Temi e protagonisti della filosofia

Giordano Bruno e l’infinito

Giordano Bruno e l’infinito

Set 12

Nel panorama del pensiero rinascimentale tra i numerosi fermenti che si intrecciano, si leva una voce tanto forte quanto solitaria, quella di Giordano Bruno. Il nolano è indubbiamente passato alla storia per il tragico epilogo della propria vicenda esistenziale la quale non è comprensibile a pieno se non in rapporto alla riflessione che ha condotto e che ci è pervenuta per via dei suoi scritti.

Anche nel caso di Bruno il legame di vita e pensiero è innegabile. La sua formazione presso i domenicani lo segnerà e accompagnerà per tutto il percorso di studi poi perseguito, anche se nella forma di una rottura totale: le influenze di neoplatonismo, panteismo, misticismo e studi cabalistici sono prepotenti e forgiano un nuovo Bruno decisamente anticristiano e sostenitore di una religione magica che è anche e soprattutto filosofia. Tra i moderni Bruno è il più sovversivo nelle idee e rivoluzionario nel modo di pensare: con la teoria dell’universo infinito supera Copernico e smantella tutti i capisaldi della tradizione aristotelico-tolemaica: se si volesse scegliere un unico concetto cardine del suo pensiero, questo sarebbe proprio l’infinito.

Uno dunque è il cielo, il spacio immenso, il seno, il continente universale, l’eterea regione per la quale il tutto discorre e si muove. Ivi innumerabili stelle, astri, globi, soli e terre sensibilmente si veggono, ed infiniti raggionevolmente si argumentano. L’universo immenso ed infinito è il composto che resulta da tal spacio e tanti compresi corpi (De l’infinito universo e mondi, Filoteo: dialogo III).

Giordano Bruno difende la validità della tesi copernicana ma ritiene che a spiegare l’universo non basti neanche l’eliocentrismo: non è dato alcun centro nell’universo il quale è unico, immenso, aperto, ugualmente nobile in ogni punto. Occorre cambiare la prospettiva di approccio al cosmo, quale estensione della stessa materia/forma divina che permea il tutto.

L’infinito sta ad indicare una vita che continuamente si rigenera e muta, incomprensibile a un occhio puramente quantificante e nella quale l’uomo rappresenta solo un infimo dettaglio, un’ombra, un finito.

Andando ancora una volta contro le teorie consolidate del suo tempo, Bruno ritiene che l’uomo non debba godere di un qualche primato a priori. Quest’ultimo inevitabilmente anela a una re-immissione nell’infinito da cui proviene ma per questa non vi è alcuna via maestra né certezza: sempre si sentirà vicino alla verità e sempre ne sarà rigettato lontano, in una continua tensione a spirale. Tuttavia non viene meno l’evenienza che l’uomo attraverso la magia, intesa come capacità di “operare” e quindi attraverso l’esperire il corpo – possa godere della visione dell’infinità, come in un barlume di fasto: è una rarissima circostanza che il filosofo designa con il nome di “eroico furore”, la quale però non è di certo intesa alla stregua di una virtù da raggiungere. L’intuizione è primaria.

La nozione di infinito pone di conseguenza un altro concetto fondamentale nel pensiero di Bruno, ossia il panteismo benché accolto con qualche forzatura: nell’universo vi è il divino, un principio immanente a cui il filosofo non intende rinunciare, spogliato di tutti i connotati attribuitegli al tempo. Nonostante ciò l’essenza divina è anche al di là della natura nella misura in cui si svela ragione suprema dell’essere e del divenire.

Quest’ultimo assunto che può sembrare discorde, come qualche altro punto oscuro della riflessione bruniana, si spiega con la “vocazione” civile del filosofo: Bruno riconosce l’importanza di mettere in salvo il principio dell’ordine mondano e garantire una connessione tra opere e meriti per concedere all’uomo l’ancora etica di cui ha bisogno e la possibilità di una coesistenza pacifica e armoniosa tra i popoli. Infatti per quanto concerne l’anima, neanch’essa è gettata nel caos amorfo di materia – posto che ogni cosa è composta da atomi identici fra loro per forma, sostanza e dimensione e la loro diversa aggregazione produce corpi differenti – quanto piuttosto immersa in un ciclo continuo di metempsicosi, non essendovi alcuna differenza tra ciò che costituisce l’uomo e ciò di cui è fatto l’animale. Bruno è consapevole della radicalità del determinismo, integrato ad ogni modo nel suo sistema non senza l’ambiguità che ne consegue.

La difficoltà di sostenere queste tesi in un’epoca densa di contrasti e repressioni sarà grande per Giordano Bruno, come grande è stata la sua concezione altissima del filosofare: non senza aver lottato, accoglie il suo destino non da vittima e da accusato, quanto piuttosto da difensore e testimone della verità quale valore in sé, allestendo un’ultima scena che lo vede solo nel silenzio dei contemporanei.

Per tali molteplici aspetti, in questa sede soltanto accennati, si dovrebbe voler ascoltare di nuovo le parole di Bruno, ancor di più in una fase così carica di forti istanze di ricongiunzione con la dimensione della trascendenza e dell’alterità, come quella che l’uomo sta vivendo attualmente.


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2 comments

  1. Lucia

    Davvero molto interessante.. Ogni giorno, ognuno di noi vive nell’infinito. Anche un attimo può mutarsi in infinito poichè quell’istante si tramuterà in altro e ci porterà a vivere altri innumerevoli istanti. davvero affascinante!

  2. Bruno sarebbe stato un uomo “troppo avanti” anche ai nostri tempi. Il suo pensiero non ha età.

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