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METAFISICA, LIBRO I, CAPITOLO 8: critica alle filosofie naturaliste

METAFISICA, LIBRO I, CAPITOLO 8: critica alle filosofie naturaliste

Dic 21

Rileggendo quanto scritto di Aristotele riguardo alla Metafisica mi sono accorto che non è stato pubblicato il capitolo 8 del libro primo, capitolo dedicato alla critica dei filosofi naturalisti (che vogliono rendere causa della natura, ossia della physis greca) da parte di Aristotele. Ora desidero correggere questo errore pubblicando il post relativo a tale capitolo. Per quanto riguarda la corretta consecuzione dei post vi rimando alla mappa di filosofiablog dove l’errore è stato corretto e ovviamente quando sarà pronto il quaderno relativo alla Metafisica di Aristotele l’ordine degli argomenti sarà corretto.

 

Parliamo oggi del capitolo 8 del libro Alfa della Metafisica di Aristotele, intitolato “Critica delle filosofie naturaliste”. Aristotele scrive in apertura del capitolo:

Ebbene, quanti pongono che il tutto è un’unica cosa e una qualche natura unica come materia, e che questa è corporea e dotata di grandezza, è chiaro che sbagliano in più modi.

Con naturalisti intanto Aristotele si riferisce a quei filosofi che posero come causa prima (arché in greco) elementi sensibili e quindi innanzitutto: a Talete che pose come origine l’acqua, ad Anassimene che pose come causa l’aria ed a Eraclito che pose come origine il fuoco (anche se il fuoco di Eraclito è più che altro un fuoco metaforico che oggi forse potremmo chiamare “energia”, inoltre di tutti costoro rimangono solo frammenti piuttosto che opere a testimonianza del loro pensiero). Abbiamo visto che di per sé questo è palesemente in contraddizione con la dottrina aristotelica poiché i principi causali devono essere declinati secondo al dottrina delle quattro cause (la quale prevede una causa materiale, una formale, una motrice e una finale); in secondo luogo sbagliano evidentemente poiché non considerano cause e sostanze sovrasensibili quali sono per Aristotele i motori immobili. Aristotele riassume gli errori che commetto i naturalisti: 1) non considerano un principio che sia causa degli enti incorporei; 2) non considerano la causa motrice; 3) non tengono conto nemmeno della causa formale; 4) hanno posto come principio tre dei quattro elementi (senza considerare la terra) non spiegando come uno derivi dall’altro, ossia, se vi è un elemento che è causa degli altri allora ci si chiede come da questo derivino gli altri tre e quale sia la ragione della gerarchia e perché uno di questi è precedente agli altri.

A superare questo primo scoglio sembra esserci Empedocle che pone come principio tutti e quattro gli elementi in ugual misura. Altre contraddizioni però nascono da questa posizione, prima fra tutte il fatto che porre una molteplicità di cause materiali comunque non soddisfa la dottrina delle quattro cause aristotelica. I problemi che questo tipo di approccio incontra sono elencati da Aristotele:

1) Gli elementi sembrano generarsi l’uno dall’altro e secondo Empedocle vi è un continuo mutamento di un elemento nell’altro a causa di spinte fondamentali universali che si possono semplificare coi nomi di “odio” ed “amore” e agiscono trasversalmente a tutto l’essere. Per Anassimene (a cui viene attribuita la proclamazione della causa come “aria”) da vari stadi di condensazione e rarefazione si originano tutti e quattro gli elementi: la forma di materia più dilatata è il fuoco che per condensazione dà origine all’aria, a sua volta per condensazione dell’aria nelle nuvole si forma l’acqua, per ulteriore condensazione dall’acqua nasce la terra. Empedocle considera tutti e quattro gli elementi con ugual peso piuttosto che preferirne uno e ne mutua da Anassimene la loro continua trasmutazione. Il problema del continuo mutamento dei quattro elementi è che essendo in continua mutazione e fondamentalmente mai essi stessi ma sempre differenti non possono adeguarsi alla definizione di principio che è ciò che non muta. Infatti qui non stiamo parlando di un principio inteso come una causa presa nel mezzo di una serie di cause e conseguenze susseguentisi ma del principio primo. Il principio primo deve rimanere uguale a se stesso, se il principio è in continuo divenire non è conoscibile per Aristotele poiché non corrisponde ad alcuna definizione.

2) In Empedocle, secondo Aristotele, non si capisce se “amore” e “odio” sono due cause distinte: una di una serie di enti e l’altra di tutt’altra serie, o se sono contrari e in fondo sono una specie di causa singola.

3) Aristotele aggiunge che l’Amore” e l’Odio” di Empedocle sono del tutto distinti dai Quattro Elementi e quindi la causa motrice (amore e odio) sarebbe del tutto distinta da quella materiale (i quattro elementi) il problema che nasce è che la causa formale di Empedocle si può ascrivere ad una coppia di contrari che sfociano l’uno nell’altro in modo instancabile senza che vi sia un sostrato a sostenere questo tipo di mutamento.  Sempre secondo la dottrina delle quattro cause di Aristotele non è possibile che il mutamento qualitativo come quello che avviene nel passaggio fra contrari e che di fatto è un mutamento formale, avvenga senza che sia presente una materia che funge da sostrato (causa materiale originaria e immutabile, cioè inerte). Se però i Quattro Elementi sono già in mutamento e sono in mutamento anche Amore e Odio allora non vi è una causa materiale  o non vi è una ragione del mutamento.

Aristotele passa poi a criticare Anassagora e la sua tesi che comprende due principi: (a) Mescolanza Originaria e (b) la Mente, le critiche portate sono le seguenti:

1) Se gli elementi esistono tutti come mescolati allora devono esistere previamente anche come semplici, altrimenti non si potrebbe conoscerli

2) Non ogni cosa è possibile che si mescoli con ogni altra cosa, in altri termini dovremmo altrimenti vedere una mescolanza informe e del tutto omogenea, senza increspature e forme definite.

3) Le qualità come affezioni o accidenti potrebbero essere separate dalla sostanza e quindi non si vede da dove derivino. Infatti per Aristotele gli accidenti sono tutto ciò che è insostanziale e non ha cioè una essenza se non in riferimento ad una sostanza, come ad esempio l’essere “bianco” di Socrate, il che è del tutto accidentale e non ha a che fare con l’esistenza del colore bianco.

Per Aristotele le idee di Anassagora possono essere in qualche modo assimilabili a quelle di Platone e dei Platonici assimilando la mente all’Uno e la mescolanza originaria alla Diade Indefinita di grande e piccolo o all’Illimitato.

Tra i naturalisti poi lo stagirita include anche i Pitagorici, i quali a suo dire hanno posto i medesimi principi a ragione degli enti sensibili e di quelli sovrasensibili. Anche da questo tipo di mossa argomentativa sorgono delle contraddizioni:

1) I Pitagorici assumono come causa i Numeri, i quali sono per loro natura immobili (anche inseriti nella serie numerica ad esempio l’Uno e il Sette rimangono sempre se stessi), più il Limite e l’Illimitato come base per l’armonia fra i numeri e quindi applicano questi principi sovrasensibili a tutto il mondo sensibile, e in questo i Pitagorici sono simili agli altri naturalisti (che Aristotele chiama fisiologi poiché vogliono spiegare al natura cioè la physis greca). L’errore però sta nel fatto che i Pitagorici vogliono trovare i numeri nelle armonie celesti e poi dire che l’essere, la natura, la physis è “tutto ciò che il cielo abbraccia” e quindi finiscono per immanentizzare i numeri o, altrimenti detto, per ipostatizzarli nelle cose (infatti sembra che per i Pitagorici le cose fossero esattamente i Numeri) negando di fatto l’esistenza del mondo sovrasensibile.

2) Applicare questi principi immobili (i numeri) dove limite e illimitato fungono da sostrato, non spiega come si origini il mutamento nel mondo sensibile rispetto alla sfera delle stelle fisse e divine.

3) I Pitagorici inoltre non danno ragione di come dai numeri, che sono di fatto al misura delle cose, derivino le proprietà fisiche delle cose come la pesantezza. Anche oggi potremmo dire di comprendere come l’accelerazione gravitazionale si possa esprimere con una formula ma da qui ad affermare che la formula matematica “è” l’accelerazione gravitazionale il salto è grande.

4) Infine non si spiega come dai numeri e dalle proprietà dei numeri nascano le differenze qualitative e le qualità degli oggetti, come ulteriore conseguenza della critica precedente.

 

 


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