che manca. Sembra banale o anche assurdo forse, da una parte è ovvio che non si cerca intenzionalmente qualcosa se non si sa che cosa sia, dall’altra quando abbiamo un problema che non sembra avere soluzione ci troviamo a ricercare qualcosa che al momento non conosciamo. Mi azzarderei a dire che questo possa sembrare poco un problema  nella mente di un greco antico poiché non esiste un problema senza soluzione nella nostra esperienza, infatti nel tempo o tutte le situazioni rimangono invariate o invariabilmente vengono portate alla loro fine; e quindi (sempre per un greco antico) tutti e quattro gli elementi tornano e rifluire fra loro. Ciò che ci viene a mancare sembra piuttosto un modo per mettere in atto i nostri voleri, cosa che comunque non andrebbe a turbare l’equilibrio del cosmo. Di fatto quindi in una prospettiva filosofica ed impersonale, facendo scienza dell’universale e non del transitorio particolare come vuole Aristotele, appare quasi scontato che il concetto di un principio contenga in sé il concetto del suo opposto, anche perché in senso universale tutto deve essere determinato e finito. Aristotele inoltre ha scritto un trattato sui contrari chiamato appunto Raccolte dei contrari, opera però andata perduta.

Seguendo il commento (non scorrevolissimo) di Zanatta su questo punto intricato di Aristotele diciamo che le prime tre categorie, secondo importanza, nelle quali si determina in primo luogo l’Essere sono: la Sostanza, la Quantità, la Qualità; mentre i relativi significati dell’Uno secondo queste categorie sono rispettivamente l’Identico, l’Uguale, il Simile. Per i motivi suddetti la filosofia deve studiare queste affermazioni positive più:

1) i Contrari dell’Uno, cioè il molteplice, essi sono rispettivamente secondo prime tre categorie: il Diverso, il Dissimile, il Disuguale. Per ora diciamo che i contrari sono la privazione della forma delle rispettive proprietà positive dell’Uno. La privazione, secondo Aristotele, consiste nell’assumere che una qualità esiste ma che non appartiene ad un certo determinato genere di cose; in altri termini la privazione presuppone che vi sia un sostrato, un soggetto, a cui manca una determinata proprietà di cui è per l’appunto privato.

2) le Negazioni o contraddittori dell’Uno cioè il non Uno. La negazione è una privazione assoluta o impropria secondo Aristotele, essa è la completa soppressione della qualità positiva.

Per un’integrazione val la pena riportare il quadrato logico aristotelico:

Ricordiamo che le vocali ai vertici del quadrato stanno a significare quattro tipologie di enunciati. Inoltre ogni enunciato che rientra nel quadrato deve essere considerato o come vero o come falso.

A: enunciato universale affermativo —> tutti gli S sono P; es.: tutti gli uomini sono mortali

E: enunciato universale negativo —> nessun S è P; es.: nessun uomo è mortale

I: enunciato particolare affermativo —> qualche S è P; es.: qualche uomo è mortale

O: enunciato particolare negativo —> qualche S non è P; es.: qualche uomo non è mortale

 

Gli enunciati contraddittori non possono essere entrambi veri o falsi.

Gli enunciati contrari non possono essere entrambi veri, ma possono essere entrambi falsi.

Gli enunciati subcontrari possono essere entrambi falsi, ma non entrambi veri.

Gli enunciati subalterni sono entrambi veri o entrambi falsi e uno è implicato dall’altro.

 


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