Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (19)
Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (19)
Feb 04
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19. Heidegger: Essere e tempo
Heidegger scrive Essere e tempo dedicandolo al suo maestro Edmund Husserl. Essere e tempo è un libro di fenomenologia, come lo stesso Heidegger dichiara. La fenomenologia per Heidegger non è tanto un movimento, quanto piuttosto un metodo. Il libro comincia dichiarando di voler recuperare la domanda fondamentale dell’Essere e il suo senso. L’Essere è indeterminato, esso non è un ente e non ha predicazioni entiche. La domanda dell’Essere ha certo l’Essere per oggetto, ma ha anche un domandante, ossia qualcuno che pone questa domanda. Questo soggetto è lo stesso soggetto del libro: l’Esserci (Dasein). Essere e tempo non parla tanto del tempo in sé, ma parla piuttosto della temporalità dell’Esserci. L’Esserci siamo noi, in quanto noi esistiamo e siamo dei soggetti in questo mondo, ciascuno con la propria storia. Ma l’Esserci che noi siamo ha sempre da essere, perché l’Esserci è sempre da farsi, è sempre in progetto. L’analisi heideggeriana dell’Esserci passa attraverso l’analisi di quelle che sono le strutture stesse dell’esistenza. Queste strutture dell’esistenza sono dette da Heidegger gli esistenziali e non sono altro che delle temporalizzazioni della temporalità. Il tempo è il senso dell’Essere e la temporalità quello dell’Esserci.
L’Esserci è nel mondo e non può essere separato da esso; si parla dunque di in-essere. Da un lato non si può dire che il mondo sia semplicemente una nostra rappresentazione o solo una cosa per sé, nel modo in cui lo intendevano gli idealisti, perché noi siamo dentro il mondo. Dall’altro lato noi non possiamo pensare che ciò che percepiamo e vediamo non sia già interpretato da noi stessi. L’intreccio dell’Esserci con l’oggetto o l’ente è molto più complesso e intricato della mera relazione tra un soggetto e un oggetto, dove l’oggetto sarebbe presente ad un soggetto. Invece questo intreccio è di una natura tale per cui un oggetto è per un soggetto e un soggetto per un oggetto. Riguardo all’Esserci nel suo rapporto con il mondo Heidegger introduce due concetti fondamentali: il commercio con il mondo e il prendersi cura. L’Esserci “commercia” con il mondo nel senso che tutto ciò che si offre all’Esserci nel mondo può diventare un mezzo per lui come soggetto. Ogni ente nel mondo è un utilizzabile per un soggetto, ma questo dipende dall’Esserci. L’Esserci interpreta come utilizzabile un certo ente, il quale altrimenti costituirebbe una mera presenza e nulla di più. L’utilizzabilità implica da un lato l’appagatività e dall’altro un ambiente fatto di vicinanze. Un soggetto usa un certo oggetto con un certo fine e la sua azione può essere soddisfacente oppure no, ma questo ente che l’Esserci usa deve trovarsi nei paraggi dell’Esserci stesso. Lo spazio si suddivide perciò per l’Esserci in un insieme di luoghi e vicinanze dove gli enti sono riposti. L’Esserci disallontana quegli enti di cui vuole fare uso, quindi se li rende vicini e “alla mano”. Anche la radio, spiega Heidegger, rappresenta un modo di avvicinare le cose.
Vi sono vari modi d’essere dell’Esserci nel mondo o modalità di esistenza. Heidegger comincia con lo studio dell’Esserci nella quotidianità, quindi da ciò che definirà “vivere inautentico”. L’Esserci è nel mondo come soggetto e non c’è soggetto senza gli altri. L’Esserci è con gli altri, è in relazione con altri individui; per questo Heidegger parla di Con-Esserci. Il Con-Esserci esiste perché vi è un mondo pubblico e condiviso, una società dove si vive e uno spazio comune. L’Esserci nel suo vivere quotidiano è come perso nella folla, è perduto e presente semplicemente come un Si (man). Egli pensa come si pensa, giudica come si giudica, ride come si ride. Questo fenomeno appiattisce e allivella. Il Si è un esistenziale: il modo di essere dell’Esserci nella quotidianità.
Il vivere inautentico è solo uno dei modi d’essere nel da parte dell’Esserci; l’altro è il vivere autentico. La differenza tra questi due modi è la stessa che intercorre tra le emozioni e i sentimenti. Heidegger ha fornito in questo libro una descrizione fenomenologica meravigliosa della paura, descrizione che è impossibile non salti all’occhio del lettore. La paura è un’emozione e perciò caratterizza il vivere inautentico. Ciò che ci provoca paura è un qualcosa che si presenta come minaccia per noi. Se questo qualcosa è ancora lontano potremmo non percepirlo come un pericolo, ma l’avvicinarsi dell’ente minaccioso incrementa l’intensità della nostra paura.
Il vivere autentico appare solo nel momento del progetto. Il progetto fa parte dell’Esserci come suo elemento costitutivo perché l’Esserci ha sempre da essere. Il progetto non è un piano su cosa faremo nei giorni a venire, giacché noi siamo in progetto in questo stesso momento. Il progetto caratterizza l’Esserci come possibilità, ma anche come mancante, come incompleto. L’Esserci ha da essere se stesso. Il progetto è un divenire se stessi, ma noi siamo questo stesso divenire e noi stessi siamo temporali.
Il progetto è anche comprensione, ma il comprendere è anche interpretazione e l’interpretazione è circolare. La circolarità è data da un soggetto che si dà per un oggetto e un oggetto che si dà per un soggetto. Questa circolarità è del tutto :inevitabile: quel che possiamo fare è semplicemente starvi dentro. La circolarità è la stessa struttura del senso, parte integrante del prendersi cura dell’Esserci.
Mentre l’inautentico si manifesta nel mondo della chiacchiera, è proprio il tacere che invece manifesta il vivere autentico. La chiacchiera è possibile con la diffusione e la ripetizione del discorso. La realtà della chiacchiera contraddistingue il quotidiano, il mondo dell’opinione. In questa realtà l”uomo comune parla come si parla, opina quel che tutti opinano. L’Esserci perso nel mondo della chiacchiera e nel vivere inautentico è già da sempre decaduto.
Al contrario è il sentimento che apre all’Esserci la possibilità del vivere autentico, quel sentimento di angoscia che caratterizza peculiarmente la scelta [54], scelta che prima di tutto è uno scegliere se stessi. La scelta presuppone da un lato una conversione del soggetto nella sua scelta e dall’altro la dimensione della libertà. L’angoscia nella libertà è prima di tutto fondata in un senso di spaesatezza (Unheimlichkeit) che caratterizza l’Esserci nella sua gettatezza (Geworfenheit). L’Esserci è come gettato in questo mondo che in qualche modo gli appare estraneo. Egli è sempre in progetto, nel senso che è sempre una possibilità, ovvero ha sempre da essere. Ma la possibilità per eccellenza o la possibilità della possibilità è la morte. Finché noi viviamo la morte si presenta come l’altra possibilità. Essa è la fine del ci dell’Esserci, perché l’Esserci non ci è più, ma il progetto dell’Esserci tende verso la morte. La vita autentica perciò è caratterizzata da un essere per la morte, dove questo essere per la morte non è un attualizzare la morte, un suicidio o un voler affrettare la morte, ma il vivere tenendo presente che la morte può essere in ogni momento. Heidegger stesso sottolinea che non appena siamo nati siamo già abbastanza vecchi per morire. L’uomo comune fugge la morte; non è che gli manchi la conoscenza del fatto che un giorno dovrà morire, è che si rappresenta questo evento sempre come se dovesse accadere in un lontano futuro, quindi lo sposta temporalmente. Alla morte egli si rassegna di certo, ma la morte per lui non ha più un carattere personale, il carattere dell’io muoio, ma ha il carattere del si muore.
La vera domanda a questo punto è: come avviene la conversione dall’inautentico all’autentico? Si tratta di una presa di coscienza, è la coscienza stessa che attua questa conversione e la conversione si dà nella forma della chiamata. La presa di coscienza è decisione, ma la decisione, così come la scelta, comporta responsabilità. Sia perché l’Esserci è mancante, sia perché è responsabile, egli è colpevole. Ma l’Esserci è già da sempre colpevole per via della sua stessa costituzione.
Nell’ultima parte di Essere e tempo trova spazio finalmente una vera riflessione sul tempo. Prima Heidegger parla del tempo semplicemente come temporalità dell’Esserci, di questo Esserci che è sempre già stato, nel senso di determinato dal suo passato, e nello stesso tempo ha sempre da essere, quindi è sempre a-venire. Che ne è però di quello che noi indichiamo normalmente con il termine tempo? Il tempo non è qualcosa, non è un ente. Ciò che esiste è il fatto che noi stessi siamo temporali. Quello che noi normalmente denominiamo tempo è per Heidegger il tempo pubblico, ma il tempo pubblico è tempo intramondano. Noi stessi ci prendiamo cura di questo tempo: lo misuriamo, lo datiamo, abbiamo usato il sole come utilizzabile per determinare il tempo. Sebbene solo in questo tempo l’Esserci incontri l’utilizzabile, questo tempo fatto di punti-ora, linearità e simultaneità nasconde semplicemente il vero tempo come temporalità. Per Heidegger dunque il tempo reale rimane la temporalità dell’Esserci che si temporalizza in modi diversi a seconda delle varie dimensioni dell’esistenza.
Note
[54] Mr. Robot nella prima serie mette in evidenza il problema della scelta tra un modo di vivere inautentico e uno autentico. Da un lato sono poste le scelte false della società: McDonald o Burger King; Hyundai o Honda; Pepsi o Cocacola, dall’altro sono messe in scena le vere scelte della vita: continuare a collaborare per una multinazionale che sfrutta i lavoratori o ribellarsi contro di essa rischiando il proprio posto di lavoro; accettare di diventare leader di una massa che vuole il cambiamento sociale o continuare a vivere una vita normale come tutti; dire la verità alla psicologa o continuare a mentirle. Le prime scelte sono quelle false libertà che ci consente ancora questo sistema capitalista, le altre sono le vere scelte della vita che determinano tutto il corso della nostra esistenza e perciò possono rappresentare delle svolte radicali.
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