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Regole di prudenza per il buon filosofo

Regole di prudenza per il buon filosofo

Feb 25

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Dall’affermazione sulla molteplicità di filosofie segue un primo corollario sull’identità del filosofo. In generale, chiunque ragionasse sui fondamenti di una disciplina o di un’attività starebbe filosofando, e dunque sarebbe filosofo. Un economista che ragionasse sui fondamenti dell’economia non starebbe facendo economia, ma filosofia dell’economia, e dunque sarebbe filosofo; allo stesso modo, un medico starebbe facendo filosofia della medicina, e perciò sarebbe filosofo. Anche uno scienziato, qualora ragionasse sui concetti fondamentali della sua disciplina (cosa che – la storia della scienza lo insegna – accade in momenti speciali), cesserebbe di fare lo scienziato e diventerebbe filosofo, in particolare filosofo della scienza.

Forse il corollario appare scontato, ma delinea una caratteristica sorprendente della filosofia: chiunque può filosofare, a prescindere dal particolare campo di cui solitamente si occupa e dagli oggetti pertinenti a quel campo. Perciò possono fare filosofia il critico d’arte con un saggio sull’estetica o l’avvocato durante un’arringa, il giornalista sull’editoriale del quotidiano o il drammaturgo nel copione di un’opera teatrale.

Tuttavia, nessuno può filosofare senza apprendere gli strumenti necessari della filosofia. Come il chirurgo e l’idraulico, il falegname e il dentista possiedono, e sanno usare, adeguati strumenti per lavorare, ognuno con una funzione specifica; così il filosofo deve possedere e saper usare la sua “cassetta degli attrezzi”. I quali però non s’impugnano né si maneggiano (almeno in senso letterale) perché sono attrezzi logici: le diverse forme argomentative usate per giustificare le proprie asserzioni, per criticare le altre, per esaminare e chiarire nozioni e concetti.

Potrebbe sembrare allora che il filosofo sia una specie di “tuttologo”, che si muove con disinvoltura tra varie discipline, dalla meccanica quantistica alla teologia, dalla gastronomia all’intelligenza artificiale, permettendosi il lusso di discutere qualsiasi argomento. Bisogna però chiarire almeno due aspetti per fugare questo fraintendimento, che non farebbe onore ai filosofi.

In primo luogo, la filosofia non è un lieve svolazzo del pensiero su questo o su quello; ma è l’esplicitazione di dubbi dove effettivamente servono e la loro risoluzione con risposte argomentate. Ciascuno di noi può mettere in questione (quasi) tutto, ma ribadiamo che la sola questione non basta per filosofare. In secondo luogo, è sempre buona norma conoscere ciò di cui si parla. Pertanto, quando un filosofo riflette su una disciplina, è importante che conosca bene, meglio se molto bene, i principi e gli scopi, i metodi e i modi di operare, nonché i risultati e i problemi di quella disciplina; altrimenti le sue conclusioni rischiano di essere irrilevanti, scorrette o, peggio, fuorvianti.

Saper usare gli strumenti della filosofia e conoscere ciò su cui si filosofa: sono piccole regole d’accortezza suggerite dal buon senso; elementari se vogliamo, forse di difficile attuazione, ma imprescindibili per chi voglia filosofare bene.

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1 comment

  1. Non si pretenda di esaurire la problematica confinando nel corretto uso della logica il saper fare filosofia. Dando per scontato che una qualsivoglia filosofia debba avere dei princìpi dai quali procedere dialetticamente, occorre ricordare che la filosofia, a dispetto di una singolarità che non le appartiene, è giusto sia connotata da un termine trasposto al plurale, perché le “filosofie” sono molteplici e non condividono i princìpi dai quali ognuna di esse prende avvio. Non li condividono perché nessuna filosofia parte dalla consapevolezza metafisica di princìpi che devono essere universali. Se tutte le filosofie conoscessero e condividessero gli stessi princìpi non sarebbero filosofie, ma metafisica. La distanza che separa il filosofare dalla consapevolezza metafisica, che tratta dell’universale, è senza una comune misura, perché la filosofia è composta da più e diverse tra loro interpretazioni ipotetiche, mentre la metafisica è una unità dottrinale, nella quale tutte le diverse vedute sono affacciate dalla circonferenza della manifestazione relativa della realtà a osservare l’unico Centro immobile, che è loro ragione sufficiente d’essere, considerandolo univocamente in modi mai contraddittori tra loro, dai diversi punti di vista, e lo osservano sempre partendo dagli stessi princìpi universali condivisi. La stessa logica che è mezzo di traslazione dell’intuizione, immediata e spirituale, è effetto della Verità e, in quanto effetto e non causa, non può comprendere la Verità nella sua totalità. La consapevolezza metafisica oltrepassa la logica non negandola, ma utilizzandola alle sue massime possibilità per poi arrestarsi dove il Vedere diretto la supera. La metafisica non è parte della filosofia, perché è conoscenza dell’universale e ciò che è universale non può rientrare in nessuna forma che non sia, essa stessa, universale. Il più non può stare all’interno del meno, ma questo non significa che la filosofia sia all’interno della vista metafisica; non potrebbe esserlo a causa del fatto che stanno su due piani differenti di realtà. La, o meglio, le filosofie, sono frutto di concezioni umane e individuali, mentre la metafisica è un modo attraverso cui essere consapevoli e in grado di attuare nella propria esistenza i risultati di quella consapevolezza.

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