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Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (4)

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (4)

Dic 09

 

Articolo precedente: Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (3)

 

4. L’Eraclito di Nietzsche

 

Fra gli uomini Eraclito era, come uomo, incredibile; e anche se lo si poteva vedere mentre prestava attenzione ai giuochi di chiassosi fanciulli, nel far ciò egli pensava senza dubbio a quello che mai altri uomini avevano generato in siffatte occasioni, ossia al giuoco del grande fanciullo Zeus. Non aveva bisogno degli uomini, neppure per le sue conoscenze; a lui non importava nulla di tutto ciò che si poteva domandare agli uomini, e che gli altri sapienti prima di lui si erano preoccupati di domandare. Egli parlava con disprezzo di questi uomini che interrogano e raccolgono, in breve degli uomini “storici”. [11]

Eraclito non costituisce un filosofo pre-socratico qualsiasi per Nietzsche: egli rappresenta l’immagine del pensatore aristocratico. La filosofia di Eraclito, secondo Nietzsche, comincia con due negazioni: Eraclito nega che vi sia un qualsiasi piano della realtà al di fuori del divenire e del mondo apparente; Eraclito nega l’essere. Eraclito afferma che tutti gli enti divengono e nulla permane. Egli ciononostante non cerca un principio ultimo delle cose al di là di questo mondo. Non c’è mondo al di là del mondo, pensa Nietzsche. Eraclito dice altrettanto. Tuttavia se tutto diviene ogni cosa sembra dissolversi nel non essere, ogni cosa sembra abitare il nulla. Per questo Nietzsche osserva che Eraclito arriva a negare l’essere. Così Nietzsche spiega che qui vale per Eraclito ciò che ha detto Schopenhauer: che ogni istante del tempo distrugge il precedente di modo che passato e futuro tendono ad avere quasi lo stesso statuto ontologico dei sogni. Si può parlare di essere piuttosto in riferimento all’attività, all’agire; tuttavia non ci si riferisce alla realtà in questo caso, dice Nietzsche, ma all’effettualità, a qualcosa che potrebbe far pensare ad una propagazione di effetti, come se la vita fosse solo il passaggio di una pietra che cade in uno stagno, pietra che cadendo produce delle onde che perturbano l’ambiente. Tutto ciò che appare in questo mondo del divenire è qualcosa che nasce ed emerge per poi scomparire. Una grande dualità e una guerra tra gli opposti governa ogni cosa. Ciò significa che, tra due qualità opposte, vince sempre una a discapito dell’altra in una lotta eterna. Tutto ciò che vediamo, secondo un’immagine suggestiva di Nietzsche a proposito della logica degli opposti nella filosofia di Eraclito, non è altro che un insieme di scintille che si danno quando due spade si scontrano e cozzano l’una contro l’altra; breve è l’esistenza di ogni cosa tanto quanto la durata di queste scintille. Il divenire dipende da questa stessa guerra degli opposti: il mutamento spesso coincide con il passaggio di una cosa nel suo stato opposto all’attuale.

La guerra è forse uno degli elementi essenziali della filosofia aristocratica per come è pensata da Nietzsche. Questo elemento, assieme al concetto di volontà di potenza, crea una continuità tra Nietzsche ed Eraclito. Nella vita Eraclito vede il conflitto ovunque. In La filosofia nell’epoca tragica dei greci Nietzsche vede nel conflitto eracliteo quello schopenhaueriano della volontà di vivere, della pura affermazione egoistica della vita da parte di ogni cosa singola in questo mondo. Successivamente, quando Nietzsche svilupperà il concetto di volontà di potenza, abbandonerà la visione scopenhaueriana dell’esistenza che fa della vita una lotta per la sopravvivenza per sostenere una nuova posizione dove la lotta nella vita non è semplicemente per l’esistenza, ma per la potenza. In questo modo è possibile rileggere l’Eraclito di Nietzsche in un’altra direzione, in quanto Nietzsche sviluppa un proprio concetto di guerra e di guerriero, nonché l’idea della volontà di potenza. Crepuscolo degli idoli, scritto dal sapore eracliteo, diventa la dichiarazione di guerra contro il mondo dei valori, delle essenze eterne e di tutte quelle verità che credono di sfuggire al divenire; l’arte della guerra qui diventa via di saggezza.

In Eraclito, nota Nietzsche, esiste anche un pensiero dell’Uno, che coincide con l’idea del fuoco. Tutte le cose sono fuoco o si possono tradurre in esso, esattamente come ogni merce si può convertire in denaro. Ogni cosa, spiega Nietzsche, per Eraclito è un gioco del fuoco. Ogni cosa deriva da esso e dal suo alterarsi; nessuno può dirsi libero, ma tutto accade secondo necessità, o meglio, secondo il caso di questo gioco del fuoco.

È importante sottolineare il fatto che Nietzsche ha scoperto in Eraclito una sostanziale identità tra monismo e pluralismo: ogni cosa, infatti, è fuoco e fuoco è ogni cosa. L’Uno di Eraclito non si trova su un piano del tutto diverso da quello delle cose, come invece accade agli enti molteplici che mutano. L’Uno è il divenire stesso. Questo fatto è di non poca importanza in questo scritto in quanto, come mostrerò, un altro filosofo si muove in questo orizzonte dell’identità tra pluralismo e monismo. Questo filosofo è Gilles Deleuze. In Mille piani infatti si legge:

Non invochiamo un dualismo se non per rifiutarne un altro. Ci serviamo di un dualismo di modelli solamente per pervenire a un processo che rifiuti ogni modello. Ogni volta occorrono correttori cerebrali per dissolvere i dualismi che non abbiamo voluto fare, attraverso i quali possiamo arrivare alla formula magica che cerchiamo tutti: PLURALISMO = MONISMO, passando per tutti i dualismi che sono il nemico, ma il nemico assolutamente necessario, il mobile che non cessiamo mai di spostare. [12]

Si confronti questa affermazione con quanto dice Nietzsche su Eraclito:

[…] e poiché in fondo percepiva soltanto l’eterno dominio di una sola giustizia, egli osò allora esclamare: “La contesa della pluralità costituisce essa stessa la giustizia unica. E in generale, l’unità è pluralità […] Il mondo è il giuoco di Zeus, o anche, con un’espressione fisica, è il giuoco del fuoco con se stesso; solo in questo senso l’unità è al tempo stesso la pluralità. [13]

Esiste una filosofia dell’Uno alternativa dove pluralità e unità si incontrano senza che una sia ridotta all’altra. Questa posizione identifica il pluralismo con il monismo. Questa posizione potrebbe trovare origini ben antiche in Eraclito e arrivare fino a Deleuze, passando per Spinoza [14].

 

Note

[11] Nietzsche, Friedrich, Opere complete. La filosofia nell’epoca tragica dei greci (vol. III**), Adelphi, Milano, 1990, pp. 305-306.

[12] Deleuze, Gilles, Guattari, Félix, Mille piani, Castelvecchi, Roma, 2010, p. 65.

[13] Nietzsche, Friedrich, Opere complete. La filosofia nell’epoca tragica dei greci (vol. III**), Adelphi, Milano, 1990, pp. 296-297.

[14] Se si legge attentamente Spinoza, il filosofo non sembra affermare che la Sostanza è un ente come tutti gli altri. Non è proprio un ente. La Sostanza semplicemente è la stessa serie causale infinita, lo stesso infinito positivo dove troviamo tutto quel molteplice che è il risultato della stessa causalità produttiva.

 

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