Gaunilone, Anselmo e l’isola felice
Gaunilone, Anselmo e l’isola felice
Gen 31[ad#Ret Big]
Nei precedenti post abbiamo introdotto la prova ontologica made in Anselmo D’Aosta e le prime due obiezioni del monaco Gaunilone.
Lo scontro dialettico tra monaci tuttavia deve ancora arrivare alla battaglia finale, che si svolge, potremmo dire, fuori casa per entrambi, precisamente in un’isola felice.
La terza obiezione di Gaunilone ad Anselmo: l’isola felice
Gaunilone sferra l’attacco finale ad Anselmo con la medesima strategia: la dimostrazione per assurdo.
In particolare, Gaunilone cerca di mostrare come, con la dimostrazione di Anselmo, di possano dimostrare l’esistenza di cose di cui sappiamo tuttavia che non esistono.
L’esempio che porta Gaunilone è proprio una fantomatica isola felice che potremmo, richiamando Anselmo, definire così:
(1) l’isola felice è l’isola di cui non si può pensare un’isola migliore
cerchiamo quindi, per assurdo, di confutare questa tesi con lo stesso schema argomentativo di Anselmo, ammettendo che l’isola felice non esista e che ci sia un’altra isola, l’isola contenta, che si può così definire:
(2) L’isola contenta è l’isola esistente di cui non si può pensare un’isola migliore
Ma allora se l’isola contenta è esattamente come l’isola felice e in più è anche esistente, ne consegue che è migliore: ma allora si arriva ad ammettere che
(3) l’isola di cui non si può pensare un’isola migliore non è tale che non se ne possa pensare una migliore
ricadendo così, con questa conclusione, in un’assurdità analoga a quella che per Anselmo aveva portato alla confutazione della tesi che Dio non esiste e che in modo speculare porta qui alla confutazione della tesi che l’isola felice non esiste.
C’è un problema però: l’isola felice non esiste veramente!
Gaunilone sembra quindi mettere all’angolo Anselmo, facendogli ritorcere contro un ragionamento che, seppur cogente, è applicabile per dimostrare l’esistenza di qualsiasi cosa, dal commissario Winchester ai politici onesti.
Ma…ma non è finita qui. Perchè la battaglia tra monaci va avanti, a colpi di sottili distinzioni dialettiche, che vedremo nel prossimo post.