METAFISICA LIBRO B, PRESENTAZIONE DELLA SESTA APORIA
METAFISICA LIBRO B, PRESENTAZIONE DELLA SESTA APORIA
Giu 07La sesta e la settima aporia del libro B approfondiscono ulteriormente un tema cardine della dottrina Aristotelica. La sesta aporia espone un dilemma, o meglio una tesi di contro ad una antitesi. Il problema è se si debbano considerare come principi i “generi” o piuttosto i “componenti primi immanenti” di cui consta la cosa, questi componenti primi sia in senso prettamente materiale ma anche in senso di determinazioni formali semplici.
Ad un filosofo un po’ smaliziato, come sarete certo voi lettori, apparirà subito evidente che Aristotele propone il secondo corno del dilemma quasi palesemente come uno specchietto per le allodole, benché possa essere apparentemente ben abbinato col pragmatismo dello stagirita. Ma non può bellamente ignorare l’antitesi solo per manifesta antipatia, piuttosto l’antitesi è qui per essere argomentativamente distrutta e di contro fondare la tesi. Gli sforzi riduzionisti dei naturalisti criticati da Aristotele (coloro che mettono come principio una o più cause meramente materiali, criticati nel primo libro A della Metafisica) mostrano quanto sia difficile un approccio scientifico basato solamente su una nozione di materia. Precedentemente Aristotele aveva infatti affermato l’impossibilità di considerare un solo tipo di causalità ignorando completamente gli altri tre (ricordo le quattro cause individuate da Aristotele: formale, materiale, motrice, finale).
Aristotele propone come al solito degli esempi. Per primo uno difficile: dovremmo considerare come principio della voce, intesa come dialogo, parola sensata, i suoi elementi semplici cioè i suoni delle vocali e delle consonanti o forse non piuttosto il genere voce come accomunante tutte le parole sensate.
Poi un esempio più difficile: dovremmo considerare come principi delle dimostrazioni geometriche quelle proposizioni comuni, elementi semplici, che ritroviamo in molte dimostrazioni? Ma la risposta esplicitata solo più avanti è che gli elementi semplici delle dimostrazioni geometriche altro non sono che generi, infatti nozioni come linea, retta, punto, triangolo, sono definizioni e le definizioni sono date per genere prossimo e differenza specifica secondo Aristotele, inoltre le definizioni sono l’essenza della cosa: uno dei modi della sostanza, causa formale. Quindi chi afferma che i componenti semplici della geometria sono i principi della geometria, già afferma che tali sono i generi intesi come definizioni.
Infine un esempio semplice: ci sono coloro i quali affermano che i componenti semplici delle cose sono materie semplici (i naturalisti) per Empedocle per esempio il principio di ogni materia sono il fuoco, l’aria, la terra e l’acqua. Il problema è che anche in questo caso, secondo Aristotele, si propongono principi materiali che invece sono già dei generi.
Aristotele poi pone quella che credo essere una grande precisazione dicendo che quando si conoscono le parti di cui è costituito un letto e come queste si compongono allora si conosce la natura di ciò che è un “letto”. Infatti qui Aristotele ci sta dicendo che questo è un discorso più gnoseologico (cosa conosciamo), che si scosta per molti versi dal libro A dove a questione erano piuttosto aspetti ontologici della realtà (cosa esiste). Certo si potrà dire che per Aristotele, una corretta conoscenza è anche una corretta ontologia, ma questo tema riguarda più ampiamente la Metafisica tutta e probabilmente lui non avrebbe fatto questa mia distinzione, che tuttavia per noi può essere utile a capire.
Aristotele quindi puntualizza che se noi conosciamo tramite le definizioni e queste sono date attraverso i generi, quindi i generi sono principi della nostra conoscenza. La nostra conoscenza è conoscenza della realtà e quindi i generi sono i principi delle cose.
Se questo concludesse ogni questione ne saremmo tutti ben soddisfatti e forse più annoiati. Infatti bisognerebbe specificare molto sulla natura di come è intese un “genere” per Aristotele, poiché questi sembrano essere sia determinati che finiti. Però non specificando la questione fuori dal presente passaggio testuale di Aristotele otteniamo una grande vittoria, salvando una comprensione determinata ed accessibile, scevra dai problemi di un certo Platonismo e da quelli di un certo materialismo. La sostanza rimane una cioè l’ “Essere”, che “si dice in molti modi”, mentre i generi appartengono e sono insiti nella sostanza, senza divenire una materia meramente fisica: unilaterale ed ontologicamente inerte ed opaca. Infatti dire che tutto consta di “fuoco” ha meno spessore conoscitivo dell’utilizzare una definizione per genere prossimo e differenza specifica, da cui emerge l’essenza, la forma, della cosa. Inoltre ciò permetterà ad Aristotele di definire anche “sostanze sovrasensibili” non composte di materia.
Nella settima aporia Aristotele vaglierà la possibilità di una assiologia (scala di importanza) fra i vari generi.