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La fisica stoica VIII. Libertà

La fisica stoica VIII. Libertà

Apr 06

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Gli stoici identificano la libertà con l’autopragia, cioè, diremmo noi, con l’autodeterminazione: capacità di essere causa di se stessi, dei movimenti e delle azioni del proprio corpo. L’unica persona autenticamente libera è il sapiente, che si autodetermina completamente, aderendo però nel pensare, nel parlare e nell’agire all’ordine del cosmo dipanantesi diacronicamente come destino. La libertà non è una capacità pratico-poietica di influire positivamente sul decorso causale della realta, bensì una conversione teoretica dalla prospettiva contingente del singolo alla scienza del nesso necessario tra le parti dell’intero: l’agente razionale si riconosce come parte, cui antepone l’intero proprio in quanto la struttura dell’intero è razionale. La libertà insomma consiste nel sottomettere l’arbitrio alla necessità e non viceversa.

Per mantenere comunque al sapiente un certo margine di manovra, sia pure cooperante e non contrapposto al fato deterministico, così da non eliminare la responsabilità morale e la stessa distinzione tra saggio e stolto, Crisippo distingue due specie di cause:

  1. fondamentali e perfette;
  2. prossime e concomitanti.

Mentre le prime, ontologicamente strutturali e assolutamente necessarie,  danno luogo automaticamente agli effetti, all’efficienza delle seconde possiamo concorrere o attivamente, imprimendo col nostro corpo un’affezione su un altro corpo più passivo del nostro, o non opponendoci al loro verificarsi, assecondandole da spettatori.

L’assenso infatti è libero: anche se la volontà non può mai essere causa unica ed irrelata dal contesto olistico, una volta che il mondo esterno abbia messo in moto un processo causale la nostra interiorità può approvare l’evento come conforme alla razionalità cosmica, mantendeosi nel vero e nell’evidenza, o disapprovarlo, aderendo così al falso e alla non-evidenza. L’assenso al falso è nondimeno ininfluente, un attimo di stoltezza cui rimedia il precipitare degli eventi. Riprendendo l’analogia del cane legato al carro, vediamo infatti che, nonostante l’animale possa optare per la resistenza al movimento, la necessità ha la meglio sulla sua risoluzione pratica ed esso finisce trascinato per forza. Qualora invece segua docilmente la corsa del veicolo, ecco che la sua decisione libera va letteralmente di pari passo colla necessità.

Per chiarire la sua distinzione tra cause fondamentali e concomitanti, Crisippo propone un’altra analogia, quella del cilindro: come un cilindro, rispetto al movimento, non è libero di uscire da solo dallo stato di quiete ma, una volta spinto, rotola secondo la propria natura (e nono rimbalza o si libra in aria, per esempio), così noi non siamo in potere d’invertire idealisticamente il decorso materialista-empirista evento causale-rappresentazione subita, ma ciò non toglie che alla rappresentazione registrata passivamente possa far seguito l’assenso o il dissenso del giudizio, che a sua volta determina il contegno del nostro corpo rispetto all’evento in questione.


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