Temi e protagonisti della filosofia

La logica stoica. IV. Teoria del concetto

La logica stoica. IV. Teoria del concetto

Gen 09

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Secondo gli stoici la rappresentazione, una volta soverchiata da una nuova sensazione, lascia il ricordo. Molti ricordi della stessa specie danno luogo all’esperienza.

Oltre alla rappresentazione sensibile, gli stoici ammettono anche il concetto o intellezione (noesis, ennoia, ennoema). Le intellezioni sono immagini della mente dell’animale razionale che poi saranno connesse nelle inferenze. Nonostante quest’autonomia garantita al pensiero (uno dei moltissimi significati di logos), opposta all’eliminativismo degli epicurei (le parole, individui corporei, si riferiscono immediatamente alle cose, individui corporei, come le sensazioni e le prolessi, impronte corporee), condizione necessaria per il prodursi dell’intellezione resta comunque la sensazione.

Il passaggio più immediato dalla sensazione all’intellezione, il più aderente al dato empirico, avviene per contatto (kata periptosin), come quando si passa dalla sensazione di questo bianco che vedo sullo schermo all’universale “bianco” o dalla sensazione di questo colore all’universale “colore”. Similmente i concetti empirici kantiani sono intellettuali rispetto alla forma (l’universalità comune a tutti i concetti: “bianco” è predicabile di più cose), ma il loro contenuto è sensibile.

Questi concetti immediati sono successivamente mediabili attraverso passaggi associativi e divisivi, precisamente nei seguenti modi:
• per similitudine, mediante cui conosciamo qualcosa a partire dalla sensazione di qualcos’altro di simile: per esempio rappresentiamo Socrate a partire dal suo ritratto;
• per analogia: per esempio conosciamo i giganti aumentando e i nani diminuendo la rappresentazione di uomo o il centro della terra per analogia con sfere più piccole;
• per spostamento, mediante cui per esempio Plinio rappresenta i Blemmii cogli occhi sul petto;
• per composizione, mediante cui per esempio chi non ha mai visto un pipistrello s’immagina un topo-uccello;
• per contrasto, mediante cui ci rappresentiamo per esempio la morte;
• per trasposizione, mediante cui concepiamo per esempio gli esprimibili e il luogo;
• per origine naturale, mediante cui per esempio rappresentiamo il bene e il giusto;
• per privazione, mediante cui per esempio ci facciamo il concetto di “monco”.

Oltre alle intellezioni in senso stretto, trasmesse dall’impegno educativo formale (cultura), gli stoici, come gli epicurei, ammettono anche le prolessi (prolepseis) quali concezioni naturali degli universali, ricevute, senza alcun disegno pianificato, dall’esperienza. La razionalità umana trae origine dalle prolessi ed è matura a sette anni di età; è questo l’ottimismo che crede nella risorsa dei giovini, cribbio: prima che i cervelli fuggano a diciotto o a ventitre anni, ce li teniamo in patria funzionanti a pieno regime per undici o addirittura sedici anni! Le prolessi specie-specifiche dell’umanità sono dette nozioni comuni (koinai ennoiai, communes notitiae) e costituiscono i principi assiomatici di tutte le scienze (la cultura è in continuità con la natura quale esplicitazione di ciò che è implicito). In particolare le nozioni morali di base sono prolessi innate (emphytoi prolepseis). Insomma – ecco uno dei tanti tratti cinici evidenti soprattutto in Zenone, allievo, tra gli altri, di Cratete (allievo di Diogene, allievo di Antistene, allievo di Socrate, allievo del daimon) – anche gli ignoranti possono essere razionali: l’importante per gli stoici è la virtù, l’islam del singolo alla fatale razionalità cosmica; il buon selvaggio è dietro l’angolo, ma non temere: è buono.

Ma l’innatismo non contraddice l’empirismo dell’anima-tabula rasa? No, se si tiene presente che il neonato è un agente razionale solo virtuale o in potenza che passerà all’atto a sette anni: il logos individuale è un momento del logos universale. A tal proposito sarebbe interessante il confronto con la trattazione psicologica aristotelica della distinzione tra intelletto passivo e intelletto attivo. Ma vai a sapere cosa e come argomentavano in realtà gli stoici, per di più discordando tra loro, alla fioca luce di quei moncherini (privazione) che sono gl’insufficienti frammenti rimastici. Lo storico della filosofia è nella stessa condizione del paleontologo che deve ricostruire l’aspetto di un dinosauro sconosciuto a partire da pochi fossili di ossicini secondari e slegati (il museo lunapark lo esige). Tiremm tuttavia innanz come il novello Catone Amatore Sciesa, nostro eroe stoico da centocinquant’anni, ed esprimiamoci.


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1 comment

  1. Sean F. Boloais

    Grande Giulio!
    Grazie mille di questi post, sono fatti davvero “divinamente” 😉
    si vede che hai un daimon in ottima forma 😀

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