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METAFISICA LIBRO B, PRESENTAZIONE DELL’UNDICESIMA APORIA

METAFISICA LIBRO B, PRESENTAZIONE DELL’UNDICESIMA APORIA

Lug 21

Nell’undicesima aporia Aristotele discute se l’Uno e l’Essere debbano venire considerati come sostanze oppure no. Vi sono per Aristotele sostenitori di entrambe le possibilità.

A sostenere la tesi che Essere e Uno siano entrambi sostanze troviamo Platone per cui Essere ed Uno sono principi delle Idee quindi sostanze al massimo grado. Assieme a Platone vi è anche Pitagora per cui Essere ed Uno sono sostanze distinte e quindi sostanze di per sé, questo perché l’Uno deve essere principio per tutti i numeri i quali hanno una esistenza fisica.
A sostegno dell’antitesi vi sono invece per Aristotele i filosofi Naturalisti i quali riportano l’uno a un principio più noto, sia questo l’amicizia di Empedocle, piuttosto che l’aria, il fuoco, l’acqua. In generale i Naturalisti, per Aristotele, sembrano affermare che l’Uno e l’Essere siano tanti quanti i principi, ne consegue che l’Uno in sé non esiste e non è più sostanza mentre l’Essere appartiene almeno in ugual grado ai principi naturali che si considerano come tali.

Viene analizzata da Aristotele quella che sopra è stata presentata come tesi e lo stagirita propone un argomento contro i Naturalisti che allo stesso tempo si rivela come una profonda e rinnovata critica a Platone. Sempre secondo il metodo della riduzione all’assurdo: se non esistessero l’Uno e l’Essere come sostanze, non esisterebbe nemmeno nulla di universale. Questo perché le Idee platoniche sono sostanziali rispetto agli individui che invece ne sono solamente le copie. Essere ed Uno sono principi delle Idee stesse (perché comuni a tutte le Idee) e quindi devono essere a loro volta sostanze a maggior ragione delle Idee. Infatti la sostanzialità deve essere del principio, se il principio non ha sostanza allora come potrebbe sopraggiungere la sostanza nei principiati? Se quindi neghiamo sostanzialità all’Essere e all’Uno allora neghiamo anche l’universalità delle Idee e l’esistenza degli universali di per sé. Questo perché le Idee platoniche sono congiuntamente sostanziali (rispetto agli individui che sono mere copie) e universali (sempre per il fatto di non essere gli individui ma origine dei molteplici individui), se neghiamo la loro sostanzialità, di fatto neghiamo la loro universalità allo stesso tempo.
Segue un argomento sempre a favore della tesi secondo l’Uno deve essere sostanza, questa volta viene considerata la dottrina di Pitagora. I pitagorici secondo Aristotele sostenevano che i numeri fossero aggregati di unità e che questi coincidessero con le cose, dove l’ “unità” è un volume minimo quindi dotato di posizione ed esistenza sensibile. Pitagorismo abbastanza manualistico potremmo obiettare, non meno interessante però l’argomento di Aristotele il quale scrive che se l’Uno non fosse sostanza allora l’Unità alla base di ogni cosa non sarebbe sostanza e quindi non vi sarebbe alcunché di sostanziale. L’Uno deve esistere separatamente in quanto deve predicarsi per se stesso, in altre parole l’Uno è sostanza di per sé poiché è l’Unità, fondamento per ogni ente. Ciò al contrario dei naturalisti che non predicano l’Uno per sé ma di qualcos’altro, cioè ad esempio che il Fuoco come principio è insieme anche Uno, ma non che l’Uno di per sé è principio del Fuoco.
Ci accorgiamo che questi due argomenti a favore della tesi sono già di per sé inefficaci in quanto sia la teoresi platonica che quella pitagorica sono state criticate in precedenza è ne è stata messa in luce, secondo Aristotele, la loro inaffidabilità. Tuttavia questa sembra una sagace mossa stilistica e anche argomentativa: il Platonismo e il Pitagorismo non hanno perso per me oggi la loro importanza e tantomeno è da ritenere che l’avessero perduta al tempo di Aristotele. Quindi supporre che Aristotele alle sue lezioni sostenesse una tesi appoggiandosi a questi due filoni di pensiero così illustri sembra quasi essere un pedaggio necessario; anche filosoficamente citare queste due posizioni sembra rientrare nel principio di carità che impone di considerare la tesi dell’avversario al meglio delle sue possibilità sviscerandola con l’intento di renderla più solida in modo che al momento di criticarla si possa dire di aver criticato la tesi avversaria al suo massimo splendore e non una sua versione annacquata. Fatto sta che noi ben sappiamo adesso che questa tesi, dell’esistenza dell’Essere e dell’Uno come sostanze, non è sostenibile per Aristotele.

Analizziamo ora il primo argomento dell’antitesi. Se l’Essere e l’Uno esistono in sé vi sarà “una grande aporia” che porta alla domanda: come potranno essere gli enti diversi in numero maggiore di uno? Questo argomento si instaura sulla dottrina di Parmenide secondo cui niente vi è al di fuori dell’Essere son non il Non Essere o il Nulla. Inoltre, sempre secondo Parmenide sembra che l’Essere sia anche l’Uno, cioè che tutte le cose che esistono siano Uno nell’Essere che è il loro elemento comune. Se Essere e Uno sono sostanziali in sé allora non potrà esistere niente al di fuori dell’Uno cioè una qualche forma di molti o di altro rispetto all’Uno cioè un altro numero qualsiasi perché fuori dall’Uno sostanziale (che è anche l’Essere parmenideo) si ha solo il Nulla. Non potranno quindi esistere altri enti oltre all’Uno e all’Essere. La conclusione del tutto implicita ed evidente è che esistendo indubitabilmente i vari enti ed essendo questi molti, allora la dottrina di Parmenide non può stare in piedi, allora Essere e Uno non possono esistere come sostanze.

Altro argomento a favore dell’antitesi si poggia sulla quella che Aristotele rileva essere una grossolanità del pensiero di Zenone. Se l’Uno esistesse come sostanza e, secondo la lettura aristotelica di Zenone, esso venga considerato come indivisibile, allora non esisterebbe altro al di fuori dell’Uno. Con l’aiuto del commento di Zanatta portiamo l’attenzione sul fatto che se l’Uno fosse indivisibile, e quindi senza estensione, non si vede come da esso possano derivare i corpi visto che questi sono estesi. Questo è il nodo che poi precisa Aristotele, il punto inesteso non può formare la linea perché questa è estesa, cioè ha misura; la linea infatti per Aristotele è infinitamente divisibile in linee sempre più piccole e sempre estese, sempre teoricamente misurabili. La grossolanità del pensiero di Zenone si mostra nel concepire l’ente come un corpo. Aristotele scrive:

Infatti, ciò che, né aggiunto né tolto, rende maggiore o minore, questo egli [Zenone] sostiene che non fa parte degli enti, come se chiaramente l’essere fosse una grandezza. E se è una grandezza, è corporeo, giacchè una cosa che esiste in tutte le dimensioni è questo.

L’Uno indivisibile è quindi come un nulla che aggiunto o tolto ad un corpo non crea alcuna variazione, perché l’Uno inesteso non modifica l’estensione di un corpo. Quindi come da un Uno inesteso può derivare un corpo, cioè una grandezza, un molteplice? Ciò risulta evidentemente scorretto per lo stagirita.  Aristotele infine puntualizza che anche l’Uno in sé concepito come inesteso dovrebbe far aumentare un corpo non nella sua estensione ma nel suo numero. L’alternativa, implicita, sarebbe considerare un Uno esteso, con dimensioni proprie, cioè un corpo, un individuo fra gli altri e quindi non più un Uno.
A questo punto, come già in passato, Aristotele va ad analizzare una tesi ibrida, in cui si sostiene che il numero derivi dall’Uno in sé e da qualcos’altro non meglio specificato. Questo è un altro argomento contro i Platonici che consideravano l’Uno e la Diade Indefinita di Grande e Piccolo cause rispettivamente dell’unità e delle sue forme e del molteplice e delle sue forme. Aristotele scrive:

Infatti non è chiaro né come dall’Uno e dalla disuguaglianza, né come da qualche numero e dalla disuguaglianza possano derivare le grandezze.

Dall’Uno e dalla Disuguaglianza (specificazione delle Diade Indefinita) derivano, per i Platonici tanto i numeri (assiologicamente prima) quanto le grandezze geometriche (assiologicamente molto dopo i numeri matematici). Per Aristotele il problema è che non si capisce come dagli stessi principi nascano enti differenti, almeno bisognerebbe dare ragione di questo meccanismo.

 


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