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L’anima secondo Jung: una rivisitazione dell’anima socratica? (1)

L’anima secondo Jung: una rivisitazione dell’anima socratica? (1)

Nov 28

 

Diciamo subito che non esistono fonti storiche per sostenere che Jung, nell’elaborare il suo concetto di anima, tenesse presente la definizione datane da Socrate, la precisa definizione del suo pensiero, quelle funzioni da lui scoperte (1, 2, 3, 4) che, variamente intese, saranno alla base della tradizione morale ed intellettuale che l’Europa ha avuto sino ad oggi; tuttavia c’è un motivo per pensarlo: le analogie tra le due concezioni dell’anima sono così tante da permettere di ipotizzare che l’elaborazione Junghiana sia una rivisitazione di quella socratica.

Se l’attento esame delle due concezioni dell’anima permettesse di concludere per una rivisitazione, anche solo possibile, del pensiero di Socrate ‒ questo è lo scopo di questa nota ‒ ciò mostrerebbe la sorprendente attualità del pensiero socratico.

Socrate usa il termine psyché per designare il mondo interiore dell’uomo. (1) Nessuno prima di Socrate aveva inteso psyché come anima. La tesi che la scoperta dell’anima sia opera di Platone in una fase giovanile del suo pensiero non trova conferme unanimi. (2)

Per Omero l’anima era lo spirito che abbandonava l’uomo dopo la morte per vagolare nell’Ade, per gli orfici un demone che espiava una colpa, tanto più attivo quanto più si affievoliva la coscienza, altro dall’Io, da cui ci si doveva purificare; per i fisici era il pneuma. Per Socrate invece l’anima coincide con la coscienza pensante ed operante. (5, 6) Socrate è il primo filosofo occidentale a porre in risalto il carattere personale dell’anima. (4) Contro i sofisti Socrate sostiene che i sensi non esauriscono l’identità dell’uomo ma ad essa concorrono anche la conoscenza e l’intellettività che si deve usare per indagare la propria essenza. (7) Per Socrate l’uomo è la sua anima. (5)

Socrate non si pronuncia sull’immortalità dell’anima. (8) È solo con Platone che l’anima sarà concepita come immortale, ingenerata, incorporea, affine alle Idee, quindi distinta dal corpo, calata da Dio in un corpo materiale e per ciò contaminato dall’intrinseca malvagità della materia. (9)

Francesco Sarri, nell’Introduzione all’opera di J. Burnet Interpretazione di Socrate, (Vita e Pensiero, Milano 1994), riferisce il giudizio dello stesso Burnet il quale afferma che il discorso sull’immortalità dell’anima che Platone mette sulle labbra di Socrate nel Fedone non è una questione filosofica alla quale Socrate fosse veramente interessato e, meno che mai, una dottrina che egli, in qualche modo, professasse. (10)

La concezione dell’anima di Socrate è stata magistralmente sintetizzata da A. E. Taylor, famoso studioso di Platone: la dottrina dell’esistenza dell’anima deve essere attribuita a Socrate, non può essere attribuita né ai suoi contemporanei né a pensatori successivi. (11) Socrate ha creato la tradizione morale ed intellettuale che l’Europa ha assunto sino ad ora. (12) Per oltre duemila anni la convinzione dei popoli europei è stata che ciascuno dei loro membri sia dotato di anima, qualche cosa che è sede dell’intelligenza e del carattere morale, che l’anima sia identica a ciascuno di essi e che comunque la cosa più importante e lo scopo supremo della vita sia fare del proprio meglio per l’anima. (13) Per la grande maggioranza degli europei l’esistenza e l’importanza dell’anima è così familiare che non ha bisogno di dimostrazioni. (14)

Nell’orfismo l’anima, psyché, è caratterizzata da individualità e permanenza; di conseguenza è considerata immortale, una divinità temporaneamente caduta (15) ma non è l’anima che è ”in noi” (16), la sua immortalità non è “la nostra” (17), la sua intelligenza e il mio carattere non appartengono alla psyché “in me”. (18)

Nell’orfismo l’anima era sinonimo di ”fantasma”, concezione criticata da Aristofane nelle Nuvole. (19) Ciò che si rese necessario perché si sviluppasse una moralità “spirituale” e una religione fu che la concezione orfica dell’anima fosse associata con la proprietà di essere sede dell’intelligenza e del carattere. (20) Questo è il cambiamento nella dottrina dell’anima insegnata da Socrate che troviamo in Platone e in Senofonte, una rottura con la concezione orfica dell’anima. (21)

La concezione socratica dell’anima ha le caratteristiche orfiche di importanza, permanenza e individualità. (22) Per questa ragione è necessario comprendere la interpretazione di Platone del pensiero del suo Maestro, cioè che egli fosse convinto che l’anima fosse immortale, il che nel pensiero greco equivale alla sua origine divina. (23) In realtà Socrate non ha mai detto nulla su ciò che l’anima è; ha detto soltanto che esiste (24) e che non può essere conosciuta dai sensi.

Per Socrate quella dell’anima non è una dottrina della sostanza o delle proprietà. La funzione e l’attività di questo divino principio nell’uomo è la conoscenza, il conoscere le cose come sono veramente, in particolare distinguere il buono dal cattivo; Socrate non è interessato all’indagine psicologica, sia essa speculativa od empirica, ma ad un semplice principio epistemologico ed etico: rendere l’anima quanto possibile buona significa da un lato conoscere la realtà così come essa è veramente, dall’altro basare la propria condotta sulla conoscenza. (25)

Socrate aveva ripetutamente affermato di avvertire in sé un fenomeno divino o soprannaturale che chiamava Daimonion, che i suoi accusatori interpretavano come una nuova divinità diversa dagli dei della città, donde la loro accusa. Secondo Socrate il Daimonion era la voce di Dio (26), una guida divina che lo assisteva in ogni sua decisione, una coscienza morale di ispirazione divina, (27) una voce identificabile con l’autentica natura dell’anima umana. (28) Socrate dice:

C’è dentro di me non so che spirito divino o demoniaco…è come una voce che ho dentro sin da fanciullo la quale, ogni volta che si fa sentire, sempre mi dissuade da qualche cosa che sto per compiere e non mi fa mai proposte. (29)

Secondo Platone, coerentemente con la sua concezione dell’anima di origine divina (dono di Dio all’uomo), il Daimon di cui parla Socrate sarebbe una presenza divina. (30) Nell’Apologia lo mette in relazione con demoni intermediari che derivano dagli dei la cui voce è la voce di Dio. (31) Il demone Eros è una forza demoniaca tra Dio e i mortali che consente all’uomo di elevarsi verso il soprasensibile. (32) Anche per Senocrate, che analizza la figura del demone, ripresa dall’opera di Platone, i demoni sarebbero esseri intermediari tra gli uomini e gli dei. (39)

Il Daimonion socratico, essendo indicato da un termine neutro, non può riferirsi a un demone-persona ma un evento. Sia in Platone che in Senofonte il Daimonion non è mai detto demone ma segno. (34)

Nel mondo antico prima di Socrate il Daimon era una via di mezzo fra due cose, abitante una regione mediana (metaxu), la stessa dell’anima. Più che un dio era una realtà psichica che aveva intimità con noi, una figura che poteva apparire in sogno, inviare messaggi come un cattivo auspicio o un presentimento. (35)

Eraclito aveva definito il Daimon nel frammento: “ethos anthropoi daimon“, in cui “daimon” è il destino (36) ed “ethos” abito, carattere (37): il carattere, l’abito, l’etica sono il nostro destino. Il destino del nostro daimon è nostra responsabilità. (38) Si tratta del socratico: “prendersi cura dell’anima”, in cui si riassume la dottrina socratica: “conosci te stesso”. Avere cura di se stessi è avere cura non del corpo ma dell’anima (38) e poiché l’anima è l’Io cosciente, consapevole ed intelligente, la virtù consiste nell’attuare pienamente questa coscienza ed intelligenza, il che non può essere altro che la scienza e la conoscenza. (40) Infatti il Daimonion non rivela a Socrate verità filosofiche, cioè la “sapienza umana” che trae la sua validità dal logos, né il suo messaggio ha implicazioni etiche, le quali, secondo Socrate, non si fondano su voleri divini ma sull’essenza dell’uomo, la psyché, e si impongono di per sé: Dio non interviene nella fondazione dell’etica con premi e castighi. (41)

 

(1) F. Sarri, Socrate e la genesi dell’idea occidentale di anima, Vita e Pensiero, Milano 1997.

(2) C. de Vogel, Ripensando Platone e il platonismo, Vita e Pensiero, Milano 1990.

(3) G. Reale, Introduzione a Socrate e la nascita del concetto occidentale di anima, Vita e Pensiero, Milano 1977, p. XVI.

(4) A. E. Taylor, Socrates, Thomas Nelson & sons LTD, 1939, p. 134 (la traduzione è mia).

(5) G. Reale, Dario Antiseri, Storia della Filosofia, Bompiani, 2008, Volume I, p. 193.

(6) Platone, Protagora 313e2.

(7) Platone, Alcibiade Maggiore 130 (traduzione di E. Turolla).

(8) G. Reale, Storia della filosofia antica, Vita e Pensiero, Milano 1975.

(9) L. Zampirini, Platone. Un maestro del pensiero occidentale, Giunti, Firenze 2003, p. 90.

(10) M. Montuori, Socrate. Fisiologia di un mito, Vita e Pensiero, Milano 1998, p. 86.

(11) >4, p. 134.

(12) >4, p. 132.

(13) >4, p. 133.

(14) >4, p. 133.

(15) >4, p. 136.

(16) >4, p. 136.

(17) >4, p. 137.

(18) >4, p. 136.

(19) >4, p. 137.

(20) >4, p. 137.

(21) >4, p. 138.

(22) >4, p. 138.

(23 )>4, p. 138.

(24) >4, p. 138.

(25) >4, p. 140.

(26) >5, p. 219.

(27) M. Canto-Sperber, Socrate, in Il sapere greco. Dizionario critico, Volume II, Einaudi, Torino 2007, p. 296.

(28) P. De Bernardi, Socrate, il demone e il risveglio, In «Sapienza», Volume 45, pp. 425, 443, ESD, Napoli 1992.

(29) Platone, Apologia di Socrate 21d.

(30) >5, p. 219.

(31) >5, p. 220.

(32) >5, p. 221.

(33) Senocrate-Ermodoro, Frammenti, a cura di M. Isnardi Parente, Bibliopolis, Napoli, 1987, frr. 222-230.

(34) Platone, Simposio 202d-e.

(35) J.H. Hillman, Il codice dell’anima, Adelphi, Milano 1997, p. 319.

(36) Ivi, p. 317.

(37) Ivi, p. 319.

(38) Ivi, p. 321.

(39) >5, p. 193.

(40) >5, p. 197.

(41) >5, p. 221.

(42) C.G. Jung, Opere, 9, Gli archetipi e l’inconscio collettivo, Bollati Boringhieri, Torino 2013, p. 59.

(43) Ivi, p. 60.

(44) Ivi, p. 62.

(45) Ivi, p. 64.

(46) Ibidem.

(47) Ivi, p. 69.

(48) Ivi, p. 70.

(49) Id., Tipi psicologici, Newton Compton, Roma 2012, p. 322.

(50) Ivi, p. 325.

(51) Ibidem.

(52) Ivi, p. 326.

(53) Ivi, p. 353.

(54) Id., Ricordi, sogni e riflessioni, BUR saggi, 2014, p. 404.

(55) Ivi, p. 405

(56) Ivi, p. 407.

(57) Ivi, p. 406.

(58) Ivi, p. 397.

(59) Ivi, p. 398.

(60) Ivi, p. 399.

(61) Ibidem.

(62) Ivi, p. 400.

(63) Ibidem.

(64) Ivi, p. 399.

(65) Ivi, p. 400.

(66) Ivi, p. 494.

(67) >49 p. 361.

(68) Ivi, p. 363.

(69) >54 p. 489.

(70) Ivi, p. 494.

(71) Ivi, p. 487.

(72) Id., L’io e l’inconscio, Boringhieri, Torino 1985, p. 160.

 

Articolo seguente: L’anima secondo Jung: una rivisitazione dell’anima socratica? (2)

 

 


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