Temi e protagonisti della filosofia

Alcuni limiti della filosofia

Alcuni limiti della filosofia

Mag 14

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Abbiamo già ricordato qualche stereotipo e pregiudizio intorno alla filosofia; per esempio discutendo le accezioni di ‘filosofia’ nei discorsi quotidiani, oppure quando Ladror di follie ha introdotto i quantificatori logici. Sebbene tali pregiudizi siano perlopiù infondati, o almeno fondati su una concezione caricaturale della filosofia, la filosofia ha molti limiti, che è bene riconoscere per filosofare consapevolmente.

Ne possiamo estrapolare qualcuno da quanto affermato sin qui. La filosofia non si abbandona alla fede religiosa o all’estasi mistica, non attende fiduciosa l’illuminazione né riconosce autorità e testimonianze incontestabili. Questo può essere un limite della filosofia, nella misura in cui ciascuno di noi gradirebbe il conforto di certezze nella propria vita; ma è arduo trovarle nella filosofia.

L’attività filosofica, invece, è razionale e intersoggettiva, proprio come le scienze. Razionale, perché si serve dell’argomentazione per sostenere soluzioni spesso impugnabili e rivedibili, quasi mai esaurienti o definitive. Intersoggettiva, perché si esercita nella sfera pubblica, ossia per un uditorio che, in ogni momento, può controllare la bontà dei risultati argomentativi, accettandoli o rifiutandoli, del tutto o in parte. Dunque la filosofia è fallibile, come forse tutte le pratiche conoscitive umane. Questo è un suo carattere specifico o, se vogliamo, un suo limite – che però, per qualcuno, è d’enorme valore.

Tuttavia, alcuni pretendono troppo dalla filosofia. Sono convinti che svelerà il significato dell’esistenza umana. Ritengono che risolverà in modo definitivo (e magari appagante) i nostri problemi. Confidano che ci donerà una visione completa, coerente e approfondita di tutto. Ammesso che cose del genere siano possibili, e sebbene la filosofia contribuisca a illuminare questioni fondamentali, è irragionevole attendersi così tanto.

Molti, invece, iniziano a occuparsi di filosofia, animati da speranze nobili e alte come quelle; ma poi la abbandonano, come si lascia un amante trasfigurato in principe azzurro, dopo che l’incantesimo, per un motivo o per l’altro, si è infranto: «Ti credevo diverso. Che delusione». Ma bisogna rendersi conto che lo studio della filosofia non è alternativo allo studio d’altre discipline: il primo non sostituisce il secondo, né in parte né del tutto. Ogni disciplina si concentra su un tassello differente di realtà, sforzandosi di comprenderlo e offrendo conoscenze di tipo diverso (1).

Altri pretendono molto meno dalla filosofia, talvolta nulla. I filosofi sarebbero gli scopritori tardivi dell’ovvio, buoni forse a validare il senso comune; oppure modesti opinionisti, il cui parere, quando è richiesto, va bene nei dibattiti mediatici per accordare un relatore con il suo avversario (perché, in fondo, il filosofo sta bene dove lo metti). Talvolta sono chiacchieroni molesti che amano spaccare il capello in quattro e, cavillando sul significato delle parole, impediscono agli altri di “fare”; oppure innocui fannulloni che, seduti comodi nei loro salottini all’inglese, perdono tempo discettando su controversie irrisolte e forse irrisolvibili – comunque, a conti fatti, ininfluenti.

Dopotutto, non è così? I filosofi odierni non s’interessano di molti problemi che hanno occupato i loro colleghi dei secoli passati? Talvolta, non sono addirittura bloccati su – o paralizzati da – tali problemi? La filosofia sembrerebbe un’attività priva di qualunque utilità. Ma allora, che ce ne facciamo della filosofia? Che cosa ci possiamo ragionevolmente aspettare da essa?

(1) Questi punti sono stati esaminati, tra gli altri, da N. Warburton ne Il primo libro di filosofia (2007, pp. 3-11).

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