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LA LOGICA FORMALE (2: NOZIONI BASE)

LA LOGICA FORMALE (2: NOZIONI BASE)

Dic 13

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Dopo la partenza col botto della scorsa settimana con il post sulla logica formale e tutte le ammiratrici/ammiratori che sono riuscito solo a fatica a buttare letteralmente fuori dai nostri camerini, sono costretto a mostrare la dura realtà e cioè che la logica è una materia complessa, che dà il suo meglio se studiata a fondo e, per la maggior parte degli usi pratici, in concomitanza con l’apprendimento delle nozioni base della teoria dell’argomentazione. Siate però lieti, la cosa comunque è da considerarsi semplice (benché vedremo molto sfaccettata e articolata) perché la vita è così, e non potrebbe essere ulteriormente semplificata, quindi la materia è di fatto semplice, ecco tutto. Argomentare e controargomentare sono faccende che richiedono tempo ed applicazione, e che nel complesso debordano oltre la meccanicità della logica. Quest’ultima però riveste ancora importanza per la sua funzione di interprete e fondamento del linguaggio argomentativo. La logica classica, almeno nei suoi concetti basilari ha il pregio di essere una teoria ben definita, che non richiede grosse interpretazioni, così come non c’è molto da discutere ad esempio sul metodo di fare addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni… Io mi limiterò inizialmente a riportare concetti basilari (ben sapendo di non dar conto della complessità e la vastità della materia) e quindi, preventivamente, ad uso e consumo del lettore avido di nozioni  rinvio ai testi chiave che utilizzerò nel mio viaggio, anche perché in ognuno di questi potrete trovare una nutrita bibliografia con cui sbizzarrirvi e diventare grandi maestri di logica:

-Francesco Berto, Logica da zero a Gödel, Editori Laterza, 2008

-Giovanni Boniolo- Paolo Vidali, Strumenti per ragionare, Mondadori, 2002

-Dario Palladino, Corso di Logica, Carocci editore, 2002

Se qualcuno di questi signori volesse contattarci per restituirci qualcosa monetariamente per la pubblicità che gli facciamo, è il ben venuto.

Proseguendo nel lungo periodo vi darò anche nuovi testi e nuovi spunti…

Abbiamo detto che la logica studia le condizioni di correttezza del ragionamento. Possiamo quindi intendere un ragionamento come un gruppo strutturato di enunciati i quali si suddividono in due gruppi: le premesse del ragionamento (che possono essere molteplici) e la conclusione (formata da un enunciato solamente). Riporterò l’esempio più frusto, antico e stanco della logica:

(P1) Tutti gli uomini sono mortali;

(P2) Socrate è un uomo;

quindi,

(C) Socrate è mortale.

Rispettivamente (P1) e (P2) sono le premesse del nostro ragionamento e (C) la conclusione. Parole come “quindi”, “allora”, “dunque”, “di conseguenza”, “perciò”, sono dette indicatori di conclusione e stanno ad indicare il passaggio dalle premesse alla conclusione appunto. Vi deve essere un metro di discrimine fra premesse e conclusione, questo si chiama inferenza, cioè quel metodo che permette da determinate premesse di ricavare una conclusione. Possiamo dire che la logica si occupa delle condizioni di correttezza della inferenze. Spesso “ragionamento” ed “inferenza” sono usati come sinonimi. La logica inoltre non si concentra sulla componente psicologica o neurologica del ragionamento, mentre si occupa della formalizzazione del linguaggio in gruppi strutturati di enunciati al fine di mantenere una posizione distaccata dalle condizioni mentali che producono i ragionamenti.

La logica si occupa solamente degli enunciati dichiarativi che, come sosteneva già Aristotele, sono quegli enunciati in cui sussiste una enunciazione vera o falsa, cioè, ancora, quegli enunciato che hanno la proprietà di essere veri o falsi. Come sostenevo infatti nell’introduzione è inutile discutere su affermazioni come:

-Fammi un altro spritz!

-Speriamo che mi chiami!

-Chiamami #ç^Жǿ!

-Ti prego, fa che mi chiami!

Infatti non possiamo dare un valore di verità (cioè vero o falso) a esclamazioni, preghiere, ordini, frasi idiomatiche. Un ordine infatti non esprime uno stato di cose ma un modo in cui qualcuno vorrebbe che le cose fossero fatte. Da un ordine possiamo conseguire qualsiasi cosa, infatti il destinatario potrebbe obbedire o compiere qualche altra azione: dal non obbedire al suonare l’armonica; fino a spostarsi in un universo parallelo. Di tutto ciò non si occupa la logica che invece prende in considerazione enunciati dichiarativi che esprimono stati di cose e che possono sensatamente essere considerati veri o falsi, come ad esempio:

-Giorgio il 20 novembre era a casa.

-Bevo un altro spritz.

-Non mi ha chiamato.

-Sono triste.

-Piove.

-Questo bar è davvero squallido.

Per amore di correttezza dobbiamo dire che vi è una differenza fra il termine proposizione ed il termine enunciato. Si considera infatti l’enunciato come il senso di una proposizione e la proposizione come espressione di un enunciato; la proposizione è di norma introdotta dal “che”. Gli esempi renderanno tutto ciò più chiaro:

-Roger Rabbit ama Jessica

-Jessica è amata da Roger Rabbit

-Il coniglio Roger Rabbit ama la prorompente Jessica dal vestito rosso fuoco.

Tutte queste proposizioni appena riportate esprimono l’enunciato “che Roger Rabbit ama Jessica”. Per semplicità d’ora in poi si prenderanno in considerazione solo enunciati, tenendo a mente che questi possono essere espressi da varie proposizioni.

È ora importante chiarire che, come abbiamo visto, i ragionamenti o inferenze sono composti da enunciati, e questi ultimi possono essere veri o falsi. I ragionamenti però possono essere corretti o incorretti e la loro correttezza dipende dal tipo di relazione che intercorre fra gli enunciati, cioè fra la relazione che intercorre fra premesse e conclusione e che ci permette di dire che una conclusione segue dalle premesse.

Infatti un ragionamento può essere corretto ed essere composto solamente da enunciati falsi:

(P1) Tutti i Puffi sono alti 2 metri

(P2) Puffetta è un puffo/a

Quindi,

(C) Puffetta è alta 2 metri

Diversamente, un ragionamento può essere scorretto e gli enunciati che lo compongono tutti veri:

(P1) Io non mangio le cose contenenti glutine.

(P2) Il mio cane non contiene glutine.

Quindi:

(C) Il mio cane è piccolo.

Ovviamente io non mangio il mio cane (che fra l’altro è qui che mi sta ascoltando per capire se questa storia della logica è argomentativamente consistente). Ne risulta che la verità degli enunciati che compongono un ragionamento non è condizione sufficiente ad attestare la correttezza del ragionamento stesso. Nell’ambito della logica si sostiene che un ragionamento è corretto soltanto se non può darsi il caso che le sue premesse siano tutte vere e la sua conclusione falsa. Di conseguenza un ragionamento le cui premesse siano vere e la conclusione falsa è un ragionamento errato.

Per quanto riguarda l’ultimo esempio, siamo in grado di ipotizzare una situazione in cui il mio cane non sia effettivamente “piccolo” ma in cui io, sempre ipoteticamente, possegga un cane “di grandi dimensioni”, senza nulla togliere al fatto che gli enunciati “non mangio le cose contenenti glutine” e “il mio cane non contiene glutine” rimangono comunque veri. In altre parole le stesse premesse possono rimanere vere anche con una conclusione falsa (cioè ipotizzando che il mio cane sia “di grandi dimensioni”). Quando ciò accade si dice che si è in presenza di un controesempio (possiamo cioè ipotizzare una situazione reale in cui le premesse del nostro ragionamento siano vere e la conclusione falsa).

In logica si dice che un enunciato è conseguenza logica di altri enunciati solo se non può darsi il caso in cui gli enunciati che fungono da premesse siano veri e l’enunciato che funge da conclusione falso. In altri termini, con Berto, possiamo dire che:

un ragionamento è corretto se e solo se la sua conclusione è conseguenza logica delle sue premesse.

Alla prossima puntata! (portate i vostri cani)


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