La fisica stoica II. Dio
La fisica stoica II. Dio
Mar 06[ad#Ret Big]
Per gli stoici pure Dio, in quanto aspetto universale del principio attivo, logos insito in nonché causa ed origine di ogni cosa, ordine necessario del mondo, cosmo intero inscindibile dalle sue parti, è un corpo inseparabile dal corpo del mondo e dalla natura (physis). Ciò non significa ridurre Dio alle cose, nella misura in cui l’impianto razionalista, teleologico e dinamico del sistema lo configura come un essere vivente, benché non personale, almeno nello stoicismo antico di Zenone, Cleante e Crisippo (III secolo a.C.) e in quello medio di Panezio e Posidonio (II-I secolo a.C.).
Ecco un frammento su questo panteismo stoico:
Dicono cosmo in tre sensi: Dio stesso che produce il suo carattere proprio dalla sostanza tutta ed è quindi immortale e ingenerato, in quanto demiurgo dell’ordinamento, dissolutore in sé e di nuovo generatore della sostanza tutta nel tempo di ciascun periodo; dicono che il cosmo è l’ordinamento stesso; in terzo luogo che è la composizione di entrambi.
Quello stoico è forse il primo “panteismo di ritorno” del pensiero occidentale, cioè la prima immanentizzazione della trascendenza operata non per mancanza di strumenti concettuali che garantiscano la separazione ma proprio contro gli esiti aporetici ed indesiderati di quella separazione (sugli allievi di Socrate, Platone ed Aristotele dagli orientamenti simili abbiamo notizie più scarse). L’aspetto interessante è che questa riduzione ontologica sul piano assiologico non ha ricadute più liberali o lassiste rispetto all’etica di Socrate, Platone ed Aristotele, ma più ascetiche. Infatti anche se la sostanza trascendente è negata, la sua funzione è mantenuta; anzi, l’immanenza rende più urgente e teso l’impegno del saggio, che non può permettersi errori o cadute.
Il logos divino è la natura corporea più pura, cioè, come per Eraclito, il fuoco. Esso è assimilato non al fuoco empirico, esclusivamente distruttivo (shivaico, per così dire), bensì al già menzionato pneuma, cioè ad un soffio di aria calda, il quale è anche vivificatore e conservatore (aspetto visnuico): un fuoco artefice, uno spirito di vita.
Nella cornice di questo panteismo monoteistico c’è comunque spazio per il tradizionale politeismo della religione pubblica dei greci, con tutto il seguito di demoni ed eroi che mediano tra dei ed uomini. Forse si può parlare di enoteismo: quanto più la visione si fa universale, tanto più la molteplicità prospettica dei diversi dei si confonde nell’unità sinottica della razionalità cosmica.
Si può dire, con Talete ed Eraclito, che tutto (cielo, aria, mare e terra) è pieno di dei. Tuttavia distinguiamo: gli dei molteplici veri e propri, gli olimpi, sono gli astri, i più nobili tra i viventi dotati d’intelligenza, mentre i demoni, affini agli uomini, svolgono una funzione simile a quella degli angeli custodi e gli eroi sono uomini particolarmente giusti la cui virtù garantisce loro un periodo di sopravvivenza postuma. In generale, nessuno di questi esseri superiori longevi è immortale, ma sono sottoposti a nascita e a morte: tutti i pezzi di materia qualificata saranno divorati dal fuoco nella conflagrazione finale. Immortale ed eterno insomma è solo Dio in quanto natura naturans ignea perfetta, nella quale tutte le naturae naturatae corruttibili prima o poi, volenti o nolenti, confluiscono.
Anche la mitologia è recuperata come espressione allegorica di dottrine fisiche secondarie, riguardanti le declinazioni funzionali dell’unica ragione che ordina i diversi ambiti naturali
Questo doppio movimento di purificazione delle rappresentazioni religiose asistematiche e determinazione funzionale della onnicomprensiva razionalità cosmica converge su una totalizzazione concreta rifuggente l’indeterminato ed assume veste poetica nell’Inno a Zeus di Cleante.