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Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (29)

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (29)

Apr 07

 

 

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29. Deleuze e Spinoza: Sostanza e piano di consistenza

 

Tralasciando la sezione “Ricordi di un teologo”, nel saggio sul divenire-animale seguono due sezioni che portano il titolo “Ricordi di uno spinoziano”. Spinoza è ovunque negli scritti di Deleuze, anche quando non appare. Il piano di consistenza di cui ho precedentemente parlato, in fondo, non è altro che la Sostanza di Spinoza. La Sostanza di Spinoza è l’infinito stesso in atto, infinito che è assolutamente positivo:

Per Dio intendo l’ente assolutamente infinito, ossia la sostanza che consta di infiniti attributi, ciascuno dei quali esprime un’essenza eterna e infinita. [109]

In Deleuze la Sostanza è questo nero indifferenziato, una strana forma di Abisso, di animale indeterminato. Spinoza afferma che la realtà è perfezione, il che vuol dire che tutto è positivo, che l’infinito è in atto. Tuttavia questo, come nota Hegel, ha un effetto imprevisto: eliminando in toto la negazione, Spinoza elimina la determinazione. Quindi la Sostanza diventa una specie di Nulla o Vuoto. Questo nichilismo di Spinoza potrebbe essere paragonato ad un altro nichilismo: quello di Eraclito.

[…] Eraclito ricavò due negazioni connesse […] Anzitutto egli negò la contrapposizione […] Dopo questo primo passo egli non poteva oramai trattenersi dal compierne un altro con una negazione assai più coraggiosa: egli negò in generale l’essere. [110]

Nietzsche, quando attribuisce ciò ad Eraclito, intende sostenere precisamente che l’efesio ha voluto negare, con la sua affermazione assoluta del divenire, un mondo statico ed eterno che gli era stato opposto. Se questo è vero, è anche vero che affermare che tutto muta e nulla permane ha un effetto devastante sull’essere: quando potremmo dire che le cose sono, infatti, senza cadere nel problema che potrebbero già non essere più?

C’è un altro piano della Sostanza: la Sostanza può essere vista in se stessa, e in tal caso appare come Vuoto sullo sfondo di ogni cosa, oppure la Sostanza può essere vista secondo i suoi attributi, ognuno dei quali è altrettanto infinito quanto la Sostanza stessa. L’attributo della Sostanza si distingue come elemento produttivo, come naturas naturans. L’attributo è certamente l’essenza dei modi, nel senso che tutti i corpi saranno sotto l’attributo dell’estensione e le idee sotto quello del pensiero. La Sostanza, da questo punto di vista, è una forma di causalità produttiva ed immanente.

Dio è causa immanente di tutte le cose, e non transitiva. [111]

In Deleuze esiste chiaramente anche questa dimensione, rappresentata dal desiderio come produzione di produzione o rappresentata dall’espressione stessa. Non manca qui nemmeno un possibile collegamento con lo stesso Eraclito che in un modo molto simile descriveva il suo fuoco, dalla cui mescolanza si genera ogni cosa.

Un terzo piano vi è ancora nella filosofia di Spinoza: il piano dei modi. I modi sono le cose singole, i singoli corpi o le singole idee, generati da questo movimento produttivo. I modi sono singoli elementi all’interno di una gigantesca ed infinita serie causale immanente che alla fine è Dio o l’universo intero come natura naturans.

All’inizio della prima sezione di Ricordi di uno spinoziano, Deleuze afferma che Spinoza era in cerca di elementi astratti, ma perfettamente reali. Deleuze ricorda la fisica di Spinoza, fisica che si ispira direttamente a quella di Cartesio:

I corpi si distinguono rispettivamente in ragione del movimento e della quiete, della velocità e della lentezza, e non in ragione della sostanza. [112]

Questi corpi Deleuze li immagina redistribuirsi su questo piano di immanenza, ma non si tratta di corpi come li pensiamo noi, si tratta di singolarità: entità speciali non divisibili all’infinito e nemmeno atomiche o composte di atomi. Si tratta di una ricerca in un mondo veramente piccolo, un mondo che non sprofonda direttamente nell’Abisso nero, ma vede ancora galleggiare sospese queste singolarità distinte, non generali e pre-individuali. Capire la singolarità significa capire un mondo di eventi contrapposto ad un mondo di meri stati di cose, significa capire il divenire, capire che noi siamo molti. Così Deleuze afferma:

Ogni individuo è una molteplicità infinita, e tutta la Natura è molteplicità di molteplicità perfettamente individuata. [113]

Quando Deleuze afferma questo è perfettamente spinozista; infatti Spinoza asserisce a sua volta:

Il corpo umano si compone di moltissimi individui (di diversa natura), ciascuno dei quali è assai composto. […] Gli individui componenti il corpo umano e, di conseguenza, lo stesso corpo umano, sono affetti dai corpi esterni in moltissimi modi. [114]

Nessun evento, singolarità o molteplicità rimane mai davvero isolato rispetto a tutti gli altri, tutto si concatena, o meglio, fa rizoma [115]. Una sola espressione quindi attraversa tutto; un solo lancio di dadi: questo è l’Uno del divenire, l’Uno di questa componente produttiva: la Sostanza di Spinoza come naturas naturans; il fuoco di Eraclito.

L’uno si dice in un unico e medesimo senso di tutto il molteplice, l’Essere si dice in un unico e medesimo senso di tutto ciò che differisce. Non parliamo qui dell’unità della sostanza, ma dell’infinità delle modificazioni, che sono le une parti delle altre su questo unico e medesimo piano di vita. [116]

Un solo piano della vita come piano di consistenza, Corpo senza organi o Sostanza; un Uno come anima di movimento, Deleuze vede quest’ultima nell’orso di Kleist, io in Eraclito; tanti piccoli corpi o singolarità o ecceità che si distinguono per velocità e lentezze redistribuentisi nomadicamente su quello stesso piano.

La seconda sezione di Ricordi di uno spinoziano comincia con una descrizione del corpo secondo la filosofia di Spinoza. Il corpo secondo Spinoza avrebbe una longitudine e una latitudine. La longitudine del corpo designa l’insieme di caratteristiche del corpo stesso. La latitudine designa invece gli affetti del corpo, il corpo secondo i gradi e le intensità. Questo secondo lato del corpo andrebbe direttamente rapportato con la dimensione della singolarità e dell’ecceità.

Che cosa può il corpo? si chiedeva Spinoza e la sua risposta era una sola: potenze. Gli affetti non sono altro che questo, le potenze sono le quantità intensive caratterizzate da gradi ed intensità. Come ho già detto, i divenire-animale coinvolgono degli affetti, anzi passano attraverso affetti, quasi come dei circuiti di affetti. Il divenire-animale è una sperimentazione, sperimentazione che coinvolge delle singolarità. Nella sezione “Ricordi di un’ecceità” Deleuze spiega meglio cosa sono le singolarità o ecceità. L’ecceità è una forma di individuazione che non è né un soggetto né una cosa. Deleuze spiega che due perfette ecceità come un certo tipo di calore e un certo tipo di bianco possono dare qualcosa di completamente unico come un’omelette norvegese. L’ecceità è oltre il soggetto ed è perfettamente individuata da un concatenamento che spesso si riferisce ad un contesto specifico. Deleuze è un situazionista sia per quel che riguarda la politica, l’etica, il diritto, sia per quel che riguarda la conoscenza [117]. Deleuze sostiene che quando desideriamo qualcosa non desideriamo mai semplicemente un oggetto, ma sempre quello stesso oggetto o persona in un certo contesto tale per cui si crei un concatenamento macchinico tra questi vari elementi. In effetti le pubblicità replicano questo: il desiderio di una macchina è accompagnato dal godimento di paesaggi naturali, la macchia sfreccia in improbabili strade deserte. Tutto un contesto attorno all’oggetto del desiderio riconduce il desiderio ad una situazione particolare. L’ecceità è individuata da elementi come le ore, le stagioni, momenti temporali di ogni tipo, parti di spazio, altri elementi che si concatenano con quello che non è più un soggetto perché è diventato con tutto il resto una singolarità. In questo modo si può parlare di singolarità in questi casi: il lupo mannaro a mezzanotte, il caffè delle cinque, il vampiro transilvano che succhia sangue alle vergini. Il soggetto qui diventa evento: il lupo mannaro si concatena con la notte, la luna piena e una serie di altri momenti; il caffè delle cinque è del tutto inconfondibile, concatenato con l’ora del giorno ed è completamente diverso da quello delle quattro. I divenire-animali sono singolari, quindi ci sono divenire-animale per ogni singolarità: divenire-lupo mannaro, divenire-vampiro. Il concetto di ecceità è essenziale per il pensiero di Eraclito, il quale per eccellenza è filosofo dell’ecceità. Dire che non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume vuol dire che si sta parlando di due ecceità diverse [118]. Un particolare concatenamento tra il bagnante e le acque che lo bagnano trasforma tutto in evento e singolarità.

 

Note

[109] Spinoza, Baruch, Etica, Mondadori, Milano, 2007, p. 787.

[110] Nietzsche, Friedrich, Opere complete. La filosofia nell’epoca tragica dei greci (vol. III**), Adelphi, Milano, 1990, p. 291.

[111] Spinoza, Baruch, Etica, Mondadori, Milano, 2007, p. 809.

[112] Spinoza, Baruch, Etica, Mondadori, Milano, 2007, p. 850.

[113] Deleuze, Gilles, Guattari, Félix, Mille piani, Castelvecchi, Roma, 2010, p. 313.

[114] Spinoza, Baruch, Etica, Mondadori, Milano, 2007, p. 855.

[115] Il rizoma potrebbe essere descritto come una connessione di eterogeneità: la vespa e l’orchidea; il denaro e la merce.

[116] Deleuze, Gilles, Guattari, Félix, Mille piani, Castelvecchi, Roma, 2010, p. 313.

[117] Deleuze sostiene che è possibile superare la domanda socratica sulla definizione/essenza (ad esempio: Che cos’è il coraggio?) semplicemente usando un metodo empirista che individua sempre l’oggetto con domande del tipo: Cosa?, Dove?, Quando?, Chi?, Come?.

[118] Credo che probabilmente l’unico problema in questo parallelismo tra Deleuze ed Eraclito sulle ecceità stia nel grado di astrattezza della singolarità: l’ecceità deleuziana è completamente pre-individuale; questo elemento è più difficile da rintracciare in Eraclito.

 

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