[Incipit] Il motivo dell’origine: questioni di metodo (1)
[Incipit] Il motivo dell’origine: questioni di metodo (1)
Giu 09
Articolo precedente: [Incipit] Philia e inizio (7)
«Qualora si interpreti la condotta intellettuale
come uno strutturarsi dell’esperienza comune,
ciò che si fa è appunto l’accertamento di un originarsi».
[S. Natoli]
1. Motivi, ragioni e ricorrenze
Il motivo dell’origine è un motivo classico della filosofia. “Motivo” significa sostanzialmente due cose: significa “ragione” oppure, si pensi ad esempio al lessico musicale, significa “movimento ricorrente” [1]. Il motivo è dunque una forma di ragione che ricorre nella dinamica del pensiero. Il motivo dell’origine in particolare è un tema sorprendentemente ricorrente, oggi come – appunto – alle origini della civiltà. Ad esempio, i tanti miti fondativi o cosmogonici che accomunano molte delle popolazioni antiche altro non sono che prime formulazioni di quel “motivo” che si interroga sulle proprie origini e quindi sulla propria collocazione nel mondo così principiato e sul proprio destino. Un motivo universale e, come tale, destinato a ripetersi e reiterarsi.
Al riguardo, vorrei qui discutere alcune considerazioni avanzate da Salvatore Natoli nel suo recente libro intitolato Il linguaggio della verità [2], il cui primo capitolo si intitola appunto “Il motivo dell’origine”. Lì possiamo leggere infatti interessanti considerazioni teoriche riguardo a come poter parlare dell’inizio, quali siano cioè le metodologie a disposizione per poter accedere a quel motivo ricorrente e razionale che è l’origine in quella peculiare dialettica del pensiero che è la filosofia. Una volta individuatane la soglia, si tratta infatti di comprenderne i “metodi di ingresso”.
Rispetto ai miti poco sopra menzionati, la filosofia sembra ben candidarsi, fin dall’inizio, quale modalità autorevole di interrogazione – non in competizione, ma in valida alternativa, soprattutto se si pensa al motivo dell’origine come un “rendere ragione” del proprio originarsi. Così scrive Natoli all’inizio della sua riflessione:
Non si andrebbe troppo lontano dal vero se si sostenesse che la filosofia si determina, prioritariamente, come discorso sull’origine […] La filosofia è un discorso che verte sull’originario […] In tutta la sua storia, il sapere filosofico si è costituito come un sapere dell’origine intesa come ciò che sta prima nell’ordine del tempo e del valore […] Ognuno, a suo modo, riconduce necessariamente il proprio filosofare al discorso sull’origine (pp.9-13).
La filosofia intesa come “amore per la sapienza” sarebbe dunque innanzitutto “amore per l’origine“? La sapienza che sta ad oggetto di tale tensione conoscitiva sarebbe primariamente un “sapere dell’origine“? Sembrerebbe di sì, almeno in prima approssimazione. A convalida di questa sua tesi, Natoli ricorre ad una onerosa citazione senza però dilungarsi sul suo senso. Come ora vedremo, la citazione è assai pertinente ma necessita di qualche spiegazione in più.
Note
[1] Sub voce motivo: (A) ciò per cui si fa o non si fa qualcosa; (B) spunto melodico da cui si sviluppa l’intera opera musicale, melodia, aria facilmente orecchiabile; tema fondamentale di un’opera letteraria; nelle arti, elemento funzionale o decorativo più volte ripetuto.
[2] S. Natoli, Il linguaggio della verità. Logica ermeneutica, Morcelliana, Brescia 2014.
Articolo successivo: [Incipit] Il motivo dell’origine: questioni di metodo (2)