Temi e protagonisti della filosofia

Il valore della filosofia

Il valore della filosofia

Mag 27

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Un’attività utile è un’attività degna del nostro impegno. La filosofia serve a qualcosa? A che cosa serve? E – questione non meno importante – a chi serve? Di solito, diciamo che qualcosa “serve” o “è utile” a qualcuno quando gli porta un vantaggio o un beneficio. Dunque, se la filosofia è vantaggiosa o benefica, allora sarà anche utile. Quali sono, se ci sono, i suoi vantaggi?

Pochissimi di noi (tra cui qualche filosofo, forse) trascorrono le giornate ponderando i principi che guidano le proprie azioni o quelli su cui posano le proprie credenze. D’altra parte, riporre fiducia in ciò che non si è mai valutato sembra piuttosto imprudente. La filosofia entra in gioco appunto quando le premesse implicite, in base alle quali consideriamo e conduciamo la nostra esistenza, vanno controllate, dibattute, magari confermate oppure cambiate.

La filosofia è di grande aiuto, perché offre un modo razionale per affrontare le domande che mettono in questione i “fondamenti” dell’esistenza: essa permette di esaminare le nostre assunzioni, di saggiarne la bontà, di giustificarle. Così, queste non rimangono credenze fluttuanti o pareri infondati, ma diventano qualcosa di più solido: diventano credenze giustificate, forse addirittura conoscenze (1).

Non solo: la filosofia allena a pensare chiaramente e correttamente intorno a un’ampia serie di questioni. Fare filosofia analizzando gli argomenti a favore o contro una certa tesi e formulandone di propri, permette di apprendere e sviluppare competenze che possono essere applicate in altri ambiti. Chiarezza di pensiero, correttezza di ragionamento e capacità d’analisi, infatti, sono abilità che si esercitano anche grazie alla filosofia, e che tornano vantaggiose in varie situazioni e in parecchie sfere della vita, professionale inclusa.

Qualcuno potrebbe replicare: «Ammettiamo pure che la filosofia serva a esaminare chiaramente e correttamente la propria vita (e ciò che la riguarda). Ebbene, a chi gioverebbe? Di certo, a chi la pratica; ma il giovamento derivato sarebbe simile al piacere che si prova gustando un gelato alla crema, risolvendo un gioco enigmistico, o battendo un proprio record sportivo: una soddisfazione totalmente privata

«Senza dubbio – potrebbe proseguire l’obiettore – la maggior parte delle pratiche e delle attività genera questo tipo di soddisfazione. Per esempio, ne gode un falegname che costruisca un mobile a regola d’arte, o uno scienziato che confermi un’ipotesi mediante un esperimento. Il loro lavoro, però, è utile anche ad altri, perché i suoi effetti benefici vanno a vantaggio della comunità. Al contrario, a differenza di molte altre attività, la filosofia è ad esclusivo vantaggio di chi la pratica.»

Esiste almeno una buona ragione per diffidare di questo presunto “egoismo” della filosofia. Dalla capacità d’analisi, dal corretto ragionamento e dalla chiarezza di pensiero di una persona, traggono beneficio sia chi li esercita, sia chi è in relazione con quella persona. Difatti, una società si giova della comprensibilità, della precisione e del rigore logico di un avvocato, di un ricercatore, di un funzionario, di un consulente, di un insegnante, di un organizzatore, di un giornalista… Almeno in questo caso, dunque, gli effetti benefici della filosofia non vanno a esclusivo vantaggio di chi la pratica, ma si possono estendere a una comunità intera.

In conclusione, lungi dall’essere inutile, la filosofia è un’attività che contribuisce a migliorare la nostra esistenza, singola e associata; pertanto vale la pena di occuparsene. Come abbiamo visto, alcune ragioni per dedicarsi alla filosofia derivano da ciò che essa fa, altre da come lo fa. E dato che chiunque può apprendere gli strumenti necessari della filosofia, allora nessuno è escluso a priori dai benefici che essa apporta (2).

(1) Una credenza vera e giustificata è una conoscenza? Il problema è oggetto di discussione. Per esempio, S. Toulmin, nel libro Knowing and Acting. An Invitation to Philosophy (1976, p. 89), pare sostenere una tesi simile, mentre E. L. Gettier, nell’articolo Is Justified True Belief Knowledge? (1963), sembra di parere diverso.

(2) Sulle questioni trattate in questo articolo, mi sono state molto utili la lettura di B. Russell, I problemi della filosofia (2010, pp. 181-191) e quella di N. Warburton, Il primo libro di filosofia (2007, pp. 3-11).

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