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Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (15)

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (15)

Gen 21

 

 

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15. Husserl ed Eraclito: il divenire nella fenomenologia

 

Husserl stesso parla di flusso eracliteo, ma a cosa si riferisce? Emanuele Coppola ci dice che questa espressione è applicabile soltanto al livello immanente dei vissuti: è il tempo fenomenologico ad essere un eterno flusso eracliteo. Come spiegherò più avanti, ciò non vale per gli oggetti fisici in sé stessi, che per conservarsi nella loro identità, al di là dei vari mutamenti, devono essere per forza di cose trascendenti rispetto a questo flusso eracliteo. Si riscontrano due importanti caratteristiche del divenire secondo Eraclito, illustrate da Coppola: l’ecceità dell’evento e l’irreversibilità del tempo. Eraclito affermò che non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume. Da questa affermazione si deducono due cose: che ogni evento è irripetibile [48] ed unico; che non si torna mai indietro nel tempo. L’irripetibile o ciò che non si dà due volte è definibile, e così infatti sembra definirlo Coppola, con il termine di ecceità. Se qualcosa non si dà e non si darà mai due volte, questo significa che non potrà ripetersi. Il tempo perciò è del tutto irreversibile. Coppola illustra questa caratteristica del tempo attraverso una formula della logica:

α→ ¬ F ¬ Pα

Dove α è un evento, F indica il futuro e P il passato. La formula dice che un evento α sarà sempre passato rispetto al futuro. Se io vedo un albero, questo evento o questo fatto, se è passato rispetto a un certo punto del tempo, lo sarà sempre rispetto a tutti quei punti temporali che seguono questo punto. In questo senso il tempo ha una sola direzione: va dal passato al futuro e non torna mai indietro. Se dovessimo avere due percezioni dello stesso albero, esse non sarebbero la stessa e identica percezione. Ovviamente l’albero qui si suppone possieda un’identità che è trascendente rispetto al flusso dei vissuti che comprende le due percezioni dell’albero come due aspetti di esso che si danno in momenti differenti ad uno stesso soggetto. Questo ci fa capire che in Husserl il flusso eracliteo non si riferisce alle cose stesse, agli oggetti fisici, ma alle loro manifestazioni ad una coscienza. In sostanza è la coscienza che è eraclitea [49]: il tempo della coscienza è divenire eracliteo. Husserl, tuttavia, nota Coppola, non arriva al paradosso di Cratilo secondo il quale non ci si può bagnare nemmeno una volta nello stesso fiume e perciò non ci sarebbero manifestazioni che siano identiche a sé stesse. Husserl, a dispetto di Cratilo, trova nel punto-ora un elemento base del tempo.

Fino ad ora ho detto che il presente collide come parte temporale con la nostra concezione del tempo in quanto, mentre il tempo scorre, il presente, per natura statico, non scorre; Husserl, invece, pensa il presente in un modo diverso, evitando questo problema. Husserl pensa il presente come limite a metà tra il passato e il futuro: l’unica linea che potrebbe effettivamente renderli ancora distinguibili [50]. Senza questa linea o questo punto-ora si spalancherebbero le porte al paradosso di Cratilo e forse, non potendo parlare di identità delle cose con se stesse, tornando all’esempio dell’albero, non potremmo dire di vedere un albero anche solo una volta. Non bisogna dimenticare che nella prospettiva della fenomenologia quest’ultima eventualità non varrebbe per l’albero come oggetto fisico, ma per la sua manifestazione. C’è sempre questa specie di dualismo tra ciò che è tempo della coscienza, che è flusso, e un tempo oggettivo che appartiene a questi oggetti fisici che sono trascendenti al flusso. Allora Coppola evoca questa doppia immagine: Parmenide ed Eraclito nello stesso Husserl. Da un lato un “nunc fluens” eracliteo e dall’altro un “nunc stans” parmenideo. Se il flusso viene portato alle sue estreme conseguenze si ha il paradosso di Cratilo che negherebbe ogni possibilità di trovare una qualche forma di identità nel divenire; se invece ci si rivolge agli oggetti fisici, si passa dal piano dell’iletico a quello dell’eidetico, che quindi sarebbe il piano degli oggetti a-temporali [51].

Fino ad ora ho distinto un tempo oggettivo da un tempo soggettivo; il tempo soggettivo l’ho definito come scorrere del tempo, come flusso eracliteo. Questo tempo soggettivo lo chiamerò successivamente corso del tempo. Di esso ho già detto che non è una semplice successione di istanti, per quanto Husserl conservi ancora un concetto di punto-ora. Il corso del tempo quindi è fatto di un fluire di attimi fuggenti. Tuttavia nell’esperienza della nostra coscienza si danno altri elementi importanti che spesso si sovrappongono al presente attuale: mi riferisco ai ricordi e alle aspettative. Il tempo della coscienza, ho già detto, non è affatto lineare, proprio perché le dimensioni del tempo si sovrappongono, nella misura in cui ad esempio una musica che ascolto ora può essere composta di note che mi ricordano qualcosa dell’infanzia e successivamente creano in me delle immagini su ciò che vorrei fare domani. In questo senso la coscienza viaggia dal presente al passato, andando anche verso il futuro, ma non si tratta più del corso del tempo: questo nuovo elemento dovrà essere chiamato ordine del tempo.

 

Note

[48] Questo particolare potrebbe far venire il dubbio a qualche lettore che Nietzsche, dal momento che affermava il ritorno degli eventi, non fosse un pensatore eracliteo. In realtà non è così, o almeno esistono altre letture di Nietzsche che lo accosterebbero molto di più ad Eraclito semplicemente reinterpretando differentemente il concetto di eterno ritorno. Di questo tema parlerò quando tratterò di Deleuze.

[49] Si noti come anche Eraclito spesso si comporti da fenomenologo, quando, come nota lo stesso Coppola, afferma che il sole è grosso quanto un piede. È ovvio che il sole non è grosso come un piede dal punto di vista fisico, ma lo è solo dal punto di vista del vissuto che ho di esso su questa terra. Questo secondo reame, quello dei fenomeni della coscienza, è lo stesso reame della fenomenologia. Per questo motivo si potrebbe dire che il noema sole del vissuto è grosso come un piede, nel senso che il sole si dà fenomenologicamente al soggetto con quella dimensione apparente.

[50] Che cosa succederebbe alla differenza tra passato e futuro se il presente scomparisse dal tempo? Le due dimensioni temporali si confonderebbero? Quel che sappiamo è che c’è una bella differenza tra un passato vicino a noi, che ad esempio si riferisce a cinque minuti fa, e un passato molto più lontano, distante anni interi. Forse il presente è solo un orizzonte convenzionale usato da noi per distinguere il passato vicino da uno lontano o un futuro vicino da uno lontano.

[51] A mio avviso la fenomenologia di Husserl ha fatto dei passi avanti sul rapporto tra l’eternità e il divenire, passi che vanno nella direzione di una possibile non opposizione di questi due elementi.

 

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