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L’etica stoica XIII. Impassibilità

L’etica stoica XIII. Impassibilità

Giu 12

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Come avveniva per le virtù, gli stoici elencano quattro tipi fondamentali di passioni, ulteriormente suddivisi in sottospecie.

  1. Il desiderio è causato da un’opinione falsa e da un giudizio errato su un bene futuro ed include, tra l’altro, bramosia, cupidigia, ambizione, ira (che a sua volta include sdegno, fastidio, rancore, collera).
  2. La paura è causata da un’opinione falsa e da un giudizio errato su un male futuro ed include indecisioni, angosce, costernazioni, trepidazioni, terrori.
  3. Il piacere è causato da un’opinione falsa e da un giudizio errato su un bene presente ma presunto (perché in realtà è un indifferente) ed include eccitazioni, godimenti, malevolenze, malefici.
  4. Il dolore è causato da un’opinione falsa e da un giudizio errato su un presente male presunto ed include invidia, gelosia, compatimento, tormento.

Agli stati patologici di desiderio, piacere e paura corrispondono nel saggio gli stati normali, calmi, equilibrati e razionali ad essi contrari: volontà, gioia e cautela rispettivamente. Al dolore dello stolto invece non si contrappone nessuno stato positivo nel saggio. Se infatti il dolore è la coscienza di una mancanza, il saggio conoscitore della perfezione dell’universo non solo non manca di nulla ma non può aggiungere alcunché di positivo alla già assoluta pienezza ontologica con cui s’identifica.

Per gli stoici, in generale, lo stolto è un pazzo, cioè un malato di mente, perché si discosta cognitivamente, psicologicamente e praticamente dalla perfetta connessione razionale di tutte le cose esposta nella fisica, alla quale, come dimostra la logica, non si dà alternativa. Ma le patologie da cui è affetto lo stolto sono le passioni, cioè, in definitiva, giudizi falsi, i quali, a monte, nascono da lacune strutturali nel possesso della scienza sistematica, e, a valle, si traducono effettualmente nella scelta delle azioni moralmente reprensibili. Il saggio, per contro, è totalmente sano, immune dalle passioni, e quindi impassibile, imperturbabile.

Ora, è chiaro che tale impassibilità (apatheia) consiste non in uno stato privativo rispetto a quello passionale, ossia in una torpida, inebetita incoscienza, orizzontalmente contraria all’accentuazione della coscienza appassionatamente oppositiva del singolo sconnesso dall’universale, bensì in un innalzamento verticale al di sopra della prospettiva ascientifica di una prassi non informata teoreticamente. A questa purificazione intellettuale consegue la felicità, intesa però non come brusco sconquasso eccitativo, ma come assoluta quiete interiore di un io partecipe e consapevole dell’armonia dell’intero, come sereno possesso della coerenza morale estesa definitivamente per tutta la vita.

Tuttavia l’inesorabile intellettualismo etico degli stoici, riduzionisti in sede teorica ed eliminativisti in sede pratica sulle passioni, li spinge a derivare conseguenze che alla sensibilità moderna, permeata dal messaggio cristiano, appaiono disumane: poiché misericordia e compassione rientrano tra le passioni che turbano la calma interiore, e il perdono introduce un’inammissibile eccezione alla virtù della giustizia che prescrive di punire i peccati, secondo Zenone il saggio deve estirparle come vizi e malattie dell’anima. Per Zenone solo gli sciocchi ed i deboli si fanno muovere a pietà da suppliche placando la loro giusta collera (beninteso non passionale ma fredda: sillogismo repentinamente esecutivo…); il saggio invece è virilmente implacabile con chi erra. L’aiuto prestato dal saggio nelle varie cerchie familiari, sociali e politiche dev’essere animato dal puro senso del dovere e dal perseguimento distaccato della virtù, senza alcuna parzialità affettiva o prospettiva sentimentale che inquinino la razionalità cosmica con compromessi non universalizzabili.


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2 comments

  1. Listh Casiny

    ottimo articolo, chiarissimo!

  2. Black Jack

    A questo punto posso proprio dire che non sono saggio! 😉

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