METAFISICA, LIBRO B, APORIE 13-14-15
METAFISICA, LIBRO B, APORIE 13-14-15
Ago 15Le ultime tre aporie che chiudono il libro B sono concise nel testo in misura almeno inversamente proporzionale a quanti concetti trattino, essendo una specie di sintetico tirare le fila rispetto ad alcuni concetti.
La tredicesima aporia pone la questione se oltre agli enti sensibili e agli enti intermedi si debbano considerare motivo d’indagine della filosofia anche le Idee. La risposta dovrebbe essere scontata perché buona parte della Metafisica che abbiamo analizzato dall’inizio sino ad ora si è sviluppata come una critica del Platonismo. Il testo di questa aporia potrebbe presentare qualche problema, sembrerebbe per lo più una ripresa di argomenti già esposti, infatti nella sua brevità presuppone concetti fatti saldi nelle precedenti aporie. Facciamo qualche passo indietro per puntualizzare: per i Pitagorici vi è una sostanziale equivalenza fra gli enti sensibili e i numeri, con altre parole vi è una mirabile armonia di “numeri” i quali formano ogni cosa, o ancora meglio e come vorrebbe la fisica moderna, con un po’ d’interpretazione, potremmo dire che per i Pitagorici i corpi sono delle quantità misurabili. Per i Platonici invece vi sono i Numeri Ideali, prima, e tutte le altre Idee, successivamente, che derivano dal principio materiale della Diade di Grande e Piccolo e dal principio formale dell’ Uno. Vi sono poi degli enti intermedi quali la Linea, la Superficie (mentre il Punto no perché veniva considerato un problema di definizione teorica) e fra essi anche in qualche modo i solidi geometrici. Enti intermedi sarebbero anche i numeri matematici, diversi dalle Idee Numeri. I numeri matematici considerati come enti intermedi hanno in comune con le Idee il fatto di essere eterni ed immobili; mentre si differenziano per il fatto che le Idee sono singolari, uniche e determinate mentre i numeri matematici no. Questo significa ad esempio che l’Idea Numero del “7” è pura, non scomponibile, non sommabile o sottraibile, né in qualche altro modo modificabile; mentre il “7” come ente matematico può derivare dalla somma di “4” più “3” o da qualsiasi altra operazione. Per questo i numeri matematici sono, per la rilevazione aristotelica del Platonismo, “molti e simili” cioè una molteplicità indistinta. Questo per quanto riguarda gli enti intermedi.
Abbiamo visto nella dodicesima aporia che gli enti intermedi platonici non possono essere considerati come sostanze , quindi possiamo sostenere che ad essere sostanziali anche per gli enti intermedi siano le Idee. La tredicesima aporia s’incentra sulla considerazione che se esistono le Idee allora i principi verranno delimitati per numero. Al contrario se le Idee non vengono prese in considerazione allora i principi si considereranno secondo la specie, come già affermato nella nona aporia. L’argomento aristotelico sembra affermare che se abbiamo “un uomo” allora dovremo considerare che il suo principio sia l’Uno secondo la visione platonica (così tutte le cose che sono “uno” cioè “un uomo”,. “un cane”, “un tavolo”, “ecc.” avrebbero indistintamente come principio l’ “Uno”. Oppure possiamo affermare che “un uomo” abbia come principio la specie uomini e quindi abbracciare la teoria aristotelica della suddivisione in generi e specie e il loro essere “incorporati” negli individui (non esiste qualcosa che sia “il genere tavolo” se non negli esistenti individui che compongono la specie stessa, cioè i tavoli realmente esistenti).
Continuando a svolgere l’argomento, dobbiamo ammettere che se esistono le Idee anche i principi sono numericamente determinati, poiché le Idee Numeri sembrano essere le prime Idee che prendono tutte forma dall’Uno, da cui derivano prima i Numeri Intermedi (o enti matematici) e infine gli enti sensibili che assumo misura. I problemi di questa tesi sono già stati visti nelle precedenti aporie. Tre problemi principali di questa interpretazione sono: (1) Non sembra reggere l’impianto teorico che divide le Idee Numeri dai Numeri Matematici (appartenenti agli Enti Intermedi) e non si vede di quale aiuto gnoseologico sia questa distinzione. In realtà c’è anche da considerare che Aristotele è spesso conciso su queste cose perché la filosofia di Platone era probabilmente motivo di discussione giornaliera all’Accademia e quindi Aristotele non voleva dilungarsi e per esprimere un problema gli bastavano poche parole, tanto l’uditorio conosceva la questione; inoltre la Metafisica consta degli appunti di Aristotele per le lezioni, non è un testo divulgativo. Dall’altra parte Platone sembra fosse restio a esprimere compiutamente la sua filosofia, fosse anche per il suo amore per il metodo dialogico, preferendo porre all’interlocutore un problema ed educandolo attraverso il cammino mirato alla risoluzione dello stesso piuttosto che alla presentazione di una soluzione compiuta. Ne emerge per questi motivi un Platone “monco” che propugna una teoria scadente in vari punti, un Platone per lo meno diverso da quello dei Dialoghi. E non di meno ribadisco che quella di Aristotele è una delle migliori fonti del Platonismo; (2) Altro problema del considerare le Idee come oggetti coerenti da indagare è che essendo i numeri virtualmente infiniti, anche i principi secondo le Idee (e quindi le Idee Numeri) sarebbero virtualmente infiniti e abbiamo visto che non si possono conoscere oggetti infiniti, secondo Aristotele, poiché non si finirebbe mai virtualmente, per principio, di conoscerli; (3) Il terzo problema e il più evidente è l’omonimia, “un gatto”, “un tavolo”, “un uomo” finirebbero tutti per avere come principio l’Uno perdendo di fatto la loro determinazione specifica.
Aristotele quindi propende per la sua fisica qualitativa eliminando la necessità sia delle Idee che degli enti intermedi.
Nella quattordicesima aporia Aristotele sprona ad indagare se gli elementi (ma si legga pura “i principi”) siano “in potenza” o in qualche altro stato. Diciamo subito che, per Aristotele, gli stati delle cose possono essere due “in potenza” e “in atto“. Il concetto di energia potenziale rimane anche nella fisica moderna, un masso sopra un dirupo ha la possibilità di rotolare giù, così una massa d’acqua sopra un’altura ha la possibilità di scendere e alimentare una turbina per la produzione di energia elettrica, questi due sono casi di energia potenziale, cioè di una energia già immagazzinata e pronta all’utilizzo attivo allorché si cambi l’equilibrio del sistema. Aristotele puntualizza che la potenza precede l’atto e solo ciò che è possibile può (si badi non “deve”) passare dalla potenza all’atto, mentre ciò che è impossibile non può passare dalla potenza all’atto. Di fatto la possibilità, come la potenzialità è qualcosa che ancora non è, ad essere è l’atto: la sedia di legno su cui sono seduto è potenzialmente combustibile per un fuoco, ma finché permane in questo stato è attivamente una sedia e non è combustibile o gas o braci. Visto che il mondo “è” o con Parmenide “l’essere è”, si evince che per Aristotele, gli “elementi” (i principi) sono in atto, quella che poi diverrà la “sostanza” Aristotelica, il fondamento, sarà per necessità attualità. Se l’essere o “il mondo” fosse solo in potenza allora potrebbe anche non passare all’atto visto che ciò che è impossibile non passa mai all’atto, però il mondo è, quindi è in atto.
Nella quindicesima e ultima aporia è in questione se i principi siano universali o individuali. Se i principi sono individuali allora sono inconoscibili perché non si può mettere una fine al novero degli individui che popolano lo spazio e il tempo. I principi devono quindi essere universali e finiti (in numero finito).
Ma poniamo attenzioni al testo di Aristotele, per quanto riguarda la tesi che i principi siano individuali:
Ora, se sono universali, non saranno sostanze, giacché nessuna delle cose comuni [degli universali] significa un certo questo [un oggetto esistente specifico], ma un certo quale [un universale è una determinazione per genere e specie, qualitativa], e la sostanza è un certo questo. E se ciò che si predica in comune sarà un certo questo e lo si deve porre al di fuori <delle cose sensibili>, Socrate sarà molti animali: egli stesso, l’uomo e l’animale, se ciascuno significa un certo questo e un’unica cosa. Se dunque i principi sono universali, capitano queste cose.
Qui ad essere in questione è ancora la dottrina di Platone, se i principi devono essere sostanze allora devono essere degli universali sostanziati come le Idee; altrimenti si avrà l’assurda condizione in cui un singolo ente si ritroverà ad essere al contempo molteplici enti ed ognuno sarà sostanza se questa non rimarrà separata. Questa tesi però è già stata negata da Aristotele ripetutamente insieme a quello che lui considera tutto l’impianto del Platonismo.
Quindi per quanto riguarda la dimostrazione per assurdo tesa ad affermare che i principi siano degli universali (ma non trascendenti e sostanziali come le Idee platoniche):
Se invece non sono universali ma come gli individui, non saranno conoscibili scientificamente, giacché tutti gli oggetti della scienza sono universali. Di conseguenza vi saranno altri principi anteriori ai primi: quelli che si predicano universalmente, se dovrà esistere la scienza dei primi.
Molto importante del passo appena citato la considerazione riguardo la conoscenza scientifica come conoscenza degli universali che verrà ripreso ancora nella Metafisica e anche nell’Etica Nicomachea, come ricorda Zanatta.