La filosofia politica di Gilles Deleuze (3)
La filosofia politica di Gilles Deleuze (3)
Set 01
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3. Il metodo della psicoanalisi
Ho distinto precedentemente due problemi nella psicoanalisi: il problema della normalità e quello dell’interpretazione della malattia in vista di una guarigione. All’inizio gli psicoanalisti dovevano aver pensato così: se si stabilisce un modello di individuo normale, si potrà dire che ciò che non coincide con quel modello è malato. Esprimendo il discorso psicoanalitico in questo modo la sua valenza politica è molto forte: sembra il discorso della maggioranza che espone Nietzsche quando, per esempio, parlando del suo tempo, afferma che se non sei come tutti o i più vai al manicomio. Forse quest’impostazione è riduttiva, ma quel che è certo è che la psicoanalisi si è chiesta quale fosse il percorso che dovrebbe fare l’individuo per arrivare alla normalità, nel senso di quali fossero le tappe dello sviluppo sessuale del bambino. Per questo il problema è capire quando si può dire che il bambino ha avuto uno sviluppo sessuale tale da avergli permesso di raggiungere la normalità. Per Freud chiaramente il superamento dell’Edipo è un discrimine, ma poi si trova una teoria che spiega i vari sviluppi sessuali e le loro tappe nel bambino tale che se un determinato soggetto si fissa su una di queste, come se rimanesse bloccato senza passare alla fase successiva, allora non diventa normale e, a seconda della fase su cui si è fissato, soffrirà di una certa malattia mentale.
Il sistema dell’Edipo è abbastanza semplice in Freud; ne parla in primo luogo nella sezione dedicata ai sogni sulla morte nell’Interpretazione dei sogni, quando afferma che ci può capitare di fare dei sogni che hanno come significato il desiderio della morte di qualcuno. Questo desiderio di morte è lo stesso che si trova nell’Edipo, cioè nell’Edipo il bambino desidera godere del genitore di sesso opposto (la madre), ma questo tentativo viene ostacolato dalla figura del padre che minaccia di castrazione il figlio; allora il figlio uccide simbolicamente il padre e introietta la sua immagine (Super-Io). L’Interpretazione dei sogni rappresenta un primo modello della psicoanalisi freudiana basata sui concetti di coscienza, pre-conscio e inconscio. In questa logica la coscienza deve illuminare i contenuti dell’inconscio perché l’individuo ne prenda consapevolezza. Un malato può guarire anche perché prende coscienza di certi meccanismi inconsci. Ad esempio uno dei problemi dell’analista nel rapporto con il suo paziente è costituito dalla resistenza all’analisi opposta da quest’ultimo: mi riferisco a contenuti che non vengono alla luce, che lo stesso soggetto sembra non voler rivelare o non vuole guardare in faccia e coi quali deve in qualche modo fare i conti prima o poi. Da qui emerge il primo problema: gli psicoanalisti hanno un potere forte perché, dividendo tutto in manifesto e latente, mentre il paziente avrebbe di fronte a sé solo il manifesto, lo psicoanalista pretende di avere l’accesso al latente. È un problema di linguaggio, tutta l’Interpretazione dei sogni è un problema di linguaggio [8]: un paziente racconta un sogno, descrive delle immagini che apparentemente stanno per qualcosa, per esempio che ha sognato di salire delle scale e così via, ma già il salire le scale per Freud rappresenta un sogno di masturbazione, cioè ha un significato altro da quello che appare. Un significato nel senso di un fatto (il salire le scale) è tradotto in un significato sessuale. Se oltre a questo lo psicoanalista presuppone la sua interpretazione ai casi che di volta in volta si presentano, allora non solo lo psicoanalista ha il monopolio sul significato vero di certi elementi manifesti, quindi del latente, ma cercherà anche di ricondurre quel molteplice manifesto alla sua interpretazione senza mai metterla in discussione. Può darsi che un caso o forse più abbiano confermato una certa interpretazione, quindi in quel momento essa sembra rispecchiare il latente, ma, dopo essere stata assunta come dato, in altre occasioni non lo rispecchia più [9].
Il primo modello della psicoanalisi di Freud viene successivamente superato da un altro: il modello descritto in L’Io e l’Es. Qui rimando alla celebre formula “Wo Es war, soll Ich werden“, che è stata interpretata in senso politico come l’Io che fa sloggiare l’Es, perché si è letto in Freud il problema della repressione degli impulsi: Freud scopre la produttività della sessualità e poi però la riconduce sempre all’io, cioè aliena questa produzione. Il fenomeno descritto dalla formula sopra citata si chiama: sublimazione. Esso consiste nel fatto che l’Es o libido oggettuale non trova il suo oggetto, ma viene deviata per confluire nell’io come libido narcisista. Al termine di questa sezione ritengo importante dire che Freud distingue due forme di narcisismo: il narcisismo primario in cui la libido è tutta libido oggettuale [10] e un narcisismo secondario, in cui invece avviene questo spostamento: una parte della libido confluisce nell’Io come libido narcisistica. La tensione di Narciso è questa: Narciso che si specchia nelle acque è come un io che si identifica con il proprio ideale dell’io (Super-Io); finché esiste una distanza tra queste due cose, se non c’è identificazione totale, l’uomo è ancora sano, ma cadendo nelle acque, quindi identificandosi completamente, il soggetto diventa malato. Come si vedrà, la critica alla psicoanalisi passa attraverso una critica all’Io, a favore di una dimensione del tutto impersonale e produttiva come quella dell’Es. Per prima cosa si riscontra l’esigenza di difendere l’istinto da una forma di repressione, il che non va tradotto in un ritorno ad uno stato di anarchia selvaggia, ma in uno spostamento verso una non opposizione tra ragione ed istinti; si potrebbe dire Spinoza contro Kant [11]. In aggiunta si tratta di produrre inconscio per produrre interiorità.
Note
[8] Sarebbe davvero bello, ma non è ciò che ho fatto io, fare una ricerca confrontando la logica di Wittgenstein e la psicoanalisi di Freud; dopotutto lo stesso Wittgenstein ha scritto sull’argomento. Il confronto è tra una filosofia del linguaggio che tratta il significato del linguaggio come un riferimento a fatti o relazioni tra cose nel mondo e la psicoanalisi che invece riconduce il linguaggio non ai fatti immediati a cui esso sembra riferirsi, ma a qualcosa di nascosto: l’inconscio come verità del linguaggio?
[9] Se ci riflettiamo, lo psicoanalista non può trovare con il suo metodo “empirico” delle verità universali sull’inconscio, intendendo con questo il meccanismo stesso dell’inconscio. Quello che fa lo psicoanalista è trovare delle universalità “empiriche” a partire da casi; un caso successivo potrebbe smentirle. Questo sembra vero in quanto il metodo qui appare come induttivo.
[10] Nell’orizzonte di questi discorsi deve essere compresa un’opera come Eros e civiltà di Herbert Marcuse, in cui si incontra il capitolo intitolato “Le immagini di Orfeo e Narciso”; in questo capitolo Marcuse riprende l’immagine del narcisismo primario di Freud riscontrandovi un fenomeno in cui l’istinto non è represso. In questo caso il desiderio, nel senso della libido, non ha l’oggetto suo separato da sé, ma sembra proprio che sia nel suo stesso flusso. Ogni cosa per il bambino si offre come oggetto di godimento, non esistendo i limiti del principio di realtà. Proprio quel capitolo di Marcuse dovrebbe essere confrontato con l’Anti-Edipo di Deleuze e Guattari: in fondo l’immagine del desiderio di questi due autori è molto simile a quella presentata in quel capitolo del libro di Marcuse.
[11] Lo scopo di Deleuze non va confuso con quello di Marcuse, cioè col concepire una sublimazione non repressiva. Il problema è proprio la sublimazione. Piuttosto si pensi ad uno Spinoza che afferma un’etica in cui il bene è l’utile, in cui essere virtuosi significa cercare il proprio utile secondo ragione, cosicché l’etica non si pone per negare il desiderio ma per trovarne le condizioni di soddisfazione in armonia con i desideri degli altri.
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