Genere e specie filosofiche
Genere e specie filosofiche
Apr 29[ad#Ret Big]
Abbiamo visto che la prima obiezione all’esistenza della filosofia può essere privata della prima ragione a suo sostegno, applicando una semplice distinzione. Ma che ne è della seconda ragione?
Per ribattere alla seconda ragione a sostegno della prima obiezione (1.b.), può essere efficace distinguere tra “genere” e “specie”.
- Si tratta di una distinzione tra livelli, che possiamo illustrare per analogia: una filosofia speciale (una “filosofia-di”) sta alla filosofia generale nell’ambito della classificazione disciplinare, come una specie biologica sta al genere biologico nell’ambito della tassonomia animale. Dichiarare che la filosofia non esiste perché abbiamo sempre a che fare con filosofie, sarebbe come affermare che, nel regno animale, il genere Canis non esiste perché ci imbattiamo solo in esemplari di specie: il lupo e il cane domestico (Canis lupus), lo sciacallo (Canis adustus), il coyote (Canis latrans) – ma mai in Canis e basta. L’errore, quindi, consisterebbe nel porre la filosofia generale sullo stesso piano delle filosofie speciali.
- Tuttavia, come i membri di specie biologiche differenti appartengono a uno stesso genere, perché mostrano caratteristiche simili; così le varie filosofie sono branche di una medesima disciplina, poiché condividono lo stesso canone. Difatti, è possibile riconoscere molteplici specie filosofiche, ciascuna delle quali è una filosofia, solo avendo distinto il genere che le comprende – la filosofia. Così, l’esistenza delle filosofie speciali non nega quella della filosofia generale, ma ne dipende. Questa dipendenza delle discipline speciali dalle discipline generali non si riscontra solo in filosofia, ma è una caratteristica generale dei saperi.
- Qualcuno potrebbe replicare: «Pur accettando la distinzione tra “filosofia come genere” e “filosofia come specie”, essa non esclude che si possa filosofare solo a livello di specie. Difatti, una cosa è classificare una disciplina (e allora è utile distinguere tra livelli), un’altra cosa è praticare una disciplina. Se filosofare significa trattare in un certo modo un certo qualcosa, e la filosofia di qualcosa è sempre una filosofia speciale, allora ogni attività filosofica avviene a livello di specie, non di genere. Una filosofia generale sarebbe impraticabile perché vuota di contenuto. Analogamente, solo questo o quell’esemplare di cane può essere portato a spasso, coccolato o nutrito; invece, non si può mettere il guinzaglio al genere Canis».
- Dall’obiezione deriva una conseguenza difficile da accettare. Distinguere tra “classificare una disciplina” e “praticare una disciplina” è doveroso; ma la distinzione non dovrebbe essere cristallizzata: nell’analisi delle pratiche concrete, infatti, essa si mostra fluida. Consideriamo un esempio. La biologia marina è un settore della biologia. Ora, se fosse possibile occuparsi della prima senza occuparsi della seconda, si giungerebbe a una conclusione paradossale: i biologi marini (gente che fa biologia marina) non sarebbero biologi (gente che fa biologia). Di conseguenza, poiché la biologia marina è classificata come biologia, praticarla implica fare biologia. Allo stesso modo, dato che questa o quella filosofia sono pur sempre filosofia, non è possibile filosofare a livello di specie senza filosofare a livello di genere.
In conclusione, la pluralità di filosofie e di stili filosofici non sembra deporre a sfavore dell’esistenza della filosofia. Questa, infatti, con il suo carattere unitario, andrebbe ricercata, non tanto sul piano dei differenti stili letterari dei filosofi, né sul piano delle applicazioni filosofiche particolari (le varie “filosofie-di”), quanto a livello metafilosofico: il livello della riflessione razionale su che cosa sia la filosofia, quali siano il suo canone, i suoi metodi, i suoi compiti, il suo assetto nel sistema delle conoscenze.
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