Temi e protagonisti della filosofia

[Incipit] Il motivo dell’origine: questioni di metodo (12)

[Incipit] Il motivo dell’origine: questioni di metodo (12)

Gen 16

 

Articolo precedente: [Incipit] Il motivo dell’origine: questioni di metodo (11)

 

12. L’autoriflessività del metodo genealogico-ermeneutico

Rispetto ad altri metodi propri della filosofia, genealogia ed ermeneutica sembrano essere particolarmente adatti allo studio dell’origine in virtù del loro carattere autoriflessivo.

L’autoriflessività consiste nel fatto che, ogniqualvolta questi metodi vengono applicati, vengono innanzitutto applicati nei riguardi della loro stessa metodologia, prima ancora che nei riguardi del loro oggetto. Questa applicazione, come nel caso della presunta “storia” della filosofia delle origini, non è mai neutrale, ma è sempre critica e autocritica [27]. Si può parlare quindi di genealogia della genealogia ed ermeneutica dell’ermeneutica nel senso che (1) ogni discorso sull’origine “si origina” in vista del suo stesso originarsi, e (2) la comprensione e interpretazione di ogni discorso pre-vede la possibilità di istituzione di un senso, di una valutazione preliminare o addirittura antecedente di propria significatività.

L’autoriflessività della genealogia e della genealogia dell’inizio in particolare è sempre dinamica, nel senso che si configura come un racconto “in corsa” di un inizio che è già un processo e che non è dato comprendere se non a ritroso a partire dagli esiti finali (anch’essi in movimento) di quel processo in fieri e che, tra l’altro, solo a posteriori viene riconosciuto come processo e isolato come tale [28]. Per questo motivo l’origine è e deve essere evidentemente una preoccupazione dell’oggi, più che di ieri. Un po’ come l’angelo della Storia di Walter Benjamin che, tenendo lo sguardo rivolto al passato, deve giocoforza procedere, sospinto irrimediabilmente al progresso, nonostante il catastrofico lascito – ormai irricomponibile – a cui si volge (cfr. gr. καταστροϕή, propr. «rivolgimento, rovesciamento»), così la genealogia si proietta nel futuro osservando come il proprio passato ha condotto fin lì.

La successione cronologica dei momenti («la catena di eventi», a cui assiste l’angelo della Storia) – ai quali comunque la genealogia non si riduce – non può ignorare la ricorsività e la persistenza di quel movimento dell’origine che trasversalmente è loro compresente.

Recuperando la distinzione che Foucault ravvisava in Nietzsche in tema di inizio [29], potremo dire che la storiografia tradizionale persegue un’origine intesa come «Ursprung» o “insorgenza prima”, quasi metafisicamente connotata, laddove la genealogia tende invece a rintracciare un’origine dinamica intesa come «Entstehung» o “provenienza emergente” – o meglio, al plurale, l’emergenza delle provenienze. Quest’ultima modalità rintraccia l’affiorare di sorgenti di significato nel flusso dei giochi di forze e prevaricazioni a cui il presente inevitabilmente si alimenta nel suo attuale stato di tensione e contraddizione derivato [30]. In tal senso,

la genealogia sottrae all’origine il valore di principio non principiato ossia di cosa o ente o concetto assoluto… esclude che l’originario possa essere inteso al modo di una cosa o di un postulato… L’origine, dunque, non può essere definita o detta, né la genealogia, tratta nel movimento dell’origine, può divenire storia. [31]

L’autoriflessività della genealogia dell’inizio consiste quindi nell’affacciarsi alle insolubili differenze tra origine e originato, che si vanno scoprendo: noi non siamo ciò da cui proveniamo o forse siamo inconsapevoli di condividere la natura delle nostre origini a tal punto da non saper più riconoscere queste nostre origini come tali. Per un verso noi non siamo più la nostra origine, per un altro verso noi lo siamo ancora, ma non sempre ne siamo consapevoli. Ricostruire l’albero genealogico delle idee e delle pratiche è solo il primo momento della comprensione, che necessita in un secondo momento di una conseguente interpretazione, di un’ermeneutica appunto, perché davvero possa tale genealogia mettere radici nel contemporaneo che ci attraversa.

L’ermeneutica è disciplina dell’interpretare: non solo in senso cautelativo, al fine cioè di evitare il fraintendimento e l’errore, ma è anche arte del significare, cioè, più positivamente, quella pratica in grado di dare significato al suo testo-mondo e all’origine che va determinandolo. L’atto del significare si esplica non tanto nel produrre ex novo comprensioni e spiegazioni intersoggettive, quanto piuttosto nel lasciarle emergere e recuperarle dalla trama degli eventi che le determinano e che, a propria volta, danno significato all’interpretante.

Infatti anche l’ermeneutica è un metodo autoriflessivo, nel senso che interpreta innanzitutto il proprio interpretare [32]. Essa si muove in circolo (il “circolo ermeneutico”), dove le parti rendono comprensibile l’intero e l’intero le parti. In questo circolo, l’interprete e il mondo si scambiano di volta in volta i ruoli di “intero” e “parte” in un giro di vicendevole e mutua comprensione. La circolarità dell’interpretazione è sempre un movimento a spirale in progressivo ampliamento, che arriva a comprensioni sempre più d’insieme nei confronti di quell’altro-da-sé che è innanzitutto la propria identità, la propria origine. L’altro da sé più remoto (e al tempo stesso più proprio) è l’origine, e l’origine è anche il punto dove il circolo ermeneutico giunge a chiudersi, dove ghénesis e télos si congiungono e si ri-comprendono. Comprendendo ciò, il soggetto comprendente comprende sé stesso, dà profondità al proprio vissuto (Erlebnis) e significato all’individuale-universale posto ad oggetto, nella sua dinamica esistenziale.

Note:

[27] «La radicalità del progetto genealogico in particolare consiste nel giungere a concepire la genealogia stessa come a sua volta partecipe di quella dinamica genetica che perviene alla formazione dei valori… Il genealogista legifera, è critico e può esserlo solo in quanto è esso stesso all’origine, al principio dei valori stessi che va ricercando. Non più esteriore alla realtà, la critica diviene in questo modo parte integrante della realtà stessa, ne è anzi il principio genetico» (E. Basso, s.v. “Genealogia”, cit., p. 4594-5). – Analogamente si può dire per la capacità critica dell’ermeneutica, che, in quanto arte dell’interpretazione, non è mai neutrale.

[28] «La genealogia è un inabissarsi e un retrocedere indietro, è insomma un movimento che abbandona il terreno della quotidianità per andarlo però a sondare, e per andare a sondare anche se stesso in quanto movimento, ossia «ogni genealogia è una autogenealogia» (Foucault), proprio perché la prima cosa che rivela è che l’origine stessa è movimento di generazione e non dato irreversibile. Il nostro presente è la differenza dal futuro, ma anche del passato, è il doversi nuovamente rapportare all’origine perché sentiamo di averla irrimediabilmente perduta, è l’allontanarsi dal presente in vista di un cammino a ritroso verso l’origine per capire il nostro presente, per capire noi, per capire come noi che guardiamo l’origine siamo originati da essa […]. Gli occhi con cui guardiamo l’origine sono gli occhi originati da essa, sono gli occhi che cercano di guardare se stessi, di guardare se stessi mentre guardano, in un tentativo di porci davanti allo specchio per vedere cosa c’è dietro sempre standoci davanti, sino a renderci conto che ciò che c’è dietro lo specchio è ciò che sta davanti, è l’uomo. Ogni genealogia umana ci rivela che l’uomo è, per così dire, un essere genealogico» (G. Pezzano, Uomo, apertura e comunità…, cit., pp. 48-49).

[29] M. Foucault, «Nietzsche, la généalogie, l’histoire» (1971), in Id., Dits et écrits, II, éd. de D. Defert et F. Ewald, Paris, Gallimard, 1994; trad. it. di A. Fontana, «Nietzsche, la genealogia, la storia», in Microfisica del Potere, Einaudi, Torino, 1977, pp. 29-54; ripubblicato in Il discorso, la storia, la verità: interventi 1969-1984, a c. di M. Bertani, Einaudi, Torino, 2001, pp. 43-64.

[30] «[Rispetto alla genealogia] la storia tradizionale fa invece della ricerca dell’origine-Ursprung il proprio compito principale. Presupporre una simile origine a monte degli avvenimenti storici, anche di quelli che si sono rivelati i più importanti, conduce necessariamente lo storico su strade già battute, in quanto la sua ricerca si concretizzerà nell’analisi di quegli elementi di continuità che ci permettono di ritrovarci e di riconoscerci come individui che hanno una cultura e delle tradizioni ereditate in modo lineare dal passato. Il compito della genealogia è proprio l’opposto. Essa intende spezzare ogni continuità e dimostrare che non vi è mai nulla di necessario e pre-determinato nella storia, per cui non ci si può affidare a nessuna teleologia. Per questo il suo obbiettivo è la “rottura delle evidenze”. All’origine-verità (Ursprung) la genealogia oppone la ricerca dell’origine-emergenza (Entstehung). Ciò significa rivolgere l’analisi agli eventi materiali che l’hanno preceduta, ai rapporti di forza che l’anno contesa: “l’emergenza è l’entrata in scena di forze” e si produce in un “certo stato delle forze”; si tratta di una vera irruzione intempestiva in cui gioca un ruolo importante anche il caso. La ricerca dell’origine-emergenza indaga le strategie e i giochi di potere che hanno interesse a nascondersi dietro la narrazione della solennità dell’origine, sottraendola così ad ogni confronto. […] Si tratta dunque di contrapporre all’unicità dell’origine “innumerevoli inizi”, di moltiplicare i piani d’analisi e i livelli degli stessi, e di far esplodere le differenze» (F. Domenicali, «La traccia quasi cancellata. Il metodo genealogico in Foucault», in I Castelli di Yale, anno VIII, 2005/2006, http:// www.unife.it/ letterefilosofia/ filosofia/ rivista-i-castelli-di-yale/ castelli-yale-anno -viii-2005-2006/la-traccia-quasi-cancellata.-il-metodo-genealogico-in-foucault.pdf/view [mod.31/07/2012]).

[31] S. Natoli, «Il motivo dell’origine», in Id., Il linguaggio della verità, cit., pp. 13 e 14.

[32] «Lo studioso di ermeneutica può conoscere lo stato della ricerca soltanto per mezzo di una sua autonoma appropriazione della storia delle teorie del comprendere… per questa ragione, un’ermeneutica che sia esercitata in maniera riflessiva non ignorare che la propria posizione è condizionata dalla propria origine storica» (M. Jung, L’ermeneutica, cit., p. 27-28).

 

Articolo successivo: [Incipit] Il motivo dell’origine: questioni di metodo (13)

 


Ti è piaciuto il post? Dona a Filosofia Blog!

Cliccando sul pulsante qui sotto puoi donare a Filosofia Blog una piccola cifra, anche solo 2 euro, pagando in modo sicuro e senza commissioni. Così facendo contribuirai a mantenere i costi vivi di Filosofia Blog. Il servizio di donazioni si appoggia sul circuito il più diffuso e sicuro metodo di pagamento online, usato da più di 150 milioni di persone. Per poter effettuare la donazione non è necessario avere un account Paypal, basta avere una qualsiasi carta di credito o Postepay. Grazie!

Leave a Reply