Temi e protagonisti della filosofia

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (14)

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (14)

Gen 20

 

 

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14. Husserl: tempo soggettivo e tempo oggettivo

 

In queste ultime quattro sezioni su Husserl, prima di cominciare a parlare di Heidegger, farò riferimento, per quel che riguarda lo studio del tema del tempo in Husserl, al testo di Emanuele Coppola Eterno flusso eracliteo. Si tratta di un bel libro che riesce a racchiudere tutto il pensiero di Husserl sul tempo a partire dai suoi manoscritti sparsi. Questo libro non solo espone le tesi di Husserl, ma possiede la grande capacità di mettere sempre il filosofo a confronto con l’altro versante della filosofia: la filosofia analitica. In particolare sono abbastanza citati Wittgenstein, Russell e Quine. L’unico difetto, forse, di questo libro è che adopera un linguaggio fenomenologico molto tecnico: l’autore lo usa con grande capacità, ma è difficile per il lettore stargli dietro. Ho scelto questo libro perché mi interessa il suo argomento generale: il divenire eracliteo in Husserl. Il libro di Coppola non solo tratta del tempo in Husserl, ma accosta lo stesso Husserl ad Eraclito spiegando in che senso il tempo fenomenologico possa essere in qualche modo definito eracliteo.

Prima di vedere le motivazioni dell’intreccio di Husserl con Eraclito, discuterò in questa sezione il tema del tempo soggettivo e del tempo oggettivo. Questi termini sono impiegati da Coppola per riferirsi al tempo fenomenologico (tempo soggettivo) e al tempo fisico (tempo oggettivo). Ho già spiegato che la fenomenologia si occupa di un particolare settore della realtà che si troverebbe a metà tra la logica e il piano degli oggetti fisici, perciò è il tempo soggettivo che coinvolge direttamente i vissuti della coscienza ad essere il vero oggetto della fenomenologia; tuttavia, in quanto questi vissuti hanno un contenuto intenzionale che si riferisce a degli oggetti fisici, si trova coinvolta anche un’altra forma di tempo che è il tempo fisico o oggettivo. I vissuti si danno immediatamente in una forma temporale nella misura in cui essi formano di fatto un flusso: un tempo soggettivo non quantificabile, un po’ come nella durata di Bergson. Il tempo oggettivo è dotato della stessa struttura del tempo degli orologi. Mentre il tempo soggettivo è continuo, il tempo oggettivo invece è caratterizzato da tre dimensioni: passato, presente e futuro. L’intenzionalità ha sempre di mira un oggetto in un certo momento temporale: nel presente, nel passato o nel futuro. Anzi c’è di più: Emanuele Coppola spiega che nel vissuto il riferimento alla dimensione temporale non è separabile dal riferimento alla dimensione spaziale; in questo mondo esiste per l’intenzionalità uno spazio-tempo. Questo denota una prospettiva quadridimensionalista che accosterebbe addirittura Husserl a Quine. Quel che è importante dire qui è che, come nota Coppola, bisogna distinguere bene l’atteggiamento di Bergson da quello di Husserl riguardo alla scienza. Bergson, per esempio, considera lo spazio-tempo einsteiniano come una spazializzazione del tempo, ma, secondo Bergson, il tempo spazializzato è una convenzione che serve certo alla fisica, ma non è reale: reale è solo la durata o il tempo della vita. Secondo Husserl, invece, il tempo oggettivo o della scienza non sarebbe meno reale del tempo fenomenologico/soggettivo. Husserl semplicemente si limita a distinguere queste due forme di tempo senza considerare meno reale l’una rispetto all’altra.

Per spiegare meglio la distinzione tra tempo soggettivo e tempo oggettivo Unia cita Wittgenstein:

Per fare un esempio tratto dalle Osservazioni filosofiche di Wittgenstein: nell’immagine che vedo nello schermo di una proiezione cinematografica vi è solo sempre il presente che mi è dato ora dalla percezione che contiene un elemento di autoriferimento al proprio accadere fuggevole, mentre sulla pellicola che scorre vi è la serie presente, passato, futuro, ordinati in una medesima sequenza come nello scorrere del tempo fisico. [45]

È proprio così: quello che noi percepiamo in ogni istante e che fa parte dei nostri vissuti è il tempo soggettivo, esattamente come nell’esempio di Wittgenstein è il film che vediamo sullo schermo dove le immagini scorrono ininterrottamente e si danno una alla volta [46]; invece il tempo oggettivo, con le sue tre dimensioni temporali, esiste indipendentemente da ciò che vediamo sullo schermo, forse rende anche possibile la sua esistenza ed è, nell’esempio di Wittgenstein, la pellicola del film che scorre anche quando noi la ignoriamo e siamo persi nelle immagini del film.

Per capire meglio Husserl sul tempo bisogna conoscere il suo linguaggio o i suoi attrezzi per l’analisi. Husserl, ad esempio, distingue tre componenti nel tempo: il punto, la fase e il segmento. Il punto, definito anche come punto-ora, rappresenta il presente. Esso è l’elemento base ed indivisibile del tempo. Non si tratta, sottolinea Coppola, di un punto matematico, siccome il tempo soggettivo non è quantificabile. Ogni fase è composta da più punti temporali e ogni segmento è composto da più fasi temporali [47]. Questi tre concetti sono l’armamentario di Husserl e con essi possiamo dirigerci verso l’analisi del rapporto Husserl/Eraclito.

 

Note

[45] Unia, Albano, La questione della fenomenologia in Husserl e Wittgenstein e Scritti di logica, Spirali, Milano, 2005, p. 37.

[46] In realtà non è nemmeno così, nella misura in cui nella coscienza si danno ricordi passati ed aspettative future che fanno sì che il tempo fenomenologico non sia semplicemente una successione di eventi presenti continui legati l’uno all’altro. Spiegherò più avanti i concetti di ritenzione e protensione in Husserl.

[47] Inutile chiedersi, sostiene senza errore Coppola, quanti punti servono per costituire una fase o quante fasi servono per costituire un segmento. Questo problema avrebbe lo stesso statuto del dilemma sul numero dei chicchi di grano necessari per costituire un mucchio. Questi termini di Husserl vanno perciò intesi in una maniera quasi convenzionale.

 

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