Temi e protagonisti della filosofia

Arriano, Manuale di Epitteto (4)

Arriano, Manuale di Epitteto (4)

Gen 29

Brano precedente: Arriano, Manuale di Epitteto (3)

 

 

15. Rammenta che tu devi comportarti come in un convito. Girando una portata viene offerta a te: stendi la mano prendendone acconciamente. Sorpassa: non trattenerla. Ancora non arriva: non buttarti proiettando l’appetito, ma permani fermo sin quando venga a te; così relativamente ai figli, così relativamente alla moglie, così relativamente alle cariche, così relativamente alla ricchezza, ed un giorno sarai degno convitato degli dèi. Qualora invece, pur essendoti proposte delle portate, non le prenda ma le ignori, allora sarai non solo convitato ma anche collega degli dèi. Ecco, così facendo Diogene ed Eraclito e quelli simili a loro erano ed erano detti degnamente divini.

16. Quando vedi qualcuno piangere, in lutto, o perché parte un figlio, o perché ha perduto i suoi averi, attento che la rappresentazione non ti rapisca, come se egli fosse in cattivi frangenti per le esteriorità, ma subito ti sia sottomano ciò: «lo opprime non quel ch’è accaduto (ecco, non opprime nessun’altro), ma la dottrina su di esso». Non esitare – sinché comunque si tratta di parlare – a condividere la sua sofferenza, ed anche, se capita così, ad intonare gemiti con lui; attento comunque a non intonare gemiti anche dentro.

17. Rammenta che sei attore d’un dramma, di quale poi lo decide il regista: se decide sia breve, di uno breve; se lungo, di uno lungo; se decide che tu interpreti un mendicante, fa’ in modo d’interpretare anche questo con gran naturalezza, e pure uno zoppo, pure un magistrato, pure un privato. Tuo compito, ecco, è questo: interpretare bene il personaggio datoti; eleggerlo, invece, è compito di qualcun altro.

18. Quando un corvo gracchia nefastamente, che la rappresentazione non ti rapisca, ma subito distingui da te stesso ed argomenta ciò: «nessuno di questi segni è per me, ma o per il mio corpicino, o per il mio gruzzoletto o per la mia reputazioncella o per i figli o per la moglie. Per me invece tutti i segni sono fausti, se io lo decido: qualunque cosa ne venga, l’avvantaggiarmene è obbediente a me».

19. Puoi essere invincibile se non intervieni in nessun agone la cui vittoria non è obbediente a te. [2] Vedendo qualcuno di più stimato o di assai potente o reputato per qualcos’altro, guarda di non considerarlo mai beato, rapito dalla rappresentazione. Se, ecco, l’essenza del bene è negli enti che obbediscono a noi, non ha spazio né l’invidia né la gelosia; e tu proprio non vorrai essere stratego, né pritano o console, ma libero. Unica dunque è la via verso questo: il disprezzo per gli enti non obbedienti a noi.

20. Rammenta che a oltraggiare non è colui che espone a ludibrio o colui che percuote, ma la dottrina per la quale questi son oltraggi. Quando quindi ti irrita qualcuno, vedi che t’ha irritato la tua presa di posizione. Ecco quindi, in primis, prova a non farti rapire dalla rappresentazione: ecco che, una volta che avrai colto del tempo e trattato la cosa, ti dominerai facilmente.

21. Morte ed esilio e tutto quel che pare terribile ti siano davanti agli occhi quotidianamente, ma soprattutto la morte, e non avrai mai in mente nulla di meschino né desidererai troppo alcunché.

 

Traduzione latina di Angelo Poliziano (1479)

XX. REGULA ELECTIONIS PRAESENTIUM, PRAETERITORUM ET FUTURORUM, PER SIMILITUDINEM.

[15] Memento oportere te in convivio versari. In quo si fercula ad te perveniunt, extenta manu modeste carpe. Si transit qui fert, ne eum detine. Si nondum pervenit, ne procul appetitum extende, sed expecta dum ad te veniat. Sic erga filios, sic erga uxorem, sic erga principatus, sic erga divitias, erisque aliquando dignus deorum convivio. Si vero quae apposita fuerint non capies, sed contemnes, tunc vero non modo deorum conviva, sed collega eris. Id enim cum facerent Diogenes et Heraclitus atque his similes, merito et divini erant et vocabantur.

XXI. QUO PACTO IMAGINATIONI MODERANDUM CIRCA EA QUAE FUGIENDA VIDENTUR.

[16] Cum flentem videas in luctu quia eius filius aut peregre abierit aut obierit aut bona dilapidaverit, cave ne te imaginatio corripiat, tanquam in malis sit ille, cum sit in externis. Sed statim in promptu habeto: «non hunc casus hic torquet, quia alium non torquet, sed opinio». Quantum igitur ad sermonem pertinet, versare audacter cum illo; quin immo et, si inciderit, simul geme: cave tamen ne et intrinsecus gemas.

XXII. QUID AD NOS ATTINEAT QUIDVE SUPRA NOS SIT, APTISSIMA SIMILITUDINE.

[17] Memento actorem te esse fabulae, quamcunque is velit qui docet: si brevem, brevis; si longam, longae. Si mendicum agere te velit, et hunc ingeniose age: si claudum, si principem, si privatum. Ad te enim pertinet datam tibi personam bene agere, eligere ad alium.

XXIII. QUO PACTO ET IN ADVERSORUM EXPECTATIONE IMAGINATIONI MODERANDUM SIT.

[18] Si corvus adversum crocitavit, ne te imaginatio corripiat, sed statim tecum ipse diiudica et dic: «nihil mihi haec significant, sed vel corpori meo, vel gloriolae, vel natis, vel uxori. Mihi vero omnia prospera significant, si voluero; quicquid enim horum incidat, in me est ut ex iis utilitatem capiam».

XXIV. CAUSA SUPERIORIS SENSUS ET QUASI CONCLUSIO.

[19, 1] Invictus esse poteris, si in nullum certamen descendes quod ut vincas in te non est.

XXV. QUAE VIA AD LIBERTATEM EXPEDITISSIMA SIT.

[19, 2] Vide ne quenquam, quem tu aut honore aut potentia aut fama praestantem videas, beatum dicas, ab imaginatione videlicet correptus. Nam si substantia boni in iis est quae sunt in nobis, ibi neque invidia neque aemulatio locum habet. Tu autem non imperator aut consul esse vis, sed liber. Una autem via ad hoc est contemptus eorum quae in nobis non sunt.

XXVI. SOLUTIO EORUM QUAE SUPERIORIBUS OBSTARE VIDENTUR.

[20] Memento non qui convitiatur aut verberat iniuriam facere, sed opinionem de hoc, velut iniuriam faciente. Cum te igitur quis irritet, tua te opinione scito irritari. Quamobrem a principio enitere ne te imaginatio corripiat. Si enim semel per aliquod tempus eam continebis, facilius tui ipsius compos eris. [21] Mors et exilium et omnia quae terribilia videntur ante oculos tibi continuo sunto, maxime vero omnium mors: neque quicquam unquam humile cogitabis, neque quicquam cupies nimis.

 

Traduzione italiana di Giacomo Leopardi (1825)

Tieni a mente che tu ti déi governare in tutta la vita come a un banchetto. Portasi attorno una vivanda. Ti si ferma ella innanzi? stendi la mano, e pigliane costumatamente. Passa oltre? non la ritenere. Ancora non viene? non ti scagliar però in là collo appetito: aspetta che ella venga. Il simile in ciò che appartiene ai figliuoli, alla moglie, alla roba, alle dignità; e tu sarai degno di sedere una volta a mensa cogli Dei. Che se tu non toccherai pur quello che ti sarà posto innanzi, e non ne farai conto; allora tu sarai degno non solo di sedere cogli Dei a mensa, ma eziandio di regnare con esso loro. Per sì fatta guisa operando Diogene, Eraclito e gli altri simili, venivano chiamati divini, e tali erano veramente.

Quando tu vedi alcuno che pianga o per morte di alcun suo congiunto o per lontananza di un figliuolo o perdita della roba, guarda che l’apparenza non ti trasporti in guisa che tu pensi che questo tale, a cagione delle cose estrinseche, patisca alcun male vero. Ma tu distinguerai teco stesso subitamente e dirai: questi è tribolato e afflitto, non dall’accaduto, poichè questo medesimo non dà niuna tribolazione a un altro, ma dal concetto che egli ha dell’accaduto. Ciò non ostante tu non farai difficoltà di secondare il suo dolore in parole, ed anco, se occorre, di sospirare insieme seco; ma guarda che tu non sospirassi però di cuore.

Sovvengati che tu non sei qui altro che attore di un dramma, il quale sarà o breve o lungo, secondo la volontà del poeta. E se a costui piace che tu rappresenti la persona di un mendico, studia di rappresentarla acconciamente. Il simile se ti è assegnata la persona di un zoppo, di un magistrato, di un uomo comune. Atteso che a te si aspetta solamente di rappresentar bene quella qual si sia persona che ti è destinata: lo eleggerla si appartiene a un altro.

Quando un corvo gracchiando porge cattivo augurio, non ti lasciar muovere da sì fatta apparenza, ma subito distingui teco medesimo e dì: questo animale non prenuncia niuna disavventura a me proprio, ma forse a questo mio corpicino, o forse alla mia robicciuola, alla riputazioncella, ai figliuoli, alla moglie. Quanto si è a me, questo, se io voglio, è augurio buono, anzi ottimo. Imperocchè io ricaverò utile dal successo, qual ch’egli sia per essere, solo che io voglia.

Tu puoi essere invitto, e ciò è se tu non ti metterai a nessuno aringo dal quale tu non abbia in tua facoltà di riuscire colla vittoria.

Guarda che quando tu vedi uomini onorati o potenti o come che sia riputati e osservati, l’apparenza non ti faccia forza in maniera che tu gli creda avventurosi e felici. Perciocchè se la essenza del bene sta nelle cose che sono in nostra facoltà, non deono aver luogo nè invidia nè gelosia. E tu per la tua parte non vorrai essere né capitano di esercito, nè presidente del consiglio, nè console, ma libero: e a questo ci ha una sola via, che è non curarsi delle cose che non sono in nostro potere.

Ricórdati che colui che rampogna o percuote, non offende esso, ma la opinione che si ha che questi cotali offendano. Sicchè quando tu ti senti montar la collera contro uno, pensa che la tua propria immaginazione è quella che ti sprona all’ira, e non altri. Per tanto sfórzati d’impedire che l’apparenza non ti trasporti in sul primo; che se tu otterrai un poco di tempo e d’indugio, più agevolmente ti verrà fatto di vincerti e di contenerti.

Abbi tutto giorno dinanzi agli occhi la morte, l’esilio e tutte quelle altre cose che appaiono le più spaventevoli e da fuggire, e la morte massimamente; e mai non ti cadrà nell’animo un pensier vile, nè ti nasceranno desiderii troppo accesi.

 

Brano seguente: Arriano, Manuale di Epitteto (5)

 

 


Ti è piaciuto il post? Dona a Filosofia Blog!

Cliccando sul pulsante qui sotto puoi donare a Filosofia Blog una piccola cifra, anche solo 2 euro, pagando in modo sicuro e senza commissioni. Così facendo contribuirai a mantenere i costi vivi di Filosofia Blog. Il servizio di donazioni si appoggia sul circuito il più diffuso e sicuro metodo di pagamento online, usato da più di 150 milioni di persone. Per poter effettuare la donazione non è necessario avere un account Paypal, basta avere una qualsiasi carta di credito o Postepay. Grazie!

Leave a Reply