Temi e protagonisti della filosofia

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (17)

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (17)

Gen 28

 

 

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17. Husserl e Brentano: sulla melodia

 

Il tema della musica è immediatamente congiunto con quello del tempo: la musica infatti è una successione di suoni che formano una melodia; tutta la musica è costruita su tempi. Ci sono diversi filosofi che si sono interessati del tema della musica, ma qui parlerò di alcuni filosofi che si sono posti il problema non tanto della musica in sé, quanto dell’esperienza che noi abbiamo della musica. Ebbene, se è vero che la musica è una successione di suoni che formano melodie, dal punto di vista della percezione della musica che noi abbiamo non si dà alcuna successione di suoni, bensì una melodia del tutto continua e divisibile solo mentalmente, non dal punto di vista dei vissuti. Sia Bergson che Husserl affermano che il vissuto della musica si riferisce ad una melodia che è l’esperienza di un continuo. Quando noi sentiamo una canzone o una musica di qualche genere, nella nostra coscienza, in realtà, le tre forme temporali si sovrappongono. Questo è il punto: non percepiamo la musica come tanti istanti presenti che si susseguono, ma la nota attuale forma tutto un continuo con quelle passate e nello stesso tempo, se per esempio conosciamo già la musica, ci aspettiamo che ad un certo momento cominci il ritornello, tendiamo quindi quasi ad anticipare le note successive. Husserl spesso, quando parla del tema del vissuto temporale, offre come esempio quello della melodia. Husserl, allievo di Brentano, conosceva gli studi che quest’ultimo aveva già svolto sul tema.

Emanuele Coppola nello scritto a cui faccio riferimento espone questo esempio: immaginiamo cinque istanti temporali t1,t2,t3,t4,t5; ad ogni istante corrisponde una nota: A, B, C, D, E. Queste sono le note secondo una linea orizzontale (corso del tempo); sotto ogni nota successiva alla prima si formano delle verticali (ordine del tempo) dove sono schierate le note precedenti, ad esempio: A’ sotto B, A” sotto C, A”’ sotto D e A”” sotto E, e così poi per ognuna delle altre lettere. Ogni volta che la lettera scala nella verticale si aggiunge una ” ‘ “. I suoni sono fenomeni fisici e sono incasellati in precisi punti temporali, i quali costituiscono ciò che attualmente sentiamo. Questo piano, o corso del tempo, è definito da Brentano come estensi. Le lettere che compaiono sulle verticali sono invece come degli aloni sonori che compongono con la nota presente una continuità di vissuto. Questi suoni nelle verticali sono dei veri fantasmi, copie della coscienza di ciò che non è più attualmente. Le verticali formano ciò che Brentano chiama protorestensi. Il segno che contraddistingue queste note della verticale è un coefficiente temporale. A seconda del coefficiente temporale si può distinguere un determinato livello di protorestensi sicché, per esempio, i suoni che hanno un solo segno saranno di primo livello. Questa è più o meno la rappresentazione dell’esperienza della melodia secondo Brentano: da un lato un corso del tempo dove sono disposti i vari suoni (estensi), dall’altro la coscienza che costruisce una virtuale continuità tra le note che fa sì che il vissuto della melodia riproduca un continuo (protorestensi). Questo modello tuttavia pone dei problemi: come si fa a parlare della presenza come contenuto di coscienza di qualcosa che non è più? Non basta dire, osserva Coppola, che l’oggetto è irreale. Husserl ha il sospetto che Brentano riprenda una certa idea della simultaneità dal filosofo Hermann Lotze secondo la quale oggetti disomogenei, appartenenti a diversi punti temporali, possono essere raggruppati in una stessa simultaneità. La successione fenomenica, afferma Husserl, esclude tale simultaneità. Il tempo fenomenologico stesso non conosce simultaneità. La simultaneità è un problema dopotutto. Il tempo fenomenologico di Husserl e la durata reale di Bergson si riferiscono direttamente al nostro vissuto come flusso e schivano continuamente il presente giacché essi sono semplicemente lo scorrere senza fine del tempo, della nostra durata, che non conosce istanti immobili nei quali potrebbe darsi la simultaneità. Husserl legge le verticali dello schema non come protorestensi, ma come ritenzioni.

Questo fenomeno della percezione della melodia mette in gioco proprio il concetto di divenire eracliteo, non solo perché si parla di melodia come continuo, invece che come successione di suoni, ma anche perché persino la musica conosce le sue ecceità, il suo irripetibile. Coppola cita un’osservazione intelligente di William James nella quale il filosofo afferma che se noi premiamo più volte lo stesso tasto di un pianoforte non si riproduce sempre lo stesso suono. Questa affermazione è facile a convertirsi nel linguaggio eracliteo: non sentirai due volte lo stesso suono premendo lo stesso tasto del pianoforte. Il divenire eracliteo nella musica è un tema troppo interessante per abbandonarlo qua: tornerò su questo tema in una delle sezioni dedicate a Gilles Deleuze.

 

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