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Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (10)

Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (10)

Dic 30

 

Articolo precedente: Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger, Deleuze: sul divenire eracliteo (9)

 

10. Bergson: sulla memoria

 

Il passato normalmente è definito come ciò che non è più, tuttavia esso esiste ancora da qualche parte: nella nostra memoria. Mentre il futuro è immanente al corso del tempo, il presente diventa passato perché il tempo scorre; il passato quindi si conserva come virtuale nella nostra memoria. Che cos’è la memoria? Per prima cosa Bergson distingue due tipi di memoria: la memoria meccanica e la memoria pura. Quando impariamo una poesia a memoria stiamo sfruttando la memoria meccanica; se invece ricordiamo il momento in cui noi compievamo quell’azione, abbiamo a che fare con la memoria pura ed essa è ciò che noi normalmente definiamo ricordo. Bergson sostiene che mentre la memoria meccanica, che in vero è solo abitudine, può essere contenuta nel cervello, per quel che riguarda la memoria pura questo non è vero [31]. La memoria meccanica, dopotutto, non implica nessun tipo di coscienza: noi compiamo gesti meccanici senza nemmeno accorgercene; infatti non siamo nemmeno necessitati a prestare attenzione a quello che facciamo. Ad esempio, se ci alleniamo per un po’, potremmo scrivere con una tastiera del computer senza nemmeno guardare i tasti: essi sono sempre nello stesso posto e il resto ci verrà del tutto automatico. Le cose stanno in modo diverso per quel che riguarda la memoria pura. Bergson usa il termine immagine per designare le cose che noi vediamo nel mondo; esse sono immagini oggetto di percezione e tutte queste ruotano attorno ad un’altra immagine: il nostro corpo. Anche il nostro corpo è un’immagine, così come deve esserlo il nostro cervello, perciò come può il cervello contenere delle immagini? Questo paradosso io lo spiego in questo modo: se quello che vediamo non sono che foto, come può la macchina che produce le foto essere essa stessa una foto? Per questo la memoria pura non è nella materia, ma nello spirito o nella mente [32]. Il ricordo, a voler essere più precisi, non è propriamente un’immagine, ci dice lo stesso Bergson. Si dovrebbe distinguere un ricordo puro, puramente virtuale, da un ricordo-immagine che non è altro che l’attualizzazione del primo. Bergson spiega che noi, quando vogliamo ricordare qualcosa, prima prendiamo in considerazione il passato in generale, poi ci concentriamo su un singolo ricordo e in quel momento lo stiamo attualizzando. Noi esattamente portiamo alla luce un vecchio ricordo che si tramuta in immagine.

All’inizio del capitolo “La sopravvivenza delle immagini. La memoria e lo spirito” di Materia e memoria compare un’interessante immagine schematica di un segmento AD diviso in quattro parti: AB (ricordo puro), BC (ricordo immagine), CD (percezione). Si passa dalla pura virtualità o dal ricordo puro all’attuale della percezione. Da un lato la memoria e dall’altro lato la motilità [33]. La percezione è azione secondo Bergson. I filosofi hanno sempre descritto la percezione come se si trattasse di una forma di contemplazione, ma quando vogliamo vedere qualcosa non dobbiamo spostare la testa? per sentire non dobbiamo prestare orecchio? o appoggiare la mano per tastare? percepire non è spostare l’attenzione su qualcosa? Questo modo di agire sembra confermare l’idea di Bergson. La motilità e il ricordo sono in opposizione, essi si trovano ai due opposti dello schema sopra citato: quando stiamo agendo abbiamo meno memoria, quando smettiamo di agire, in uno stato di rilassamento, i nostri ricordi si fanno più vividi. Questo è tanto più vero quando sogniamo: nel momento del sonno possiamo ricordare eventi passati che durante la veglia non ci verrebbero mai in mente [34]. Quando sogniamo, dice Bergson, il nostro sistema nervoso si rilassa [35].

Il passato è virtuale nella memoria, attualmente non è più, ma avrebbe senso dire che il presente è? Bergson dice di no: il presente è ciò che non è mai nel tempo, piuttosto è ciò che si fa. Da un lato questo è vero perché il presente può essere solo una porzione di durata, dall’altro esso sconfina nel passato e nel futuro. Non si può parlare di presente come attimo immobile proprio perché tutto scorre, perciò ogni presente è già passato non appena dico “presente”, per questo noi viviamo solo passato.

È molto famosa la raffigurazione di Bergson in Materia e memoria del cono rovesciato sulla cui punta sta un piano rettangolare. Questo piano rettangolare è la mia immagine attuale dell’universo, ciò che io percepisco in questo momento. Il cono ha un vertice S e una base circolare dal diametro AB. Il vertice S sta per il presente attuale, mentre la base circolare AB rappresenta il mio passato o la memoria di esso. S è il corpo, la parte motoria, AB è la memoria che non è inserita nel corpo direttamente fisso in questo presente. Se ci concentriamo sulla parte sensoriale saremmo fissi su S, mano a mano che l’abbandoniamo ci sposteremo sempre più verso AB.

 

Note

[31] Questo è certamente un discorso problematico: oggi si parla spesso di memoria del cervello: non solo di memoria meccanica, ma anche di memoria di vissuti. La memoria sarebbe localizzata nel cosiddetto ippocampo. Ci sono pazienti che hanno avuto lesioni all’ippocampo e che hanno perso parte della memoria di vissuti, tuttavia questi pazienti sembrano perdere i ricordi più recenti e non quelli passati o che si sono consolidati già nel tempo. Quella di non ricordare eventi recenti, ma ricordare bene quelli del lontano passato, tra l’altro, è una caratteristica dell’Alzheimer. Oltretutto non è mai semplice una localizzazione nel cervello: non si attiva mai sempre solo una certa area del cervello e non sempre le stesse aree. E poi fintanto che si parla di memoria semantica e di memoria spaziale ci si riferisce solo alla memoria meccanica. Sicuramente il discorso di Bergson dovrebbe essere riletto alla luce di studi neuroscientifici più recenti. Sarebbe molto interessante, visto che non è ancora stato dimostrato definitivamente che la memoria si riduce alla materia cerebrale.

[32] Il problema è la traduzione della parola francese ésprit, alla quale si potrebbero attribuire entrambi i significati, come accade con la parola tedesca Geist: infatti Philosophie des Geistes è la filosofia della mente, mentre Phänomenologie des Geistes normalmente è tradotto con fenomenologia dello spirito. È un problema che accomuna la lingua francese e quella tedesca; esso potrebbe dipendere dalle culture dei due popoli.

[33] Questo modello potrebbe forse essere confrontato con quello topico dell’Interpretazione dei sogni di Freud. Freud costruisce un modello con due lati opposti: da un lato il motorio e dall’altro la percezione. Dalla parte del motorio troviamo la coscienza e il pre-conscio; andando verso la percezione ci si addentra, invece, nell’inconscio. Il moto del desiderio nel sogno inizialmente va dal motorio alla percezione investendo varie tracce mnestiche (ricordi). In quel momento si condensa aumentando l’energia e creando quella tensione che successivamente dovrà portare il desiderio a scaricarsi tornando verso la zona motoria e portandoci verso il mondo della veglia. I nostri sogni sono rappresentazioni di desideri, secondo Freud, che spesso non abbiamo soddisfatto nella veglia e che trovano invece uno sbocco nel sogno. Lo scaricamento corrisponde ad un soddisfacimento del desiderio. È interessante che proprio sul tema della memoria pura Bergson offra come esempio i sogni.

[34] Nell’Interpretazione dei sogni Freud parla di alcuni sogni in cui i sognatori vedevano persone dimenticate che nel sogno affermavano di conoscerli e solo successivamente scoprirono che quelle persone le conoscevano realmente quando erano più piccoli. Da fatti come questi Freud deduce che la memoria dell’inconscio è molto più vasta di quella che noi abbiamo nella veglia.

[35] Oggi sappiamo che il cervello è sempre attivo anche quando non svolge nessuna attività apparente. Ma se fosse vero che l’attività del sogno non dipende dal cervello, allora il sogno presupporrebbe un’altra attività. Non solo questo: il sogno ci apre la dimensione del virtuale, dimensione che possiede effettivamente un altro tempo. A parte il problema della durata, è dimostrato, e lo sperimentiamo spesso quando sogniamo, che nel sogno il tempo non scorre nello stesso modo in cui scorre nella vita quotidiana. Nell’Interpretazione dei sogni Freud espone un esempio di un uomo che si trova a teatro e di colpo si addormenta: quest’uomo di fatto sogna tutta la rappresentazione teatrale, ma quando si sveglia scopre che sono ancora ai primi atti. Questo semplice fatto mostra che il tempo nel sogno ha un altro corso e in quel periodo possono accadere tantissime cose mentre nella realtà esterna sono magari solo passati alcuni attimi.

 

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