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LOGICA CLASSICA: IDENTITA’, NON CONTRADDIZIONE, TERZO ESCLUSO (APPUNTAMENTO X)

LOGICA CLASSICA: IDENTITA’, NON CONTRADDIZIONE, TERZO ESCLUSO (APPUNTAMENTO X)

Feb 07

Ladror: -Motori iperluce?

Deva (il mio cane): -Ruggenti capitano!

L: -Scudi?

D: -Al massimo!

L: -Batterie subprotoniche dei giroscopi inerziali?

D: -Da paura capitano!

L: -Sistema di contenimento radiazioni gamma?

D: -Sì, sì, sì, tutto ok basta che ora mi riempi la ciotola!

Nel post precedente abbiamo parlato di cosa sia una fallacia logica. Oggi, dal ponte della prima astronave logica iperluce parliamo di un tema antico ed avveniristico che ha attraversato tutto lo sviluppo della filosofia nella sua tortuosa storia, anzi di tre principi: il principio di identità, il principio di non contraddizione, il principio del terzo escluso. Prendendo la definizione di Berto  osserviamo che la logica è quella scienza che studia le leggi del pensiero, i tre principi appena nominati si possono chiamare leggi logiche o leggi del pensiero.

Nel linguaggio formale della logica classica il principio di identità può essere espresso come segue:

P → P

Questa legge può essere chiamata anche legge di identità enunciativa. Essendo “P” una variabile enunciativa che sostituisce un enunciato qualsiasi, la legge di identità enunciativa prevede che ogni enunciato implichi se stesso.

Il secondo principio di cui trattiamo è il principio di non contraddizione che viene formalizzato nel seguente modo:

¬(P ⋀ ¬P)

Il principio di non contraddizione prevede che non possano essere contemporaneamente validi un enunciato (semplice) e il suo opposto (cioè l’enunciato ottenuto attraverso la negazione del primo).

Per quanto riguarda il terzo principio fondamentale della logica classica, esso si chiama principio del terzo escluso ed è formalizzato come segue:

P ⋁ ¬P

Secondo il principio del terzo escluso possiamo affermare che per qualsiasi enunciato (semplice) valgono o l’enunciato stesso o la sua negazione e ovviamente non entrambi.

La prima formulazione del principio di non contraddizione viene attribuita ad Aristotele che nel libro IV della Metafisica scrive:

è impossibile che la stessa cosa appartenga e non appartenga alla stessa cosa contemporaneamente e sotto lo stesso riguardo

Da questa affermazione viene poi ricavato il principio di identità, che però in Aristotele non assume questo nome benché egli ne tratti. La questione squisitamente nominale è infatti una sistemazione successiva ad Aristotele. Il principio di identità per quanto possa sembrare banale è di estrema importanza nella sua semplicità perché in presenza di qualsiasi argomento o stato di cose, questo principio riesce a cogliere una determinazione, in altri termini potremmo dire che questo principio estrinseca una parte differenziandola dal tutto. Infatti il principio di identità, sostenendo l’autoimplicazione degli enunciati, li rende sussistenti. Il principio di identità è anche alla base della matematica affermando ad esempio che ogni numero è se stesso e non un qualsiasi altro numero. Passando principio di non contraddizione invece, questo afferma che una cosa non può essere contemporaneamente se stessa e il suo contrario o, secondo la formulazione di Aristotele, che un predicato e la sua negazione non possono essere riferiti allo stesso soggetto nel medesimo momento. Possiamo cioè dire che “Deva è vorace” o che “Deva non è vorace” ma non è sensato dire che “Deva è vorace e non vorace”, così in ambito scientifico possiamo dire che “la velocità della luce è 299792,458 km/s” oppure che “la velocità della luce non è 299 792, 458 km/s” ma non può essere logicamente 299792,458 km/s e contemporaneamente non essere 299792,458 km/s, la luce non può avere infatti velocità differenti. Quindi delle due l’una, e naturalmente sappiamo dai libri di fisica che la velocità della luce è 299 792, 458 km/s, benché la verità di questo enunciato sia un prodotto sperimentale e non logico. Il principio del terzo escluso è infine un corollario ai primi due, garantendo la base di ogni logica binaria e l’estensionalità o verofunzionalità della logica classica. Il principio del terzo escluso infatti contempla la possibilità di due stati di un enunciato o di una parte rispetto al tutto e cioè che questo si dia o non si dia, che esista o meno o, in altre parole, che un enunciato sia vero o falso. La verità o falsità di un enunciato, come detto sopra, non è un problema della logica ma un problema sperimentale. Mentre altra implicazione puramente logica del principio del terzo escluso è che un ragionamento di qualsiasi tipo può essere vero o falso, possiamo dire che un ragionamento ha delle aree di applicazione ma rimarrà sempre o vero o falso anche a seconda dei casi, indipendentemente dal suo valore di verità ottenuto sperimentalmente.

Ho detto molto poco, per chi non avesse mai incappato in questioni del genere, ma vi assicuro che sono state fatte guerre ideologiche non da poco, sacrificate vite allo studio per discutere delle implicazioni e delle interpretazioni di questi tre principi fondamentali! E sono sicuro, anzi certo che in facoltà se le stanno ancora dando di santa ragione a tarda notte per aver l’ultima parola riguardo a questi tre principi. E un po’ rimpiango di non essere lì con loro a versare stremato sudore nel ring della logica. E per molto che si è letto molto ci sarebbe da leggere, quindi in ordine di sentimento: partire dalla disarmante chiarezza della complessa formulazione aristotelica, al fenomenale Tractatus del buon Wittgestein nella sua ruvida carica innovatrice, le conquiste di Frege e Russel, dopo tutta la formalissima e rigorosissima pratica delle dispute mediovali, la trasformazione della logica in funzione dell’apriori kantiano, la tremenda guerra ideologica dei postkantiani nuovi e vecchi e infine il mio superman dei fumetti e cioè il bellissimo sovvertimento dei principi della logica classica nella Scienza della Logica di Hegel: la mia tempesta perfetta della ragione dove solo un pazzo può naufragar dolcemente.

Per Approfondire



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