[Incipit] Philía e inizio (7)
[Incipit] Philía e inizio (7)
Apr 15
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7. Philótes come tensione cosmica di armonia
La fanciulla divina si dovette presto emancipare dalla cupezza del mito che la generò e dalle derive dionisiache alle quali le esigenze religiose della pólis dovettero asservirla, ma conservò sempre un’attrattiva e una forza legante molto avversata. D’altra parte, secondo Esiodo, sua competitrice e antagonista fu sempre l’odiosa Contesa (Neikéa o Néikos), figlia della Discordia (Éris). Il rapporto fra le due fu conflittuale, e traccia di questo si preserva nel pensiero dei Presocratici.
Per l’agrigentino Empedocle Philótēs e Néikos sono due principi di ordine cosmico [1], due forze uguali e contrarie che si avvicendano fronteggiandosi su ogni elemento dell’intera realtà, due leggi fisiche contrapposte come quelle che nell’odierna cosmologia governano la materia e l’antimateria:
«… non finiscono mai questi elementi che perpetuamente trasmutano
ora di riunirsi tutti in uno per azione di Philótēs
ora per esser trascinati per vie opposte dall’ostilità di Néikos…» [Fr. 31]
«…nell’Avversione tutto è difforme e contrastante, ma nell’Amicizia
tutto si riunisce e ogni cosa è colta da desiderio dell’altra…» [Fr. 40]
Philótēs in questa prospettiva è armonia, equilibrio, forma e pacificazione, ma sempre come polo positivo di una compresente carica negativa che pure appartiene alla sua stessa natura: una tensione all’unificazione di contro a una tendenza disgregativa e centrifuga. Uno dei modi di presentarsi della Contesa empedoclea è, secondo una testimonianza di Plutarco, la pólyphilia, la quale, in quanto attrazione dispersiva, «separa, allontana, e distoglie perché distrae e conduce a differenti richiami in tempi differenti e non consente il legare né il connettersi» (De amicorum multitudine 95a-b) – un processo che si realizza in ogni ordine di grandezza ed equilibrato dalla Philótēs stessa.
L’alternativa a ciclo continuo di questi due Willen cosmici e pulsionali genera l’essere nella sua totalità, come la luce e il buio generano il giorno nel suo insieme. Ora, questo avvicendamento di avversione/convergenza non solo anima la phýsis, ma anche l’uomo che di essa fa parte, quanto meno per l’istante di aggregazione che gli è dato vivere:
«Questo è ben visibile nella massa delle membra mortali:
ora per azione di Amicizia noi, in quanto membra che formano il corpo,
ci riuniamo tutte in uno, al culmine della vita fiorente; ora
separate da maligni Contrasti, vagano ognuna divisa dall’altra
fino alla sponda estrema della vita». [Fr. 41]
L’alternanza tensionale dell’Amicizia secondo Empedocle permea l’universo e pertanto appartiene anche all’intima natura dell’uomo, al suo corpo e al suo spirito. L’Amicizia, anche in questa forma di magnetismo metafisico, ha a che fare con la filo-sofia, un sapere che si esercita su un campo di forze il cui suo soggetto stesso – l’uomo – è pure in sé tutto attraversato da questa energia, da questa tensione che lo tiene insieme esercitandosi in direzione contraria a quella della disgregazione «fino alla sponda estrema della vita».
Si può forse capire a questo punto qualcosa di più di quella iniziale citazione à la Heidegger secondo cui «la filosofia è esperire quell’amicizia originaria che è consonanza con le cose, con-essere». Empedocle sembra dirci che l’essenza dell’Amicizia è una tensione unificativa che ci pervade e che tiene insieme l’universo intero e fare esperienza di ciò è filosofia «culmine della vita fiorente».
Il lirico tedesco Friedrich Hölderlin, autore della tragedia incompiuta La morte di Empedocle, in una sua poesia, intitolata Freundschafft, cioè «Amicizia» (composta poco prima di morire, ormai travolto dalla follia che da anni lo insidiava), così recuperò il legame tra philótēs e sapienza:
«L’alto spirito è vicino all’amicizia,
L’uomo ritrova nell’armonia letizia
e intimità, perché a vivere in sapienza
all’umanità fu data conoscenza» [2].
Note:
[1] «La prima speculazione filosofica sull’amicizia si trova nella filosofia di Empedocle con valenza cosmologica e ontologica. L’amicizia (amore) funge, insieme alla dscordia (odio), da causa motrice dei quattro elementi». G. Reale, Assi portanti del pensiero antico e Lessico, Storia della Filosofia Greca e Romana, IX, Milano 2004, p. 95. Cfr. anche D.W. Graham, «Empedocles and Anaxagoras: responses to Parmenides», in A.A. Long, The Cambridge Companion to Early Greek Philosophy, Cambridge University Press, Cambridge 1999, pp. 159-180.
[2] F. Hölderlin, Amicizia [27 Maggio 1843], in Id., Tutte le liriche, trad. it. a c. di L. Reitani, Mondadori, Milano, 2001, p. 1277.
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