Temi e protagonisti della filosofia

1984 di George Orwell: la verità secondo il Partito

1984 di George Orwell: la verità secondo il Partito

Nov 05

 

Winston Smith, il protagonista del celeberrimo 1984 di George Orwell, è un realista. Non solamente dal punto di vista ‘comune’ – secondo il quale è sinonimo di realismo una certa propensione alla disillusione e all’attenzione per il concreto e il tangibile – poiché credendo che «bisognava difendere tutto ciò che era ovvio, sciocco e vero, [che] i truismi sono veri, [e che] il mondo reale esiste e le sue leggi sono immutabili» (1984, tr. it. p. 86), egli filosoficamente sposa una forma di realismo metafisico. Una posizione poi cancellata con la forza dalla mente di Winston per mano del Partito, retto dai principi della neolingua – atta a restringere il campo cognitivo e speculativo – della mutabilità del passato e dal bipensiero il quale, prima di tradursi in ideologia, è fondamentalmente una capacità: quella di sostenere allo stesso tempo tesi tra loro contraddittorie e di «dimenticare tutto ciò che era necessario dimenticare ma, all’occorrenza, essere pronti a richiamarlo alla memoria, per poi eventualmente dimenticarlo di nuovo» (ivi, tr. it. p. 38). Ma tale dispotica ‘filosofia’, con cui gli alfieri del Grande Fratello governano l’immaginaria Oceania, costituisce nel complesso un semplice antirealismo teso a negare la Verità, e il suo valore, in favore dell’arbitrio del Partito? Non esattamente.

Il personaggio di O’Brien, braccio e megafono della volontà del Socing, fornisce a Winston – posto sotto tortura – un campionario di tesi che illustrano ciò che il Partito intende come il corretto modo di giudicare della verità delle asserzioni; ed esso non appare immediatamente comprensibile e scontato. L’antirealismo implicito nel bipensiero compare nella sua massima forza laddove O’Brien, per poter ‘insegnare’ a Smith il retto giudizio, demolisce le certezze di quest’ultimo riguardo alla presenza e all’importanza di alcunché al di fuori della mente, affermando: «al Partito i fatti manifesti non interessano. L’unica cosa che ci sta a cuore è il pensiero» (ivi, tr. it. p. 260). L’aguzzino sostiene infatti che:

Le cose esistono solo in quanto se ne ha coscienza. […] La realtà si trova nella scatola cranica. […] Nulla ci è impossibile. L’invisibilità, la levitazione, nulla. […] Quelle leggi [naturali] le facciamo noi.

(Ivi, tr. it. p. 272)

L’antirealismo così inteso costituirebbe più precisamente una forma di idealismo solipsista, che nega cioè l’esistenza di entità indipendenti dalle rappresentazioni del soggetto (tesi ontologica). Ma O’Brien – che sfoggia conoscenza di terminologia filosofica – in seguito sentenzia, rivolgendosi a Winston:

Ti sbagli, però, questo non è solipsismo. È solipsismo collettivo, se vuoi. In realtà è tutta un’altra cosa, è esattamente l’opposto.

(Ivi, tr. it. p. 273)

Il riferimento alla dimensione collettiva concerne la convinzione che sì la realtà si trovi entro la mente, ma non in quella individuale, bensì in quella collettiva, plasmata e nutrita dal Partito che solo può discernere il reale (cfr. ivi, tr. it. p. 256). E nella società di Oceania ciò che esso consegna ai cittadini come realtà è il prodotto di una perenne e instancabile operazione di riscrittura del passato, di manipolazione di indicatori economici e pagine di quotidiano, apparentemente mirata a distruggere le prove della non completa efficienza del potere.

Tuttavia, non è solo la mancanza della possibilità di vagliare i proponimenti del Partito – verificandone il mantenimento tramite dati oggettivi non alterabili – a determinare l’assoggettamento dei suoi membri. Tale aspetto è certamente responsabile di un dubbio che nelle menti di questi si insinua – visto che anche Winston mostra inizialmente di capire la difficoltà di dimostrare l’attitudine falsificatrice del Partito – ma non determina certamente la fedeltà dei funzionari alle paradossali tesi da quest’ultimo propagandate. Essa è infatti il prodotto della preliminare convinzione che il dato esterno – il frammento di quella verità oggettiva a cui tengono i realisti a là Smith – non vi sia e che dunque non sia possibile verificare la corrispondenza tra ciò che si dice e ciò che mostrano i fatti; ma ad integrare questa convinzione è necessario che sopraggiunga la fede in un criterio di verità indipendente sia dal mondo oggettivo che dalle certezze del cogito. L’episodio che nel romanzo esemplifica il procedimento è quello in cui Winston, sotto minaccia del dolore fisico, prima di poter affermare con assenso che le dita mostrategli da O’Brien sono cinque e non quattro, deve arrendersi a una prospettiva di completa incertezza segnalata dalla risposta: «non lo so» (ivi, tr. it. p. 259).

Similmente a quanto detto Siobhan Chapman, in The controversy of truth in George Orwell’s Nineteen Eighty-Four, identifica due distinti atteggiamenti che il perfetto esponente del Partito dovrebbe contemporaneamente adottare nei confronti della verità e di ciò che si asserisce: da una parte vi è l’adesione a proposizioni chiaramente prive di significato, non relazionabili con il mondo esterno (non truth-committed attitude), e dall’altra (truth-committed attitude) la convinzione che le stesse proposizioni siano vere (cfr. p. 76). Per convincersi ulteriormente dell’originalità, e della lucida paradossalità, della posizione del Socing riguardo alla natura della verità e della realtà si vedano, ad esempio, quelle che Popper considera le peculiarità di certe teorie della verità e della conoscenza scientifica: egli afferma che ogni posizione non oggettivistica «può concepire la conoscenza soltanto come un tipo speciale di stato mentale, come una disposizione, o un tipo particolare di credenza, caratterizzato ad esempio, dalla sua peculiare storia o dal rapporto con altre credenze» (Congetture e confutazioni, tr. it. p. 386).

Ciò si applica perfettamente alla teoria della verità in questione, ma essa – contrariamente alle teorie filosofiche ed epistemologiche alternative a quelle corrispondentiste e oggettiviste – non lega alla dipendenza del concetto di verità da attitudini, valori e credenze: i) né l’eventuale presenza di punti di vista, prospettive e interpretazioni, cioè elementi favorevoli ad un relativismo antitetico all’unità di un pensiero unico – questo poiché come detto è la mente collettiva, duratura e infallibile, a racchiudere la realtà a scapito delle convinzioni del singolo; ii) né la possibilità di distinguere tra enunciati suscettibili di essere veri o meno tramite verificazione, visto che i dati empirici sono per il Partito ignorabili e alterabili.

Possiamo così vedere come O’Brien e colleghi, lungi dalla rinuncia all’utilizzo del prezioso attributo di ‘vero’, abilmente ne mantengano il potere strumentale – ammettendo che è l’esigenza a rendere il vero (cfr. 1984, tr. it. p. 273) – negandolo però al singolo individuo, inutile e impotente senza il sostegno della mente unica creata dal collettivismo oligarchico, che oltre ad organizzare la vita intende colmare ogni vuoto di conoscenza. Non vi è vera e propria deflazione del concetto di verità, ma piuttosto la produzione di un suo equivalente/sostituto, similmente a quanto avverrebbe in Nietzsche o in Deleuze per opinione di Pascal Engel, secondo il quale «tale sostituto, è il valore, la volontà di verità, che non è, precisamente, che volontà» (Verità, tr. it. p. 65). E la volontà del Partito, nei confronti della quale la verità deve cedere il passo e piegarsi, è da O’Brien espressa di fronte a Smith per rivendicare con essa l’autonomia e l’alterità del Socing rispetto alle altre forme di potere:

Noi sappiamo che nessuno si impadronisce del potere con l’intenzione di cederlo successivamente. Il potere è un fine, non un mezzo. Non si instaura una dittatura al fine di salvaguardare una rivoluzione: si fa la rivoluzione proprio per instaurare la dittatura. Il fine della persecuzione è la persecuzione, il fine della tortura è la tortura, il fine del potere è il potere. Adesso cominci a capirmi?

(1984, tr. it. p. 271)

 

Bibliografia

Chapman Siobhan, «How could you tell how much of it was lies?». The controversy of truth in George Orwell’s Nineteen Eighty-Four, «Journal of Literary Semantics», 38 (2009), pp. 71-86.

Engel Pascal, Verità. Riflessioni su alcuni truismi, tr. it. di G. Tuzet, Genova, De Ferrari, 2004.

Orwell George, 1984, tr. it. di S. Manferlotti, Milano, Mondadori, 2006.

Popper Karl R., Congetture e confutazioni, tr. it. di G. Pancaldi, Bologna, il Mulino, 2009.

 

 


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