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Una introduzione al dibattito sulle proprietà (3)

Una introduzione al dibattito sulle proprietà (3)

Gen 16

Articolo precedente: Una introduzione al dibattito sulle proprietà (2)

 

Realismo e Nominalismo (2)

Una possibile strategia per evitare difficoltà come quelle appena elencate consiste nel negare gli enti universali. Il Nominalismo ha proposto riflessioni sulle proprietà proprio a partire da una tale ipotesi, considerandole caratteristiche particolari di singoli enti [1]. Nel farlo, il nominalismo ha considerato le proprietà in due modi: o identificando ogni proprietà con ogni sua singola occorrenza ovvero con ogni sua manifestazione [2], oppure formando un insieme identificativo di tale proprietà a partire da suoi casi esemplari. Della prima possibilità discuteremo tra poco; presentiamo ora la seconda, che Russell riassume in questo modo.

Quando vogliamo pensare alla bianchezza, dissero, ci formiamo un’immagine di qualche particolare cosa bianca, e ragioniamo avendo in mente questa cosa particolare […] [3]

Questa proposta identifica una proprietà con un insieme formato da enti. Insieme che racchiude dapprima enti esemplari di una proprietà, per poi estendersi includendo al suo interno nuovi enti, dalle proprietà simili a quelle degli enti esemplari. In questo modo, l’insieme che dovrebbe identificarsi con la proprietà verde verrebbe a formarsi da enti che la rappresentano, come ad esempio una mela acerba o un prato, per poi estendersi comprendendo al suo interno solo enti dal colore simile a quello degli enti esemplari.
Considerando questa ipotesi potremmo definire chiaramente i termini di proprietà indicando come loro riferimento l’insieme così formato. Tuttavia questo tentativo si presta a critiche nella misura in cui utilizza il concetto di somiglianza. Per estendere un insieme così formato è necessario infatti che gli enti da aggiungere all’insieme siano simili a quelli esemplari già contenuti al suo interno; è necessario che tutti gli elementi (ossia che tutti gli enti) abbiano una proprietà in comune (in questo caso il colore). Proprio sulla necessità di una relazione di somiglianza fra gli elementi fa leva Russell nel suo argomento.

Ma allora la somiglianza richiesta dovrà essere universale. Poiché esistono molte cose bianche, la somiglianza dovrà permanere fra molte coppie di cose bianche; e questa è la caratteristica di un universale. Sarebbe inutile obbiettare che vi è una somiglianza diversa per ogni coppia, perché allora potremo rispondere che queste somiglianze somigliano l’una all’altra, e alla fine saremo costretti ad ammettere la somiglianza come un universale. Il rapporto di somiglianza, dunque, deve essere un vero universale; ed essendo stati costretti ad ammettere questo universale, ci sembra che non sia più il caso di inventare difficoltà e teorie insostenibili per non ammetterne altri come la bianchezza o la triangolarità [4].

L’argomento di Russell intende mostrare come degli universali non si possa fare a meno. La relazione di somiglianza usata dal nominalista per formare un insieme dev’essere un universale, altrimenti non si spiega in che modo una proprietà particolare possa essere presente in diverse coppie di enti. Date due coppie della forma aRb e cR[5], la somiglianza espressa da R sarà contemporaneamente presente in entrambe, pur rimanendo la stessa relazione. Come spiegare questo senza prendere in causa un universale? Si potrebbe argomentare che la relazione non sia la stessa; la somiglianza fra gli enti di una coppia non sarebbe la stessa somiglianza presente nell’altra coppia. Come spiegare allora la somiglianza reciproca tra i due complessi? Dovremmo parlare di una somiglianza tra somiglianze, ed è facile vedere come in questo modo si vada in contro a un regresso ad infinitum. Russell ne conclude che è necessario riconoscere nella somiglianza una proprietà di relazione universale. La strategia nominalista sembra quindi fondare la propria proposta proprio su ciò che intendeva negare: l’esistenza di proprietà universali.

Una critica efficace a questo argomento è stata proposta da Quine sulla base di un’innovazione logica proposta dallo stesso Russell. I nomi di entità immaginarie, come ad esempio Pegaso, venivano sostituiti dal filosofo inglese con descrizioni [6] in modo da poter formare enunciati sensati, senza dovere riconoscere un’esistenza (anche solo concettuale) agli enti riferimento dei nomi. Quine mostra come il metodo di Russell possa estendersi anche a quegli elementi linguistici che, come i verbi e gli aggettivi, indicano proprietà.

Essere ritenuti entità vuol dire unicamente e semplicemente essere considerati valori di una variabile […] Si potrebbe dire, ad esempio, che alcuni cani sono bianchi senza per questo impegnarci a riconoscere che vi siano entità come la caninità o la bianchezza. ‘Alcuni cani sono bianchi’ dice che alcune cose che sono cani sono bianche; e, perché questa asserzione sia vera, fra le cose implicate dalla variabile vincolata ‘qualche cosa’ ci deve essere qualche cane bianco, ma non c’è bisogno che ci sia né la caninità né la bianchezza [7].

Non è necessario, sostiene Quine, pensare che all’aggettivo ‘verde’ corrisponda la proprietà universale Verde. Così come fanno i nomi, anche aggettivi e predicati portano a postulare l’esistenza di enti cui i termini dovrebbero riferirsi; si tratta però di un inganno del nostro linguaggio: è possibile formulare enunciati sensati, senza doversi impegnare ontologicamente sull’esistenza di enti universali [8]. L’argomento di Quine ha avuto molto successo perché propone una risposta convincente al regresso di Russell. Sebbene quest’ultimo si concentri sulle proprietà di relazione, mentre il primo faccia riferimento alle empiriche, possiamo facilmente utilizzare le descrizioni su entrambi questi tipi di proprietà. L’enunciato ‘Alcuni cani sono bianchi’ viene tradotto da Quine nella descrizione ∃x (CB(x)), dove C e B sono rispettivamente i predicati ‘essere cane’ ed ‘essere bianco’; allo stesso modo un enunciato come ‘Alcuni cani bianchi sono simili ad alcuni cani neri’ potrebbe essere tradotto con ∃xy (R(x,y)). La somiglianza può quindi secondo Quine essere predicata di una coppia ordinata di enti, senza che questo ci porti a supporre l’esistenza di un universale. Il significato del predicato ‘essere simile a’ viene definito dalla sua estensione, ossia dall’insieme di enti di cui si predica.

 

Note

[1] Parlare delle proprietà come enti particolari è un passo ancora successivo, compiuto da Williams (1953) ma non necessario a chi voglia considerare le proprietà come particolari. Si può infatti considerare una proprietà come un o dei particolari attributo particolare di una sostanza.

[2] Il colore di un prato e quello di una mela sarebbero ad esempio due diverse occorrenze del colore verde.

[3] Russell B., (1912), pag. 334.

[4] Russell B., (1912), pag. 334-335.

[5] Coppie che significano ‘a somiglia a b‘ e ‘c somiglia a d‘.

[6] Descrizioni di questo tipo sono ad esempio: “Non esiste nessun Re di Francia” diventa “Non è vero che, qualche x è tale che [x è Re di Francia e ogni y è tale che (se y è Re di Francia) allora x=y)]. Tratto da Ferraris M. a cura di, (2008).

[7] Quine W.V.O., (1948), pag. 35-36.

[8] “Essere ritenuti entità vuol dire unicamente e semplicemente essere considerati valori di una variabile”, Quine, (1948), pag. 36.

 

Bibliografia

  • Ferraris M., a cura di, (2008), Storia dell’Ontologia, Bompiani, Milano;
  • Quine W.V.O. (1948), Esistenza e impegno ontologico, tratto da Su ciò che vi è, all’interno di Metafisica classici contemporanei;
  • Russell B., (1912), Le proprietà come entità universali, tratto da Il mondo degli universali, all’interno di Metafisica classici contemporanei;
  • Williams D.C., (1953), Le proprietà come entità particolari, tratto da L’alfabeto dell’essere, all’interno di Metafisica classici contemporanei.

 

Articolo successivo: Una introduzione al dibattito sulle proprietà (4)

 

 


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1 comment

  1. Grazie innanzitutto per questa di serie di articoli sull’ontologia delle proprietà, argomento che, non avendo avuto modo di farlo prima, sto cercando di affrontare proprio in questo periodo.

    Ho però impressione che le due traduzioni in formula presenti in questo articolo non vadano bene. Anche adottando una notazione parentetica per i predicati, ‘Alcuni cani sono bianchi’ dovrebbe venire tradotta come ∃x(C(x) ∧ B(x)). La formula ∃x (CB(x)) non è nemmeno una formula ben formata del linguaggio dei predicati. La traduzione di ‘Alcuni cani bianchi sono simili ad alcuni cani neri’ in ∃xy (R(x,y)) è incompleta, dovrebbe essere qualcosa come ∃x∃y(B(x) ∧ C(y) ∧ R(x,y)).

    Un’altra obiezione va fatta sulla parafrasi riportata in nota 6 “Non è vero che, qualche x è tale che [x è Re di Francia e ogni y è tale che (se y è Re di Francia) allora x=y)]. Essa non corrisponde a “Non esiste nessun Re di Francia” ma a “Il re di Francia non esiste”, o, se vogliamo, ‘non è vero che esiste uno ed un solo re di Francia”. Infatti, qualora esistessero due re di Francia, la proposizione “Non esiste nessun Re di Francia” è falsa (ne esistono due), ma la parafrasi è vera. Infatti, chiamiamo ‘a’ e ‘b’ i due re di Francia del nostro controesempio, che per ipotesi sono distinti. Affinché “x è Re di Francia” sia vera abbiamo solo due casi: 1) x=a oppure 2) x=b.

    Caso 1: x=a. Il secondo membro della congiunzione sotto quantificazione particolare, “ogni y è tale che (se y è Re di Francia) allora x=y”, è chiaramente falsa. Prendendo y=b si ha che y è re di Francia ma x=a≠b=y. Quindi la congiunzione è falsa, la quantificazione particolare è false e la sua negazione è vera e quindi la parafrasi è vera.

    Case 2: x=b. In questo caso basta prendere y=a ed analogamente si ha che la parafrasi è vera.

    In formule, la parafrasi di nota 6 si può rendere come ¬∃x(Rx ∧ ∀y(Ry → y=x)) dove R è il predicato che afferma che il soggetto è re di Francia (da notare che ho abbandonato per leggibilità la notazione parentetica per i predicati). Come abbiamo appena visto, ¬∃x(Rx ∧ ∀y(Ry → y=x)) risulta vera, ad esempio, se abbiamo due enti a e b tali che Ra ∧ Rb ∧ a≠b. La perifrasi corretta per “Non esiste nessun Re di Francia” è semplicemente, ¬∃xRx.

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