Temi e protagonisti della filosofia

METAFISICA LIBRO B, PRESENTAZIONE DELLA QUARTA E QUINTA APORIA

METAFISICA LIBRO B, PRESENTAZIONE DELLA QUARTA E QUINTA APORIA

Mag 28

 

La quarta aporia è breve nella sua presentazione ma concerne una vasta parte della fondazione della teoresi aristotelica che verrà ripresa in modo esteso più avanti nella Metafisica. Questa aporia s’interroga se oggetto della speculazione filosofica siano solo le sostanze o anche i loro accidenti. Aristotele scrive:

Ché se fosse compito della medesima <scienza>, allora anche quella della sostanza sarebbe dimostrativa:ma non sembra che del che cos’è vi sia dimostrazione. Se invece è compito di una scienza diversa, allora quale sarà quella che studia gli accidenti che concernono tale sostanza?

E aggiunge anche:

Esplicare questo è difficilissimo.

Tanto basta per sottolineare la centralità del tema. La questione verte intorno all’impossibilità di dimostrare la “definizione” intesa come essenza della cosa, qui in uno dei significati di sostanza. Se anche l’essenza fosse dimostrabile non sarebbe più tale, poiché avrebbe la sua causa in altro, in qualcosa di più originario ed essenziale. Così facendo però finiremmo col non trovare un’essenza in alcun modo, avendone svuotato il significato e ogni cosa presa in esame finirebbe con l’avere la sua causa in qualcosa d’altro e così via all’infinito, nell’impossibilità non tanto di conoscere alcun oggetto (perché la conoscenza può benissimo essere parziale e confusa) ma nell’impossibilità soprattutto di poter costituire qualsivoglia tipo di scienza. Infatti ogni scienza parte da assiomi indimostrabili e su questi poi costruisce dimostrazioni. È sempre vero che il numero di assiomi di ogni scienza deve essere il minore possibile, ma questi ci saranno comunque in qualche misura. Lo svuotare di significato l’essenza farebbe recedere in nessun dove la pertinenza della sostanza, costringendo l’essere a mostrarsi come una accozzaglia di accidenti inessenziali dove non esiste niente prima gnoseologicamente e poi ontologicamente.

Si potrebbe obiettare a questo pragmatismo di Aristotele sostenendo che l’Essere (l’Essente, il tutto, tautologia di: “ciò che esiste”) effettivamente esiste ma la sua realtà ontologica non è conoscibile e quello che noi possiamo apprezzare è propriamente uno stuolo di accidenti irrelati. Aristotele però potrebbe controbattere che garantire un paradigma gnoseologico in cui fondare matematica e geometria ha comunque prodotto grandissimi risultati nella tecnologia umana, così anche per la medicina, la biologia, la chimica, tutte scienze che studiano sostanze e che partono da assiomi; progressi questi tutt’altro che trascurabili. Comunque questo è un tema che verrà ripreso in mano e sicuramente uno dei più interessanti della storia della filosofia.

Passiamo quindi alla quinta aporia, la quale potrebbe essere espressa in breve, essa infatti sembrerebbe una ripetuta aperta critica nei confronti del Platonismo. La quinta aporia ci pone infatti davanti al bivio che prospetta alla filosofia studiare solamente le sostanze sensibili o anche quelle sovrasensibili.

Aristotele riporta alcune obiezioni al platonismo, da noi già trattate nei post precedenti. La prima obiezione dice che sarebbe assurdo pensare che accanto alle cose sensibili dovessero esistere delle realtà celesti che differissero solamente per l’essere corruttibili le prime ed eterne le seconde. Ciò non aiuterebbe in alcun modo la comprensione dell’essere e piuttosto verrebbe a generare ulteriori contraddizioni, nello specifica tutte quelle già viste nel libro Alfa grande contro il Platonismo.

Inoltre una maggiore difficoltà si avrebbe nel concepire enti intermedi fra il mondo sensibile e quello sovrasensibile. Ciò duplicherebbe inutilmente ogni scienza, vi sarebbe infatti una medicina sensibile ed una medicina delle sostanze sovrasensibili oltre che una scienza medica intermedia fra queste, così anche una geometria delle sostanza sensibili (che Aristotele chiama “geodesia”) e una di quelle sovrasensibili e quindi anche una geometria intermedia. Inoltre non vi sarebbe coerenza fra il cielo sovrasensibile e quindi immobile e il cielo sensibile in movimento, infatti le Idee sembrano essere immutabili nel Platonismo, mentre sono mutevoli gli oggetti sensibili.

Infine l’ultima obiezione è questa: se invece si volesse sostenere che le realtà sensibili hanno in sé fuse le realtà sovrasensibili si ingenererebbero molte altre “assurdità”, scrive Aristotele. Considerando come vera quest’ultima opzione non si capisce come due cose esattamente sovrapposte siano la stesse e comunque diverse. Infatti non stiamo parlando di un oggetto alla stregua di una lega metallica come l’acciaio in cui sono fusi assieme ferro e carbonio, perché di una lega vi è una spiegazione fisico chimica e i suoi componenti appartengono ad un medesimo dominio di oggetti entrambi sensibili. Si tratterebbe piuttosto di due solidi che occupano lo stesso spazio ma che non sono entrambi sensibili. Il problema qui non è tanto indagare la possibilità del compenetrarsi di enti sensibili ed enti sovrasensibili, dilemma storico di notevole profondità. Ma piuttosto trovare una descrizione possibile che vada oltre la mera possibilità e che ci dica qualcosa di gnoseologico su questi enti sovrasensibili che compenetrano quelli sensibili. E detto ciò è assurdo pensare che un ente sovrasensibile immobile ed eterno compenetri un ente sensibile in ogni sua fibra nel tempo e nello spazio perché l’ente sensibile è costantemente mutevole e non è eterno.


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