Arriano, Manuale di Epitteto (12)
Arriano, Manuale di Epitteto (12)
Mar 16Brano precedente: Arriano, Manuale di Epitteto (11)
51. Per quanto tempo aspetterai ancora a giudicarti degno delle cose migliori ed a non contravvenire in nulla al Logos determinante? Hai appreso i principi teorici; con coloro coi quali dovevi incontrarti, ti sei incontrato. Quale maestro aspetti ancora, per far operare a lui la correzione di te stesso? Non sei più un ragazzo, ma un uomo ormai adulto. Se adesso diventi trascurato ed indolente ed aggiungi sempre rinvii a rinvii e fissi sempre un’altra data in cui fare attenzione a te stesso, non t’accorgerai di non star progredendo ma finirai per essere una persona comune sia vivendo sia morendo. [2] Quindi giudicati ormai degno di vivere come adulto, come progrediente; e tutto quel che ti pare ottimo sia per te legge cui non contravvenire. E se si presenta qualcosa di penoso o di piacevole o che porta o non porta reputazione, rammenta che è adesso la lotta e che le Olimpiadi ci sono già e non è più tempo di rimandare e che il progresso si perde e si salva per un unico giorno e per un unico fatto. [3] Socrate si realizzò così, attivando se stesso in ogni cosa per attenersi a nient’altro che al Logos; tu dunque, anche se non sei ancora Socrate, è utile che viva volendo essere, ecco, come Socrate.
52. Il primo e più necessario luogo in filosofia è quello dell’utilizzazione dei principi dottrinali, per esempio: non mentire. Il secondo è quello delle dimostrazioni, ad esempio: perché non si deve mentire? Terzo è la conferma e la distinzione di questi due, ad esempio: perché questa è una dimostrazione? Che cosa, ecco, è una dimostrazione, che cosa una conseguenza, che cosa una contraddizione, che cosa il vero, che cosa il falso? [2] Quindi, mentre il terzo luogo è necessario a causa del secondo, il secondo lo è a cusa del primo; dunque il più necessario e quello sul quale si deve posare l’attenzione è il primo. Noi invece facciamo il contrario: ecco, indugiamo nel terzo luogo e tutto il nostro studio è per lui, mentre trascuriamo completamente il primo. Ecco quindi che mentiamo, mentre come si dimostra perché non si deve mentire lo abbiamo sottomano.
53. In ogni occasione, avere sottomano queste formule: «Menami, Giove, ed anche tu, Destino, / Laddove stabilito son da voi, / Ché seguirò solerte; se non voglio, / Rio fatto, nondimeno seguirò». (1). [2] «Chi bene acconsentì a Necessità, / Saggio per me, e le cose dive sa». (2) [3] «Ma, Critone, se così agli déi piace, così sia». (3) [4] «Dunque Anito e Meleto possono uccidermi, ma non danneggiarmi». (4)
Note
(1) Frammento poetico di Cleante (H. von Arnim, Stoicorum Veterum Fragmenta, I, fr. 527).
(2) Euripide, fr. 365 Nauck.
(3) Platone, Critone, 43d.
4) Platone, Apologia di Socrate, 30c-d.
Traduzione latina di Angelo Poliziano (1479)
LXVI. QUOD SUPERSEDENDUM NON EST, SED QUAM PRIMUM AD HAEC INCUMBENDUM.
[51, 1] Quo te usque differs ut iam te aliquando dignum his quae optima sunt putes, neque usquam transgredi haec statuas? Quod si diem de die termino adicias, [Simpl. p. 135, 24] non proficis, sed deficis. [ibid. p. 135, 31 sgg.] Iam nunc igitur assuesce, ut tanquam perfectus vivas, omnibusque quae accidant recte utaris. Et quacunque in re arbitrare propositum tibi certamen, neque ullum diem negligas: quo enim die non proficis, deficis. [ibid. p. 136, 8 sgg.] Hoc igitur pacto Socrates virorum omnium sapientissimus evasit: quod si ipse nondum es Socrates, at vivere debes ut qui Socrates velis esse.
LXVII. TRES LOCI IN PHILOSOPHIA EORUMQUE INTER SE ORDO.
[52, 1] Primus ac maxime necessarius locus est in philosophia qui ad usum speculationum pertinet: velut est non mentiri. Secundus, qui ad demonstrationes: velut est cur mentiri non oporteat. Tertius, qui ad eas confirmandas et perspiciendas spectat: hoc est, quo pacto et unde demonstrare id possimus verum esse aut falsum. [52, 2] Igitur tertius quidem locus necessarius est ob secundum, secundus vero ob primum; maxime omnium necessarius, et in quo quiescere oporteat, primus est. Nos vero contra facimus: tertio enim loco immoramur inque eo omne nostrum studium conterimus.
LXVIII. TRES ANTIQUORUM SENTENTIAE IN PROMPTU HABENDAE, QUARUM PRIMA CLEANTHIS, EURIPIDIS SECUNDA, TERTIA PLATONIS EST.
[53, 1] Semper haec in promptu habenda. [Simpl. p. 137, 26-28] Primum: si renitor, malus ero, gemensque ac plorans sequar. [ibid. p. 137, 40-44] Secundum: necessitas omnia sursum versus ad divinam causam ducit, volentia et invita. Eam qui laetus sequitur, is vere est sapiens. [ibid. p. 137, 48- 49] Sed et tertium: o Criton, si ita diis placet, ita fiat. [ibid. p. 138, 6-7 vel Ench. 53, 4] Me vero Anytus et Melitus interimere quidem possunt, laedere autem non possunt.
Traduzione italiana di Giacomo Leopardi (1825)
In che tempo dunque ti riserbi tu ad aspirare ai maggiori beni dell’uomo, e ad osservare in che che sia la regola che distingue le cose nostre e le esterne? Tu hai pur avuto i documenti che erano da meditare e quasi da conversar con essi; tu gli hai meditati e usato con esso loro: che maestro aspetti tu anco, sotto la cui disciplina tu intenda di voler dare effetto alla riforma di te stesso? Tu non sei più mica un fanciullo, ma uomo fatto. Se tu ti starai così neghittoso e a bada senza pensare, accumulando ogni giorno indugi con indugi, moltiplicando in propositi, destinando ora un termine e fra poco un altro, in capo al quale incominciare ad attendere a te medesimo; tu non te ne avvedrai che senza aver fatto un progresso al mondo, sarai pur vissuto e morto uomo del volgo. Incomincia dunque insino da ora a studiar di vivere da uomo perfetto e che cresce in virtù; e tutto quello che ti parrà essere il migliore, siati in luogo di legge inviolabile. E come prima ti si farà incontro alcuna cosa dura e spiacevole o pur dilettosa e dolce, alcuna che porti seco la estimazione o la lode o vero il dispregio o il biasimo delle genti, fa ragione ch’egli sarà venuto il tempo dello aringo, e quella essere l’ora della solennità olimpica, e non ci aver luogo indugio; e che secondo che tu sarai per durare o vero per cedere in una battaglia, tu perderai o vero conserverai lo avanzamento tuo nel bene. Socrate in così fatta guisa diventò perfetto, a niente altro avendo riguardo in ciascheduna cosa che gl’incontrava, se non solamente alla ragione. Che se ben tu non sei per ancora un Socrate, tu déi però vivere come uno il quale desideri di esser tale.
Il primo e più necessario luogo nella filosofia si è quello delle proposizioni morali pratiche, come sarebbe, per modo di esempio, questa; che egli non si dee mentire. Il secondo è quello delle dimostrazioni; come, per esempio, provare con argomenti che non si dee mentire. Il terzo serve a confermazione e distinzione delle stesse cose, e trattavisi, ponghiamo, donde è che questa tale è dimostrazione, e che cosa è dimostrazione, che cosa sono conseguenza e repugnanza, verità e falsità. Di modo che il terzo luogo è necessario a rispetto del secondo, il secondo a rispetto del primo; ma il più necessario di tutti, e dove si dee restare, si è il primo. Ora noi facciamo al contrario; che noi soprastiamo nel terzo luogo, e in quello poniamo tutto lo studio e la industria; e del primo non abbiamo un pensiero al mondo. Sicchè avviene che egli si mente ogni dì, ma il come provar che egli non si dee mentire, questo si ha in sulle dita.
Abbiansi ad ogni occasione apparecchiate queste parole: menami o Giove, e con Giove tu o Destino, in quella qual si sia parte a che mi avete destinato; e io vi seguirò di buon cuore. Che se io non volessi, io mi renderei un tristo e un da poco, e niente meno a ogni modo vi seguirei. Ancora: chiunque sa bene accomodarsi alla necessità, tiene appresso noi grado di saggio, ed esso ha il conoscimento delle cose divine. Ancora in terzo luogo: o Critone, se così piace agli Dei, così sia. Anito e Melito mi possono bene uccidere ma non già offendere.
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