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Aristotele,Metafisica, libro 5°, i significati di “quale”

Aristotele,Metafisica, libro 5°, i significati di “quale”

Dic 02

Oggi parliamo della “qualità” in Aristotele e dei significati che l’autore ne fornisce nel libro quinto della Metafisica.

Aristotele inizia dicendo che possono esserci quattro grandi significati per ciò che viene indicato come qualità. Rispetto a questi quattro gruppi, rispettivamente, il secondo può essere riportato al primo e il quarto al terzo, riducendo di fatto i significati di “qualità” a due grandi raggruppamenti. Di questi due raggruppamenti il primo è anche il significato principale di “qualità” e si riferisce alla differenza nell’essenza di una cosa, ossia alla differenza specifica.

Analizziamo però più in dettaglio i quattro significati:

1) “Quale in un senso è detta la differenza della sostanza […]”, scrive Aristotele. In questo caso l’autore si riferisce alla differenza specifica riguardo all’essenza di una cosa, declinazione tecnicamente propria della definizione che appunto determina la qualità di una cosa. Possiamo anche precisare, come ricorda Zanatta che ogni qualità, in quanto differenza, divide il genere ma non ogni qualità è di per questo una differenza specifica, ossia, non ogni qualità ha a che fare con l’essenza dell’oggetto. Zanatta fa l’esempio degli italiani, “abitanti in Italia” è una qualità che fa da differenza all’interno del genere uomo, ma l’abitare in Italia non tocca l’essenza dell’uomo, quindi l’essere italiani non costituisce una specie di uomo. Nonostante per certi versi questo esempio sia esplicativo, dobbiamo però osservare quanto possa essere anche fuorviare rispetto al fatto che “uomo” è propriamente, secondo Aristotele, specie infima, cioè un insieme generale secondo la forma essenziale entro il quale non si possono iscrivere altri sottogruppi ma solo individui i quali appartengono a quell’essenza e mostrano differenze inessenziali e non scientificamente discernibili.

2) Il secondo senso di “qualità” si riferisce ai numeri. I numeri sono enti immobili ed eterni in quanto non mutano, a mutare sono le cose e le loro relative misure e quindi il loro riferimento a differenti numeri secondo la misura. Ad essere qualità in questo caso sono però in primo luogo i numeri come essenza di per sé (ad esempio: il “sei”), sono essi essenza e forma ognuno preso singolarmente una sola volta (cioè non multipli, non quadrati o cubi e così via). Questo significato di essenza dei numeri come forma e differenza specifica è quindi riconducibile al primo.

3) Un secondo grande significato di “qualità” non riconducibile al primo riguarda la qualità intesa come un’affezione delle sostanze fisiche, cioè qualcosa che non è nulla di per sé ma solamente in riferimento ad una sostanza. Aristotele scrive: “affezioni delle sostanze che si muovono: per esempio la caldura e la freddezza, la bianchezza e la nerezza, la pesantezza e la leggerezza, e tutte quelle <affezioni> siffatte secondo le quali, quando mutano, i corpi sono detti anche alterarsi.”

4) Ultimo significato di qualità, riferibile però al precedente, riguarda la “virtù” e il “vizio”. Infatti virtù e vizio sono cambiamenti operati sulle cose “che si muovono” (cioè delle transeunti realtà fisiche) in vista di un fine che può essere o meno etico. In questo senso le cose patiscono un bene o un male, cioè sono affette da una di queste due ultime possibilità e in questo senso assumono una qualità.


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